Sono trascorsi giá trentasette anni
23.11.2017, Il racconto di Totoruccio Fierro (da “Fuori dalla Rete” – Novembre 2017, Anno XI, n.5)
Domenica 23 novembre 1980. Giornata piena di sole, cielo azzurro e terso. Ero stato spettatore al Partenio dell’ incontro di calcio di serie “A” Avellino – Ascoli ( 4 – 1 ) ! Partita entusiasmante e grande gioia e appagamento sportivo ! Ritornai a Montella in macchina da solo e la parcheggiai nel garage di mio cugino Conte, di fronte all’edificio della Scuola Media. Erano le ore 19 e 34 minuti quando improvvisamente un urlo agghiacciante e sinistro si alzò nel momento in cui girai la chiavetta per spegnere il motore dell’auto.
Sembrava che diecimila lupi scesi dalle montagne si fossero messi ad ululare all’unisono alla luna che, bianca e indifferente, si librava nel cielo tra le prime ombre della sera.
Non appena il rombo cupo e lacerante si affievolì, accadde il finimondo!…
Le forze della natura, come belve inferocite ferite a morte, si scatenarono rapide e violente, facendo convulsamente e freneticamente sommuovere e ballare il terreno e mettendo a soqquadro ogni cosa!
Le onde sismiche raggiunsero gli undici gradi e mezzo della scala Mercalli ( 6, 7 di quella Richter ) e si susseguirono per novanta interminabili secondi, dispiegando con pertinace sistematicità una inaudita, incomprensimile e travolgente furia demolitrice, appalesando in pieno quanto risulti futile ed inconstente l’impegno che l’uomo profonde in ogni sua opera e quanto sia clamoroso il senso della sua impotenza di fronte ad eventi così straordinariamente catastrofici e tanto più soverchianti le sue capacità e possibilità!
Circa seicento paesi della Lucania, della Puglia e della Campania ( in modo particolare la nostra Irpinia) furono impietosamente colpiti dal terremoto : alcuni in maniera disastrosa e completa, altri semidistrutti, la maggior parte in modo parziale; essi piansero anche oltre tremilacinquecento vittime, tra cui molte giovani esistenze! Insomma, una truce ecatombe se paragonata a quella dei terremoti che ultimamente hanno interessato la bassa Emilia e l’Italia centrale!
A Montella, se ricordo bene, le vittime furono sette e tra queste quella di un caro bambino, figlio dell’ insegnante Mario Fusco. La tragedia si consumò al rione Santa Lucia!
Ancora adesso il ricordo mi stringe il cuore e la pena pervade tutto il mio essere: il bimbo, sotto le macerie, aveva la manina protesa all’ esterno alla quale si avvinghiò quella del padre che, con sforzi sovraumani, cercò di recuperarne il corpicino… ma un angelo bianco, nel frattempo, aveva già provveduto a farlo volare in Paradiso!
Ho esercitato le funzioni di dirigente scolastico in vari paesi della nostra provincia e ricordo che, quando percorrevo di notte le contrade per raggiungere le sedi scolastiche, intravedevo le zone periferiche dei centri urbani scintillare di miriadi di luci di colore giallo intenso, accanto a quelle di un bianco consunto ed incerto delle case risparmiate dal sisma: esse segnalavano le ferite inferte dal terremoto, cioè le aree dei nuovi insediamenti cittadini!
Ricordo ancora che, durante il periodo di emergenza susseguente al sisma, ma anche dopo, tra repliche e controrepliche di scosse di assestamento, ogni qual volta che giravo la chiavetta per spegnere il motore della Fiat 128, a guisa dei riflessi condizionati del cane di Pavlov, un improvviso senso di panico e di terrore si impadroniva incondizionatamente del mio essere, svuotandomi di ogni capacità di riflessione e spingendomi finanche ad atti inconsulti : il sisma aveva lasciato le sue tracce anche nel mio animo…!
Dire, poi, delle notti freddissime (cadde un’ abbondante neve) passate prima nell’autovettura, poi nella tenda, poi nella roulotte ( sembrava una reggia migliore di quella di Caserta ! ), e poi nei prefabbricati leggeri e in quelli pesanti ( per chi ebbe la fortuna di vederseli assegnati ), è un esercizio quanto mai arduo, perchè si costringe la mente ad aprirsi a ricordi tristi e penosi e il corpo a sensi di rinnovato dolore per i sacrifici e le privazioni patiti!
Pochissime persone osavano entrare nelle proprie abitazioni : esse erano viste come enormi mostri antidiluviani pronti a serrare le lunghe ed acuminate fauci !…
Negli anni successivi, nel giorno della ricorrenza del rovinoso evento, nel Paese si svolsero manifestazioni, riti religiosi, celebrazioni e varie iniziative, che nel tempo, come per tutti gli avvenimenti tristi ed angosciosi, sprofondarono nel vuoto della memoria…
Durante l’esercizio delle mie funzioni nel Comune di Volturara Irpina, accompagnato dagli alunni e dagli insegnanti, fummo presenti alla messa in posa del monumento in ricordo delle vittime del sisma, eretto in occasione del suo ottavo anniversario dall’ Amministrazione Comunale.
Il monumento sobrio e lineare è sovrastato dalla figura di un Angelo, sul cui viso si coglie una palpitante è misurata tristezza.
Sulla stele, il viandante meno distratto può leggere i nomi delle cinque vittime e questa epigrafe tratta da un passo dell’ Eneide di Virgilio: “Sunt lacrimae rerum, et menten mortalia tangunt”, che il Rostagni così traduce : ” La storia è lacrime, e l’umano soffrire commuove la mente “.
Che dire da ultimo? Nel trentasettesimo anniversario ( la vita media di un antico romano ) dell’ infausto evento, mi auguro e spero che tale catastrofe, smentendo la teoria dei cicli e riciclivi di Vichiana memoria, non si verifichi più!
Ma cosa è la speranza? Aristotele sostenne che essa è un sogno fatto da svegli!