Una sagra genera milioni di euro, ricordiamocelo sempre
13.11.2017, Irpiniapost.it (di Giulio D’Andrea)
Da qualche anno la sagra della castagna di Montella, un appuntamento cresciuto negli ultimi tempi per qualità e presenze, offre diversi spunti per riflettere su un certo tipo di turismo possibile, specie in Alta Irpinia. 35esima edizione dai grandi numeri come da pronostico. A partire dal 2o11 o giù di lì le presenze risultano stabili nella loro importanza.Centocinquantamila, duecentomila visitatori. Nessuno conosce la cifra esatta con certezza scientifica, ma da quello che si è visto nei giorni scorsi – le camere piene in tutta la zona, i pullman da fuori regione, Puglia in primis, le code sull’Ofantina e gli spettacolari colpi d’occhio di piazze, vicoli e corsi – non si possono smentire i dati diffusi dall’amministrazione, magari calcolati pure per difetto. A ciò si è aggiunto il treno. Con numeri infinitesimali al confronto (15oo viaggiatori). Ma la stazione riaperta e l’inserimento di Montella nel circuito delle ferrovie turistiche è un surplus d’immagine non secondario per la cittadina e per l’intera zona. Nel 2o15 il sindaco Ferruccio Capone parlò di un giro di 3 milioni di euro solo per Montella con gli stessi visitatori. Possiamo dire che con gli altri appuntamenti, e solo per l’Alta Irpinia, si superano di gran lunga i 6 milioni. E onestamente adesso si fa fatica anche a chiamarla sagra vista la qualità di molti produttori, degli spettacoli e dell’organizzazione.
Nei weekend precedenti Bagnoli aveva fatto registrare numeri anche superiori. Peccato che non tutti, come già accaduto in passato, ritengano utile comunicare un evento durante e dopo l’evento stesso. Ad ogni modo poche storie… Con la piccola ma suggestiva sagra di Cassano e le altre passate e future (Calabritto, Sant’Angelo etc.) si sfioreranno le cinquecentomila presenze. E queste presenze, purtroppo nessuno è in grado di calcolare i pernottamenti anche anche per una buona dose di sommerso, indicano sempre più la Puglia come terra interessata alle nostre montagne. La lunga e forse estenuante premessa è un modo per collegarci alle parole del vicegovernatore Fulvio Bonavitacola domenica scorsa a Montella. L’intervento è stato molto lungo e vi risparmiamo tutto il virgolettato. Ecco una sintesi: “La regione è ora vicina alle aree interne su agricoltura e infrastrutture turistiche. Non siamo napolicentrici, guardiamo la Campania dalle bellezze diffuse e lo stiamo dimostrando. Qui la natura può essere progresso, ma il mondo cambia. Dobbiamo renderci conto che non esistono più le vacanze di un mese. Le persone si muovono anche per brevi periodi e per mangiare bene, qui si può. L’Alta Irpinia può essere un rifugio. C’è la sagra e si va alla sagra, il carnevale e si va al carnevale…“. E via dicendo. In altre parole anche un lungo weekend genera numeri importantissimi, e un giro di milioni di euro. E forse possiamo iniziare a chiamare turismo anche questa dinamica, a patto che sia di qualità, senza necessariamente storcere il naso. Dello stesso avviso la presidente del Consiglio regionale Rosetta D’Amelio. “Bisogna riconvertire il turismo mordi e fuggi, dalla religione all’enogastronomia. Farlo diventare stanziale“. Riconvertire il mordi e fuggi, non certo sottovalutare flussi da decine di migliaia di persone.
Bonavitacola e D’Amelio rappresentano la Verità? Sì, no, relativo, opinabile. Di sicuro non si possono più nascondere le dimensioni degli appuntamenti autunnali altirpini, weekend che fanno salire il Pil di intere comunità. L’Irpinia non potrà mai essere la costiera o la Toscana, non avrà mai il mare né le città d’arte. Allo stato attuale, e anche nel medio termine, in pochissimi resterebbero una settimana da queste parti. Però si possono unire le nicchie (come il treno) alle sagre. Eventi estivi (come lo Sponz) ai borghi. Le escursioni al vino. Tradizioni (come il Carnevale) all’enogastronomia. Non citiamo gli sport invernali perché momentaneamente ne siamo sprovvisti. Ma per il resto si tratta di addizioni possibili. Che fare dunque? Migliorare tutto ciò che va migliorato è un obbligo, questo vale per le comunità interessate. Cominciare a essere parte attiva di un processo può essere compito degli imprenditori, in questo senso il neonato Consorzio dei Vini può contribuire. Una piccola nota sulla Regione però. Se i numeri sono importanti dovrebbero esserlo sempre. Sarebbe il caso di tenerli a mente quando si tratta di finanziare, o non finanziare, un determinato evento.