La fuga inarrestabile dai piccoli Comuni …sempre più mini
02.11.2017, Il Sole 24Ore (di Antonello Cherchi)
Non solo Moncenisio, in provincia di Torino, Monterone (Lecco), Pedesina (Sondrio) o Briga Alta (Cuneo), i quattro comuni che non raggiungono i 40 abitanti e che rispetto a poco meno di cinquant’anni fa hanno visto le loro vie spopolarsi, con il record di Briga Alta, che nel 1971 contava 160 residenti e ora è quattro volte più piccolo. Non sono solo gli arroccati centri montani ad aver visto i propri abitanti andar via. L’effetto spopolamento ha colpito in maniera pesante molti dei municipi con una popolazione fino a 5mila abitanti, che è la linea di confine al di sotto della quale la nuova legge intende intervenire.
Oltre ai piccolissimi abitati, particolarmente soggetti alla riduzione di popolazione, di casi se ne trovano tantissimi. Per esempio, San Basile, in provincia di Cosenza, che dal 1971 ha perso 645 residenti e ora si trova a quota 1.055 abitanti. Oppure Enego (Vicenza), ridottosi da 3.090 a 1.699 persone. O ancora Orgosolo (Nuoro), che al momento conta 4.229 anime contro le 4.800 di quasi mezzo secolo fa.
Il problema non è, dunque, di oggi e neanche le possibili soluzioni sono maturate nell’ultima ora. Già nella precedente legislatura, infatti, una proposta analoga a quella approvata di recente era quasi arrivata al traguardo. L’obiettivo era sempre lo stesso: evitare questa china pericolosa. Anche perché – come sottolinea la relazione alla nuova legge – in quei piccoli comuni lavorano quasi un milione di imprese, sono presenti circa il 16% dei musei, monumenti e aree archeologiche di proprietà statale e c’è un’abbondanza di prodotti a denominazione di origine protetta,visto che il 94% dei centri può vantarne almeno uno.
(di Fabio Fantoni)
Stando ai dati forniti dal Dipartimento degli Affari Socio-Economici delle Nazioni Unite, calcolando i valori dei due anni di riferimento (1957 e 2017) come media ponderata del quinquennio 1955-1960 e della previsione per il 2015-2020, è evidente che nei diversi paesi si sono registrate tendenze assolutamente eterogenee.Per l’analisi, sono state prese in considerazione le città che nel 2014 registravano un numero di abitanti superiore alle 300 mila unità e, nel grafico che segue, oltre alla visione globale, è possibile avere un focus mirato sulle città di ogni nazione cliccando sul valore della paese di riferimento.
Calcolando un valore complessivo per ogni stato basato sul contributo delle singole città, la classifica europea è guidata per distacco dalla Finlandia che, fra Helsinki e Tampere, fa registrare un incremento della popolazione pari al 183%. Tra gli inseguitori, e con percentuale globale di crescita sempre superiore al 100%, il secondo posto della Spagna (137%) fa storia a sé.
A differenza di Lituania (116%), Romania (107%) e Bulgaria (103%) che, al più, sono rappresentate da 3 città, nella penisola iberica sono ben 13 i centri urbani con almeno 300 mila abitanti; sintomo abbastanza evidente di un trend più che affermato su tutto il territorio a partire da Alicante (208%, da 115 a 354mila abitanti), passando per Madrid e Palma appaiate con il 191%, con la sola Bilbao in vera controtendenza, “ferma” solo al 29% di crescita.
Sembra invece che per le longitudini più centrali dell’Europa i valori siano decisamente più contenuti. Nazioni notoriamente associate al concetto di centri cosmopoliti come le proprie capitali, fanno registrare un aumento quasi irrisorio del numero di abitanti se relazionato ai 60 anni di lasso temporale.
Tra le città principali, Milano (40%) e Torino (44%) sono in linea con la tendenza del paese, mentre Roma (65%) risulta un caso isolato di aumento superiore al 50%, tipico invece dei centri con un numero di abitanti più contenuto