Siamo farfalle. La terra è la nostra crisalide
02.09.2017, Articolo di Lucia Santoriello (da “Fuori dalla Rete” – Agosto 2017, Anno XI, n.4)
L’uomo è la specie più folle: venera un Dio invisibile e distrugge una Natura visibile.
Senza rendersi conto che la Natura che sta distruggendo è quel Dio che sta venerando.(Hubert Reeves)
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Parole pungenti ma veritiere proferite da un astrofisico, divulgatore scientifico e ambientalista canadese. La certezza la cui ovvietà non è un vanto risiede nel fatto che l’uomo sta distruggendo la sua casa. Obnubilate o quasi assenti le prospettive di aggiustare le cose, fallaci o inconsistenti i tentativi effettuati. Chi agisce? Chi deve agire? Come posso fare qualcosa, i governi, sta a loro fare qualcosa, i potenti, è loro la colpa! Affermazioni sentite e risentite, un fondo di ragione aleggia sempre; l’impotenza del singolo di fronte alla macchina dello Stato si manifesta in situazioni “sottovalutate” con più forza. Difatti il problema “ambiente” è posto sullo sfondo. Appare lì nello schermo di un televisore, qualsiasi canale dedica uno spazio anche maggiore per riferire di disastri, di cambiamenti climatici, del pericolo, della morte. E la sostanza? Si resta sempre a guardare quello che succede, si rimane impotenti. Divulgare è fondamentale, conoscere forse di più, giornali e notiziari svolgono una funzione necessaria, ma non è sufficiente. Agire da soli, poi da comunità, poi da regione, poi da nazione.
Tra il 10 e il 12 luglio di quest’ anno in Antartide un blocco di ghiaccio di 5000 km/2 si è distaccato dalla banchisa, come se l’intera Liguria abbandonasse la nostra penisola. Lo scivolamento del ghiaccio nell’oceano e il suo conseguente scioglimento avranno conseguenze periture, non è più una prospettiva o una possibilità, l’ozono scompare oggi, la temperatura si innalza oggi. Le ondate di eccessiva calura investono l’Italia da mesi, Caronte e Lucifero, nomi che fanno incrinare le labbra in un sorriso per stemperare la pena della calura che soffoca l’atmosfera. La temperatura del suolo aumenta insieme a quella dell’aria, si innesca
una reazione a catena. Il caldo rende arido il terreno, prosciuga laghi e fiumi, ingloba le emanazioni di CO2 , altera la chimica del sottosuolo. Il clima non fa i capricci, bensì sono i capricci dell’uomo ad avere procurato i danni maggiori. In nome del progresso l’uomo sta trasformando il mondo in un luogo fetido e velenoso. L’opera di cementificazione distrugge ettari ed ettari di foreste, isole, spazi verdi. La Cina è il paese più a rischio: in 1 anno produce una quantità di cemento pari a quella prodotta negli Usa in 100 anni. Dal basso l’opera dell’uomo si innalza verso l’alto, grattacieli torreggianti, industrie e camini che sbuffano fumo nero e anidride carbonica. La Natura reagisce, alla violenza risponde con la violenza, terremoti, uragani, inondazioni, agli estremi del mondo si assiste all’incontinenza delle piogge e all’ assoluta siccità.
Il 31 luglio una scossa di 3.6 nell’Adriatico centrale ha allertato i geologi. Terrore continuo nel centro Italia dove la terra continua a tremare implacabile a seguito dei disastri dello scorso anno. Secondo il CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) fenomeni meteorologici estremi stanno aumentando in tutto il mondo. In Italia l’intensificazione è cresciuta del 900% rispetto al secolo scorso. In 6 anni ben 242 disastri e 126 comuni colpiti, più di 3000 morti. A pagarne le conseguenze è l’uomo stesso. Il disequilibrio fa sì che siano i più deboli e poveri a sprofondare nelle situazioni peggiori. La morsa della fame della sete e della malattia attanaglia i paesi più debilitati. Ma non è necessario spingersi così lontano: in Africa, in India o in Cina per osservare il declassamento della terra. Basta constatare i danni registrati e visibili della nostra penisola e inflitti ai cittadini. L’effetto stimato è l’incremento in percentuale della mortalità giornaliera per ogni incremento di temperatura di 1 C°. Le città divengono l’habitat più ostile durante i mesi estivi: basti pensare che a Roma è stato stimato un incremento della mortalità pari a + 32,7% nel 2003 e pari a +34% nel 2015. La mano dell’uomo provoca la calura, la siccità, l’inquinamento dell’aria e la mano dell’uomo brucia ed elimina quanto già è precario. Andando dal generale al particolare ciò che avviene è proprio alle nostre porte, la Campania continua a bruciare, il Vesuvio ha corso un rischio, l’Irpinia è il settore che soffre di più negli ultimi giorni. Il 22 luglio un blitz dei carabinieri ha portato all’arresto di un 30enne accusato di aver appiccato un rogo nei pressi dell’accordo di Avellino-Salerno. Il fuoco convoglia la temperatura rendendola ancora più rovente. I terreni già in secca sono bruciati e resi infecondi, i laghi e corsi d’acqua evaporano. A Montella il fiume Calore si è prosciugato. La cascata nei pressi del Ponte della Lavandaia, nella parte bassa del paese, è ormai all’asciutto, lo testimoniano le foto scattate nel pomeriggio di domenica 9 luglio, nei giorni scorsi scorreva soltanto un piccolissimo rivolo.
Quanto più il pericolo è vicino più lo percepiamo, è naturale, è l’istinto. Tuttavia da creature razionali quali siamo dovremmo pre-vedere e pre-venire quello che ci resta. C’è ancora un mondo che sopravvive, ma sopravvivere non è vivere, la Terra è vita ma se la mano dell’uomo non è pronta ad aiutarla non sopravviverà a noi né la civiltà scamperà all’estinzione. La lotta contro l’indifferenza va avanti da anni. Quanti ignorano la celebrazione dell’Earth Day ogni 22 aprile, le migliaia di organizzazioni no-profit a tutela della ambiente impegnate a sensibilizzare gli individui e gli stati, ogni giorno ma che ritagliano un singolo giorno per avere più visibilità. La forza dei governi è data dal popolo e quella del popolo dal singolo cittadino. Rifugiarsi negli angoli di paradiso costituiti da i nostri piccoli centri di montagna, arroccati e protetti, un mondo dentro al mondo non basta più. Non è la voce della carta a dirlo, gli effetti colpiscono anche queste isole protette, e se il verde, se il piccolo è colpito, il grosso è già andato alla deriva, è già perduto. Il “ non è mai troppo tardi” sussiste ancora, il tempo però evanescente si sgretola come l’ecosistema ogni secondo di più. Un pianeta così prezioso gronda sangue, la ferita aperta può essere ricucita, le polveri sottili si addensano nell’aria e dicono AGISCI, le carcasse delle barriere coralline nei fondali marini formano un anagramma che dice AGISCI, la manina paffuta di un bambino che indica il cielo ancora azzurro dice AGISCI.
I miei complimenti all’autrice. E’ uno dei temi che più mi sta a cuore in assoluto.
Credo che l’argomento ambientalista, deriso dai più, è, per coloro che sono capaci di vedere, ciò che maggiormente coinvolgerà in positivo o in negativo il futuro delle prossime generazioni.
Possiamo scrivere di politica, di religione, di etica, di letteratura, di sociologia, di storia; possiamo discutere e accapigliarci sugli argomenti più attuali che coinvolgono la società moderna. “Nulla sarà coivolgente per i nostri figli come la salvaguardia dell’ambiente dove essi vivranno e nulla sarà più determinante”.
Sembra una banalità, anche un bimbo capisce che se non c’è un posto dove vivere non c’è vita; eppure la cecità di fronte a questo semplicissimo concetto è disarmante.
A partire dal coglione di turno che mangia una caramella e butta la plastica a terra, passando per la massaia ignorante che prende l’olio che ha usato per friggere e lo scarica nel water, o all’affarista senza scrupoli che prende rifiuti tossici e li seppellisce sotto terra casomai vicino ad un bel fiume, per arrivare al politico corrotto che prende mazzette dagli industriali così da ammorbidire le leggi di tutela ambientale…. Siamo tutti coinvolti… TUTTI.
Il primo passo è rendersene conto.