Santa Nesta raccontata a Pescara … sulla spiaggia
18.07.2017, Articolo di Gildo Parenti ’89 (da “Fuori dalla Rete” – Giugno 2017, Anno XI, n.3)
Domenica 4 giugno, io e F. discutiamo sulla spiaggia di Pescara, di tale De Sanctis. Io non so chi sia. Lui non so perché cerca di spiegarmi, sulla spiaggia più tamarra dell’adriatico, l’importanza della “Storia della letteratura Italiana” e dell’influenza che l’opera ha avuto nel panorama della critica letteraria e non solo.
– Non so, devo averlo anche studiato, tanto alla fine del liceo tutti ricordano solo il materialismo storico, il teorema di Lagrange, a volte.
-Domani a Bagnoli è Santa Nesta- gli dico.
– Cos’è?
-Non ne so tanto. Si festeggia il fatto di non aver costruito un’abbazia, più o meno.
– E che si fa?
– Questa la so. E parto a spiegare dell’appuntamento per la colazione a la chiazza … cioè in piazza, della processione, della salita da percorrere rigorosamente a piedi, dei sentieri e delle scorciatoie che i ragazzini prendono per arrivare più velocemente in cima, sul’altopiano, per raggiungere il circuito che chiude come una morsa il lago Laceno. Quelli più grandi sanno che le scorciatoie non servono ad arrivare prima. Hanno appreso, con il tempo, che il viaggio è parte della festa e che i sentieri sterrati servono a nascondere le birre la sera prima, per non portarle a spalla e trovarle fredde ad ogni tappa. Come tanti cristi sulla via crucis. Il fine è chiaramente quello di arrivare almeno brilli a la codda r la muledda …. no, non va bene, il colle della Molella, ok. Una volta arrivati non ci si riposa mica.
A questo punto si pone il problema maggiore: divertirsi senza pensare a niente e cercare di pranzare ad un orario decente: un’impresa praticamente impossibile. Perché tutto vada bene è necessario che ci siano, in ordine di importanza, alcolici, carte, chitarre e palloni. Poi si gira, tanto il paese è tutto lì, a Santa Nesta non ci sono “compagnie”, prendi la macchina e vai, non so, fino a l’acirnesa … no no l’Acernese. Poi si mette a piovere. Non sempre ma quasi, ad un certo orario inizia a piovere. Prima di tornare a casa, fino a poco tempo fa – non so ora- era necessaria una sosta all’hotel diroccato, tanto per sfidare tutte le norme alla base del buon senso comune . Poi si scende, rigorosamente a piedi e quasi mai con il gruppo di partenza che nel frattempo si è perso a vantaggio di nuovi compagni di strada. Pausa alla maronna … no, Madonna e poi una tirata fino a casa.
– Bello, mi piace, l’anno prossimo ci vengo anch’io- mi dice F.
– È pieno di siciliani qui?- Gli dico, cambiando discorso.
-No- mi spiega lui, – c’è un gruppo di paesini tra Pescara e Teramo o giù di lì il cui accento, non si sa per quale ragione, ha assunto cadenze simili e perciò confondibili a quelle sicule.
La cosa mi sconvolge, non so neanche con precisione dove si trova Teramo. Quanto posso imparare di un posto di cui non conosco le strade, le valli, i sentieri e tutte quelle cose che disegnano la morfologia di un territorio; il dialetto? E io fin’ora di cosa ho parlato?
Perché tu puoi impegnarti a raccontare della salita di Santa Nesta ma quanto può capirne uno che non ne conosce la pendenza o non ha mai guardato il paesaggio che si ammira ad ogni tornante? E parlare del colle della Molella non è come parlare della codda r la muledda. Il colle della Molella sa di libro di geografia, è una montagna asettica disegnata su una cartina geografica. La codda r la muledda è tutta un’altra cosa: odora dell’umido delle frasche marcite all’ombra degli alberi intorno al sentiero e del sudore delle escursioni con gli amici d’infanzia. Tu puoi anche raccontare di esserti fermato vicino alla statua della Madonna ad un’altezza che pare sia la stessa di quella del santuario del Santissimo Salvatore e di Nusco, ma come fai a far capire che la sotto c’è un affresco fatto di terra e cemento su cui sei cresciuto. Puoi descrivere la piazza di Bagnoli, ma la chiazza no. La piazza è naturale punto di ritrovo di ogni comunità, nessun aspetto particolarmente idiosincratico le appartiene. La chiazza è un’altra cosa. A la chiazza ci sono i bagnolesi che consumano i sanpietrini facendo avanti e indietro come militari in pensione, c’è lu scascio dove i vecchietti giocano a carte, si lamentano dei giovani e sperano che i nipoti li passino a trovare, c’è Giuanno funtana e la chiesa di Santa Margherita. Ci sono le discussioni da bar, nessuna delle quali sarà mai materia di letteratura scientifica ma ognuna necessaria a creare legame e commistione, appartenenza, nel bene e nel male, tra componenti di una comunità che si conosce e si frequenta, anche con contrasti, ma mai con indifferenza.
E allora no, va bene, ci rinuncio. Te ne parlo meglio un’altra volta caro F. Raccontandoti questa storia ti riuscirei a dare solo qualche nozione, quella la trovi anche su wikipedia. Quello di cui parlo ti è precluso, a prescindere. E non si tratta di elitarismo di quart’ordine, o di esaltazione particolare di uno dei circa 8000 comuni che trovi girando per l’Italia. Parlo del fatto che io ti posso raccontare tutto quello che voglio ma il significato di quello che ti dico, con tutte le sfumature che si porta dietro, non posso gestirlo. Dipende da te e dallo schema cognitivo che ogni ragazzo cresciuto lì possiede e che nessun altro ha.
Penso che questo, in qualche modo, sia il significato di casa.