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Quel vulcano che NON c’è!

30.06.2017, L’approfondimento della Geol. Nicastro Ripalda (da “Fuori dalla Rete” – Giugno 2017, Anno XI, n.3)

Dina-NicastroImmaginate una notte antica, vecchia 145 milioni di anni, immaginate l’immensità di quel buio ed un silenzio incomparabile. Immaginate la maestosità di un monte antico, nero, tetro, la bocca di un inferno ancor più antico. Ecco levarsi nella notte un boato, ecco, quel mostro si desta e sputa il fuoco vivo dell’interno della terra. Piovono  stelle di fuoco, lava incandescente si riversa sulle lande ormai nude.

Immaginatevi li, in quell’inferno, un odore pungente di fumo, nubi incandescenti a cancellare quanto di vivo, o meno, esista. Colonne di fuoco si elevano per chilometri nell’etere, poi crollano, e cancellano.

Avete immaginato bene? Che scenario da brividi! Attenzione a non tralasciare alcun dettaglio! Perfetto! Tutto questo è riconducibile all’abbondante dose cinematografica di genere apocalittico che i media ci sottopongono ogni giorno, ma qui NIENTE DI TUTTO CIO’ è accaduto!

Sin’ora abbiamo parlato di FUOCO, di un vulcano, ma il nostro paradiso comincia a formarsi centinaia di milioni di anni fa, a cavallo fra il Giurassico ed il Cretaceo, in ACQUA!

Immaginiamo infatti un mare antico 145 milioni di anni c.ca, immaginiamo questo mare come pieno di vita, analogamente a quello che noi oggi conosciamo come tale: pesci, alghe, coralli, ostriche, crostacei d’ogni genere nonché foraminiferi e coccolitophore (microrganismi per lo più impercettibili ad occhio nudo).

E’ questo che dobbiamo immaginare quando guardiamo i nostri monti!

Ebbene, in questo mare si susseguono tutte le naturali fasi della vita, nonché il cessare della vita stessa, ed è qui, quando piccoli e grandi organismi smettono di vivere che iniziano a formarsi quelle rocce bianche e cristalline che formano i nostri rilievi.

Tali rocce sono per la maggiore costituite da carbonato di calcio e comunemente note come calcari.

Ritorniamo adesso al nostro mare. In quel tempo, come d’altronde accade anche oggi, piccoli organismi marini cessavano di vivere e per gravità si depositavano sul fondale marino. Le loro parti molli si decomponevano o venivano consumate da necrofagi, i loro gusci, mentre, costituiti da carbonato di calcio e/o silicio (per intenderci di composizione affine a quella delle conchiglie), rimanevano sul fondo. Il peso della massa d’acqua unitamente ad altri processi chimico-fisici faceva si che i vari elementi di carbonato di calcio micro e macroscopici si aggregassero (diagenesi).

Ciò non deve però trarci in inganno. Dire che tali rocce si sono formate infondo al mare non è dire che il livello del mare fosse quello che è attualmente dei nostri monti, mentre è vero il viceversa.

Successivamente esse sono state spinte fin quassù dalla tettonica che ha interessato l’intera area appenninica e che ha inoltre permesso che la nostra penisola si strutturasse.

Oggi i nostri monti si ergono per più di 1000 metri sul livello del mare dominati dal massiccio del M.te Cervialto (1809 m s.l.m.) e sono una degna testimonianza della forza della convergenza fra Placca Europea e Placca Africano-Adriatica nonché testimonianza di comela natura ed il tempo siano capaci di apportare immani cambiamenti.

Molta gente è davvero convinta che il Laceno derivi da processi vulcanici a causa delle forme che lo caratterizzano, come il cratere che si estende con un diametro di qualche centinaio di metri sulla cima del monte Cervialto, come il nostro lago, la nostra piana.

Tutto riconducibile a vari processi di cui il principale è senza dubbi il Carsismo.

LacenoIl carsismo è un fenomeno che coinvolge principalmente le rocce carbonatiche e che ne determina il degradarsi, nonché la dissoluzione a causa della presenza di acqua e anidride carbonica. Questo fenomeno spesso da vita a forme bizzarre ben visibili sulla roccia: incavi, vaschette, solchi… Tali processi avvengono anche a scala maggiore per cui l’acqua piovana che si infiltra, ristagna, ruscella, adduce, col passare del tempo, profondi cambiamenti nella morfologia del paesaggio. Sono risultato ed evidenza del carsismo anche le celebri Grotte del Caliendo nonché le centinaia di cavità ed inghiottitoi disseminati nel nostro territorio. Per cui la forma craterica riconoscibile sulla cima del monte Cervialto è da ricondurre in linea di massima ad una dolina od è probabilmente il risultato di processi glaciali che sicuramente in passato hanno interessato l’area.

Stesso discorso per le piane che costituiscono nel complesso l’altopiano del Laceno. Sono tutte riconducibili a processi di accumulo detritico provenienti dai versanti circostanti e con essi, nella porzione più superficiale, hanno accolto prodotti vulcanici provenienti dal vicino Vesuvio durante le sue fortissime eruzioni, prodotti, che con il microclima locale rendono tanto fertili e produttivi i nostri terreni montani.

Il lago, che oggi non si trova nella sua posizione naturale, non sarà mai un grande bacino, se non temporaneamente e grazie alle acque che gli sono tributate dalle piogge, dai rigagnoli effimeri che si originano a seguito dello scioglimento delle nevi, dalle acque del torrente Tronnola proveniente dall’omonima sorgente, da una falda acquifera sotterranea che è ospitata dalla piana stessa.

Il perché è da attribuirsi alla sua stessa natura. In effetti esso può essere definito come un Polje, un bacino, una conca, “perforata”, una specie di inghiottitoio, molto simile a quello che si trova nella piana di Volturara (La bocca del Dragone),che è soggetta ad un ciclo di riempimento, in cui i detriti occludono tale foro generando il fiorente e scenografico Lago, cui segue una progressiva rimozione naturale del detrito sino ad arrivare alla sua completa rimozione e, di conseguenza allo svuotamento totale dell’impluvio. Ovviamente i tempi con cui questi processi avvengono sono lunghi ed estremamente variabili e riconducibili a vari fattori. Tuttavia la ridotta entità del nostro lago è da indursi principalmente alla scarsità dell’apporto idrico, quindi delle precipitazioni, per cui, qual’ora fosse del tutto impermeabilizzato, non sopravviverebbe ugualmente all’estate, se il regime idrico rimanesse immutato.

Ora vorrei concludere chiedendovi una piccola riflessione per ritornare al centro del nostro discorso: Avete mai osservato le rocce che si rinvengono alla base del Cervialto? Io si, fin da bambina, quando mio padre me le portava. Sono ricchissime di fossili simili a delle conchiglie attorcigliate. Difficile pensare che in un vulcano fosse possibile trovarne, difficile pensare che qualcuno abbia volutamente deciso di incollarcele!

Quelle conchiglie, come quelle rocce, i nostri monti, provengono da quel mare antico quindi, per una volta, scordiamocelo sto famelico vulcano del Laceno e godiamoci questo mare sottoforma di montagna!

Dott.ssa Geol. Nicastro Ripalda

                                                                                                       

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