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Un irpino venuto da lontano

07.02.2017, Articolo di Aniello Russo (da “Fuori dalla Rete” – Gennaio 2017, Anno XI, n.1)

hirpini-sannitiUn giorno a casa si blocca la caldaia dell’impianto di riscaldamento; e sono costretto a telefonare alla ditta per l’assistenza. Nel pomeriggio ecco il tecnico che parla un italiano infarcito di termini del dialetto irpino: “Si è rotto nu piezzu che costa parecchio, potèsse che lo troviamo ausatu…”

“Sei delle nostre parti.” osservo. E gli chiedo “Di che paese?”

Lui mi risponde che è appena giunto dalla Romania. E mi racconta una storia incredibile, partendo da lontano: “Era circa l’anno 400, quando giunse nella mia terra dall’Italia una legione per rinforzare le difese dei confini dell’Impero Romano. I legionari, quasi tutti Hirpini, furono dislocati in una regione montuosa, dove io sono nato. Poco dopo cominciarono le invasioni barbariche e i legionari, rimasti intrappolati tra i monti, abbandonarono le armi e si dedicarono alla pastorizia, che era l’attività dei padri.” Io sono ammutolito dall’emozione. Ma lui continua a raccontare:

“Questa storia è stata trasmessa di generazione in generazione per via orale. Per secoli abbiamo pure conservato la parlata della terra d’origine dei nostri antenati. Noi diciamo, come voi: màmmeta, sòreta, fràtutu. Però, noi diciamo: tàtata, mentre voi dite: pàtutu.”

L’irpino ritrovato (che sbadato, non gli chiesi neanche il nome!), scese giù e aprì la sua auto. Risalì con una rivista che si pubblica in quell’angolo della Romania. Mi lesse un pezzo di un articolo e mi sembrò di sentire a tratti la voce di un irpino dell’Alta Valle del Calore.

Resti della civiltà sannita

La sera, riflettendo sul curioso incontro col rumeno, mi venne in mente che tempo addietro Gabriella Pescatori, soprintendente ai beni archeologici di Avellino e Salerno, mi aveva rivelato di aver trovato in territorio di Bagnoli, a Patierno, una tomba risalente al 300 a. C. E aveva aggiunto che la tomba è una tipica sepoltura dei Sanniti, popolo che usava per i defunti una copertura realizzata con tegole a doppio spiovente. Dunque, gli Hirpini, una delle quattro tribù dei Sanniti, sono stati tra i primi abitanti della nostra terra. Essi trovarono nell’Alta Valle del Calore l’ambiente adatto (pascoli, acqua…) alla loro attività di pastori. Oltre che valorosi soldati, i nostri progenitori erano anche abili pastori.

E come pastori ricorrevano alla transumanza già ai loro tempi. Lo testimonia un altro ritrovamento, avvenuto all’inizio del secolo scorso sempre a Patierno. Si tratta di un contenitore di bronzo, in cui si mesceva il vino: un oinochòe di fattura greca. E mi chiesi: come mai era stato trovato a Bagnoli un recipiente forgiato da artigiani greci, un popolo che fondava le sue colonie lungo le coste, senza addentrarsi all’interno, in un territorio montuoso e coperto di fitti boschi? Il recipiente sarà stato acquistato da un pastore durante la sua transumanza nella pianura del Sele, dove sorgeva la città greca di Paestum. Questi ritrovamenti alimentano il rammarico per la mancanza di scavi sistematici nella nostra Bagnoli.

Damnatio memoriae

Parte degli Hirpini, quelli insediati più a valle, avevano già ceduto ai Romani: Taurasi, un oppidum, era stato assoggettato nel 298 a. C. Nella guerra civile tra Mario e Silla (I secolo avanti Cristo), gli Hirpini di montagna, rimasti ancora liberi e indomiti, presero le parti di Mario che prometteva la restituzione dei territori e la libertà ai suoi alleati. Sconfitto purtroppo Mario, Silla marciò contro il popolo irpino, deciso a sterminarlo. Risalì il fiume Calore, ma nella sua marcia subì frequenti agguati, che decimarono il suo esercito. Non riuscì nemmeno a raggiungere la nostra Valle del Calore. Allora tornò a Roma e chiese al Senato un esercito più consistente. Ma questa volta prese la strada dell’Ofanto, risalendo il fiume lungo la riva. E puntò su Compsa (Conza), che era una città fortificata (arx). Nonostante la strenua difesa dei guerrieri Hirpini, la città capitolò (circa 80 a. C). Tra gli assediati vi saranno stati di certo pure soldati provenienti dai pagi (villaggi rurali, sorti accanto a una sorgente, come Patierno) dell’Alta Valle del Calore, che era ager compsanus, cioè un territorio sotto la tutela di Compsa, che era una fortezza circondata da mura.

Dal Senato venne pure la decisione di sottoporre alla damnatio memoriae i ribelli Hirpini, che pagarono così a caro prezzo l’ostilità verso Roma e la fiera difesa della loro libertà. Praticamente il Senato deliberò che degli Irpini dovesse essere distrutto ogni segno della loro presenza; e cancellato finanche il ricordo. Dovrebbe risalire a quel tempo (I secolo a. C.) lo smembramento dell’ager  Paternus (Patierno, la terra dei nostri padri).

Relitti linguistici

Non è facile ricostruirne la storia degli Hirpini, visto che tutto andò distrutto. Sono però giunti fino a noi alcuni relitti linguistici, che sono sopravvissuti nella toponomastica e nella nostra parlata dialettale. Nella toponomastica mi pare indiscutibile l’origine osca del nome imposto al pietroso monte Piscacca (da pisco, pietra bianca) e del Raiamagra (da raia, pascoli, e da magru, distesi); vedi pure: Raia r’ la Spina, Raia r’ l’Acera, Raia r’ la Sporta…

Nella parlata irpina sono rimasti numerosi termini di origine osco-sannita: teté (gallina), piscone (grossa pietra), ottùfru (da octufer, ottobre), varra (da uarra, spranga di legno o di ferro), cesina (da caesina, zona in cui sono state tagliate le piante; vedi: Codda r’ la  Cesina, Dosso della Tagliata).

Inoltre è rimasta nel dialetto irpino la lettura: chi, che dei monosillabi ci, ce: chirchiu, cerchio; chichierchia, una varietà di lenticchia. E c’è ancora a Bagnoli qualche anziano che dice, secondo l’antica pronunzia hirpina, Uàru. Proprio come nella denominazione Lu Uaru r’ l’Ursu (Il Valico dell’Orso)…

                                                                                                       

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