EU Multi-Annual Financial Framework for 2014-2020: cosa è?
06.02.2017, Articolo di Federico Lenzi (da “Fuori dalla Rete” – Gennaio 2017, Anno XI, n.1)
Guida per non essere i giocondi della politica di turno e per coglierne le occasioni.
Nell’ immaginario collettivo i fondi europei sono lo strumento per realizzare le grotte del Caliendo, San Domenico, le seggiovie, il lago o, semmai, per avere sussidi a fondo perduto. Invece non è così, l’Unione Europea non è un bancomat pronto a finanziare ogni nostra esigenza. I fondi vengono stanziati per il raggiungimento di determinati obiettivi in tutta l’unione e vengono concessi ai progetti meritevoli. Pertanto, le nostre esigenze territoriali devono essere presentate in mondo da soddisfare il più possibile i criteri europei. Sembra impossibile riuscire ad ottenere questi fondi, eppure online vengono rese pubbliche migliaia di iniziative lodevoli da poter imitare. (0.) Quest’anno mentre l’Irpinia meditava sul progetto pilota, la regione Basilicata è arrivata in finale ai “Regiostars awards 2016” con un interessante progetto per l’internazionalizzazione e digitalizzazione delle piccole imprese locali. L’importante è ottenere i soldi? No, negli ultimi anni l’UE presta sempre più attenzione ai risultati conseguiti con il suo investimento. (1.) Quindi progetti inutili o insuccessi possono portare al reclamo dei fondi sprecati.
Le politiche di coesione territoriali europee, attraverso i fondi “European Regional Development Fund (ERDF), “European Social Fund (ESF)” e “Cohesion Fund”, rappresentano un terzo del bilancio comunitario. Insieme ai fondi per l’agricoltura e la pesca (“European Agricultural Fund for Rural Development (EAFRD)” e “European Maritime and Fisheries Fund (EMFF)”) rappresentano gli investimenti strutturali dell’unione. Uno stimolo all’economia europea da 1082 miliardi tra il 2014 e il 2020 che molto spesso non siamo in grado di sfruttare al meglio, non conoscendolo a fondo. Uno strumento così utile e importante in molteplici ambiti della nostra vita è spesso ostico e lontano dal dibattito pubblico. Eppure, i fondi europei sono le nostre tasse e non materia per grigi burocrati. I fondi per lo sviluppo regionale si preoccupano di risolvere i problemi economici e sociali puntando su competitività e nuova occupazione. I fondi per le politiche sociali mirano a migliorare l’educazione e le prospettive occupazionali dei cittadini europei, con un occhio particolare alle fasce a rischio povertà. I fondi per la coesione si occupano, invece, di collegare le aree povere isolate e di incentivare lo sviluppo. I fondi per l’agricoltura sono la principale spesa nel budget europeo e vanno dai sussidi agli allevatori, alla promozione di pratiche ecosostenibili, fino agli incentivi ai giovani e ai sussidi per il pensionamento anticipato, passando anche per i programmi di sviluppo delle aree rurali e di supporto ai fallimenti del mercato. (2.)
I fondi sono assegnati ai vari stati membri in base alle negoziazioni condotte dai rappresentanti con la “Commissione Europea”: alle reali necessità si sommano le abilità diplomatiche e i precedenti risultati. L’UE detta alcune linee guida sull’uso dei fondi, ovvero gli scopi da raggiungere. Successivamente le autorità che gestiranno i fondi negli stati membri redigono regolamenti più dettagliati, inspirandosi a queste linee guida: gli “operational programmes”. In Italia i programmi operativi e le autorità coinvolte non potevano essere che una babele: si va dai programmi nazionali a quelli regionali. Ovviamente l’efficienza è un semplice miraggio. (3.) Le autorità nazionali chiamate a gestire i fondi europei, dopo aver fissato obiettivi dettagliati, valutano la validità dei progetti presentati e in caso di esito positivo ne monitorano gli sviluppi (prima, durante e dopo). Fanno eccezione i progetti di valore superiore ai 50 milioni, dove è richiesta l’autorizzazione da Bruxelles. Ogni due anni si tiene una conferenza europea dove il personale preposto al monitoraggio dei progetti si confronta per combattere al meglio gli sprechi. Spesso l’UE fissa rigide condizioni negando alcuni progetti a noi molti cari, ebbene in questo fa benissimo: rimane un ente neutrale capace di tutelare davvero gli interessi collettivi dei contribuenti e non i particolarismi. I fondi europei sono distribuiti in modo uguale per ogni anno del “framework”, solitamente dovrebbero essere disponibili all’inizio dell’anno per dare maggiori possibilità di spesa. Solo le spese certificate vengono finanziate. Quindi per aiutare amici e favoriti bisogna, in teoria, lasciare una traccia col rischio di essere scoperti. Per i fondi europei 2007/2013 le risorse assegnate nei primi tre anni (2007-2010) potevano essere spese nei tre anni successivi e quelle assegnate negli ultimi tre anni (2010-2013) nei due successivi. Ovvero, i fondi stanziati nel 2013 potevano essere spesi entro il 31 dicembre 2015 e quelli stanziati nel 2010 entro il 31 dicembre 2013. Naturalmente in questo campo entra in gioco la politica e spesso la mera teoria può essere capovolta in casi eccezionali, ma non si può sempre confidare nella divina (anzi europea) provvidenza. L’ultimo passo dopo l’utilizzo dei fondi è l’aggiornamento dei portali nazionali per la trasparenza. Ogni stato membro ha una piattaforma online dove sono disponibili per ogni paese tutte le informazioni sui progetti monitorati. Il portale italiano si chiama “Open Coesione”. Ognuno di noi può controllare quali e quanti sono gli investimenti dei fondi per le politiche di coesione nel nostro comune. Avendo stuzzicato la vostra curiosità vi riporto nella bibliografia il link alla sezione di Bagnoli Irpino e nella tabella alcuni dati sui soldi spesi negli ultimi anni. (4) Quattro milioni in ricerca e innovazione a Bagnoli Irpino non è fantascienza, ma la storia di “Acca software”. Un’eccellenza che sta ricevendo per la sua iniziativa imprenditoriale volta all’innovazione e alla ricerca ingenti sovvenzioni europee, nazionali e regionali. Questo caso dimostra come l’UE realmente aiuti e finanzi chi abbia davvero voglia di impegnarsi e raggiungere gli obiettivi di questo grande progetto internazionale. Per essere dei campioni nell’uso dei fondi europei serve uno sforzo alla base, serve impegnarsi per raggiungere questi grandi obiettivi. In aggiunta, altri fondi europei sono stati utilizzati per la messa in sicurezza delle nostre montagne, sulla ferrovia, sul castello Cavaniglia (in questo caso i progressi nel pagamento dei 630.422 euro non sono riportati), incentivi a delle imprese locali, programmi nelle scuole e molto altro. L’UE ha investito 6518 euro a persona nella nostra comunità, i Farange in versione bagnolese cosa hanno fatto? Eppure, illustrare questo portale a studenti di altre università è stato alquanto vergognoso: siamo tra i pochi stati europei a non fornire le stesse informazioni in inglese (non sono solamente fondi pagati dagli italiani) ed appare chiaro come venga inserito solo il minimo indispensabile per non incorrere in sanzioni comunitarie. Questo impedisce un’attenta analisi da parte dei cittadini sul reale utilizzo dei fondi da parte dei privati o del pubblico. Invece, i risultati e gli obiettivi delle politiche di coesione a livello nazionale sono riportati direttamente sul portale europeo (5.).
I finanziamenti del 2007/2013 erano in particolar modo focalizzati su infrastrutture sostenibili, lotta ai cambiamenti climatici e innovazione. I fondi 2014/2020 si differenziano dai precedenti per alcune sostanziali novità:
- Esiste un unico set di regole per richiedere i cinque diversi fondi;
- Sono richiesti dei prerequisiti per accedere ai fondi (ad esempio la richiesta di esperienza nelle imprese; ma garantendo la professionalità si stanno riducendo i benefici della libera concorrenza).
- Gli obiettivi sono più chiari e monitorabili. Alcuni fondi sono stati riorganizzati e semplificati per evitare confusione.
- Alcuni fondi per lo sviluppo regionale e per la coesione sono destinati a comunità marginali come la nostra.
- I fondi sono soggetti a limitazioni in relazione agli obiettivi di stabilità macroeconomici nazionali.
L’Italia è un paese ricco, infatti riceviamo meno di quanto versiamo. D’altro canto le nazioni entrate nel 2004 stanno ricevendo maggiori risorse. Ora, cercate di trattenere il populismo fino alla prossima frase. Questa ripartizione è giusta, in quanto le economie di questi paesi in transizione sono diventate terra di conquista per le nostre multinazionali. Basta prendere l’aereo e iniziare a vivere in uno di questi paesi, dopo alcune settimane spese tra strade e negozi noterete come gran parte delle loro aziende siano state portate al fallimento dai nostri grandi gruppi industriali. Paghiamo maggiori contributi per lo sviluppo di queste economie (avendo la nostra raggiunto la piena maturità) e ne guadagniamo avendo domanda/lavoro per le nostre imprese. Smettere di investire nello sviluppo di queste nazioni europee significa avere meno produzione e quindi meno lavoro per le nostre imprese (il nostro mercato è già saturo). Ricalcare il modello Brexit significherebbe avere maggiori sovvenzioni statali, ma esse risulterebbero sterili perché è proprio questo meccanismo indiretto (lavoro e commercio) ad innescare un effetto moltiplicatore del benessere. Infatti, i promessi maggiori investimenti nella sanità britannica si sono rivelati una bufala. Il populismo nasce quando non si riescono a capire questi meccanismi e la grande importanza dell’UE per questo continente. Tornando al nostro piccolo paesello, dobbiamo però comunicare la buona notizia: i fondi europei non sono assegnati per sovranità nazionali, ma per unità territoriali/regionali europee. Abbiamo due tipi di classificazioni per PIL su cui si basano i finanziamenti e i dati statistici: NAUTS (Nomenclature of Territorial units for Statistics) e LAU (Local Administrative units). C’è la possibilità di rivedere queste unità ogni tre anni da parte delle autorità nazionali. I NAUTS sono tre e sono utilizzati per lo studio dello sviluppo regionale, mentre i LAU sono due e servono per studiare lo sviluppo locale. Alcuni corrispondono a vere divisioni territoriali (NAUTS1: regioni; LAU2: comuni; ecc…) e altri sono pure invenzioni per scopi statistici. L’UE finanzia tra il 35% e l’85% dei progetti presentati, il resto deve essere investito dai privati o da enti pubblici nazionali. La percentuale finanziata dipende dai criteri di adeguatezza del progetto e in base alla classificazione della regione per Pil: sviluppata, in transizione o sotto sviluppata. Ebbene, le regioni del sud Italia sono tra le più sottosviluppate in Europa. In alcuni casi, riceviamo anche il 100% di finanziamento in via eccezionale. (6.)
Possono far richiesta dei fondi le imprese, le associazioni, le università, i cittadini, le NGO e ovviamente gli enti pubblici. C’è davvero possibilità per tutti! Periodicamente il “Dipartimento per le politiche Europee” organizza dei seminari per formare gli esperti e la cittadinanza sul tema dei fondi europei. (7.) I fondi sono assegnati come finanziamenti a fondo perduto o come agevolazioni nell’acquisto di prodotti finanziari (prestiti). Spesso si pensa come questi fondi siano accessibili solo su presentazione di progetti, ma per i cittadini le opportunità sono rappresentate da bandi pubblicati periodicamente sui siti dell’unione. Infine, l’UE investe molto su collaborazioni internazionali volte a unire per il medesimo scopo due o più regioni europee. Questi tipi di progetti raggiungono il loro obiettivo di facciata, ma instaurano anche legami umani sancendo l’unità tra i popoli europei. Per questo motivo esistono macro aree d’investimento interregionali come quella Baltica, Adriatica e Ionica o del Danubio. In caso d’emergenza o di calamità naturale sono presenti anche dei fondi di solidarietà europea. (8.)
La linea blu nell’immagine sono i fondi attualmente spesi in Italia, tutto il resto è da spendere. Ci sono milioni di euro in attesa di progetti meritevoli, ma noi parliamo ancora dei fondi perduti! Solitamente la nostra nazione non è in grado di produrre iniziative lodevoli e finiamo col restituire queste risorse! L’UE non offre un “posto”, ma una speranza a lungo termine per rialzare realmente le economie delle aree sottosviluppate. Il problema è far partecipare ai processi decisivi la popolazione facendogli comprendere il reale obiettivo dei fondi, perché molto spesso nel meridione la logica dei numeri ha il sopravvento sulle competenze nel settore. L’UE non è un entità distante, basta crederci ed è a portata di mano.
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BIBLIOGRAFIA
- http://ec.europa.eu/regional_policy/it/regio-stars-awards/#2
- http://ec.europa.eu/regional_policy/en/policy/evaluations/ec/2007-2013/
- http://ec.europa.eu/agriculture/cap-overview_en
- http://ec.europa.eu/regional_policy/en/atlas/managing-authorities//?search=1&keywords=&periodId=3&countryCode=IT&typeId=ALL
- http://www.opencoesione.gov.it/territori/comuni/bagnoli-irpino-comune/
- https://cohesiondata.ec.europa.eu/countries/IT
- http://ec.europa.eu/regional_policy/sources/information/cohesion-policy-achievement-and-future-investment/factsheet/italy_en.pdf
- http://www.finanziamentidiretti.eu/?page_id=2807
- http://ec.europa.eu/regional_policy/sources/docgener/informat/basic/basic_2014_en.pdf
- http://ec.europa.eu/agriculture/rural-development-2014-2020/country-files/it_en
- http://ec.europa.eu/esf/main.jsp?catId=576&langId=en
- http://www.eif.org/what_we_do/where/it/index.htm