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Dario Fo e Bob Dylan

26.11.2016, Articolo di Luciano Arciuolo (da “Fuori dalla Rete” – Ottobre 2016, Anno X, n.4)

dario-fo-e-bob-dylanLe due notizie sono arrivate quasi in contemporanea, giovedì 13 ottobre. E’ morto Dario Fo; il premio Nobel per la letteratura 2016 è stato assegnato a Bob Dylan. E così i nomi di questi due giganti del nostro tempo saranno legati per sempre. Lo erano già, legati, e a filo doppio, nella mente e nel cuore di chi, come me, è cresciuto in loro compagnia.

Dario Fo, anche lui Nobel per la letteratura una ventina di anni fa, è stato un artista poliedrico; praticamente ha fatto di tutto: ha persino scritto il testo del cosiddetto inno degli esclusi: “Vengo anch’io (no tu no)”. Soprattutto, a mio parere, ha dato dignità culturale alle parole, alle storie e alla vita degli ultimi e degli umili; di quelli che, ad esempio, pur contribuendo col lavoro o col sangue a costruire la Storia, ne restano per sempre fuori, dimenticati, anzi semplicemente mai ricordati.

Bob Dylan è stato, con le sue canzoni, punto di riferimento per le aspirazioni, le speranze, le battaglie non violente di almeno un paio di generazioni. Io, da ragazzo, ho impiegato mesi ad imparare le parole di “Blowin’ in the wind”. Poi, da adulto, quando ormai le avevo di nuovo dimenticate, le ho ritrovate su un libro di Antologia delle scuole medie …

Fo e Dylan, dolore e gioia.

Confesso che, all’arrivo della doppia notizia, ho avuto la tentazione di un pensiero positivo : i Nobel a quei due significano che la cultura è tale se è militante, se cioè è capacità visionaria di guardare aldilà delle miserie del contingente. Mettiamola così: finché c’è cultura c’è speranza.

Ma, forse, questo è solo ottimismo consolatorio. Probabilmente la verità è un’altra, ben più tragica: dare un bel Nobel a Fo e a Dylan vuol dire, paradossalmente, togliere argomenti a chi pensa che ci sia altro, oltre al PIL e alla finanza. La verità, forse, è che l’artista, quando non è una penosa puttana al servizio del potere in una qualunque delle sue forme, è solo un povero Don Chisciotte, spesso consapevole di questo suo ruolo.

Per dirla con Guccini: “Il potere è l’immondizia della storia degli umani e, anche se siamo soltanto due romantici rottami, sputeremo il cuore in faccia all’ingiustizia giorno e notte, siamo i Grandi della Mancia: Sancho Panza e Don Chisciotte!”.

                                                                                                       

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