Il Turismo irpino in una foto
05.11.2016, Articolo di Gaetano Alvino (dal sito www.orticalab.it)
Cari amici di Ortica, ho letto con attenzione l’analisi di Franco Genzale (articolo a seguire, ndr) in merito alla gestione, parola importante, del turismo in Irpinia. Consentitemi di esprimere queste mie considerazioni che traggono spunto da una foto scattata da un mio caro amico all’ultima sagra del tartufo e della castagna di Bagnoli Irpino.
Tutto il fallimento della gestione dei flussi turistici e dell’ospitalità in provincia si può semplicemente spiegare osservando quel cartello esposto presso uno dei tanti stand disseminati nello splendido borgo altirpino.
Un grande foglio con il prezzo corretto più volte, valutando la clientela, di un prodotto spacciato per tipico in barba all’intelligenza media di chi ha voluto dare fiducia alle nostre terre onorandoci della visita. Un “pizzillo fritto”, in gergo pizza fritta, che veniva offerto prima a 2, poi a 3 ed infine, forse in ragione di una maggiore affluenza, a 4 euro senza nemmeno la malizia di cambiare il cartello ma solo correggendo il prezzo.
In presenza di queste circostanze appare quanto mai pertinente chiedersi fino a quando l’ignaro visitatore si presterà a queste furberie e perché mai dovrebbe ritornare dalle nostre parti.
Il cartellone di Bagnoli Irpino rafforza la splendida analisi di Franco Genzale ed è emblematico rispetto ad una situazione catastrofica che si vuole spesso presentare tutta rose e fiori solo perché per un massimo di otto, dieci fine settimana all’anno i nostri paesi vengono presi d’assalto da gente di passaggio che alimenta il mordi e fuggi e l’usa e getta.
La verità è che, purtroppo, durante il resto dei dodici mesi in Irpinia non viene nessuno e ciò trova conferma nei freddi numeri dell’Istat i quali certificano che nel 2015 solo 1,5% delle circa 16.000 persone che arrivano ogni giorno in Campania, soggiorna o pernotta in provincia di Avellino.
Mancano decisamente gli attrattori, i motivi per i quali un flusso costante di gente decida per brevi o medi periodi di trattenersi in Irpinia dove continuiamo ad accontentarci della “nicchia”, ovvero di qualcuno che viene a trovare i parenti, magari per partecipare ad una festa di piazza, o di chi decide di consumare un pranzo a buon mercato la domenica quando le condizioni lo permettono.
Non si eccepisca che abbiamo delle risorse naturali invidiabili. L’aria buona, l’acqua e le montagne chi vuole le può trovare anche altrove perché in tal senso la natura in Italia è stata generosa un poco ovunque. La verità è nel listino prezzi dinamico di Bagnoli e nei chioschi del Folletto nell’ultimo mercatino di Natale ad Avellino.
E’ dura ammetterlo ma perdurando questo stato dell’arte non avremo altra scelta se non quella di sperare che l’odore del “Caciocavallo impiccato” continui a tirare.
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05.11.2016, Articolo di Franco Genzale (dal sito www.orticalab.it)
Il pienone di Ognissanti visto da Nusco
Diciamolo subito, prima che il Pierino di turno si inserisca nei commenti, pur sempre graditi, con insopportabili ancorché involontarie scemenze. Napoli e Salerno (in parte Caserta) hanno attrattive turistiche naturali che l’Irpinia e il Sannio oggettivamente non hanno. Se le costiere amalfitana e sorrentina sono famose in tutto il globo, una ragione deve pur esserci. E poi lì c’è una Storia molto più intensa, e con essa l’arte declinata in tutte le sue forme. Nessuna grande scoperta, dunque, se i flussi turistici anche dell’ultimo ponte di Ognissanti si sono concentrati in quelle aree, fino a far registrare il tutto esaurito negli alberghi del capoluogo campano ed una eccellente performance nel salernitano.
Ciononostante, Napoli e Salerno non se ne stanno con le mani in mano a campare della rendita assai generosa concessa dal Padrererno, che evidentemente era in gran forma – nei giorni della Creazione – quando diede alle nostre due costiere la “pennellata” molto particolare che le rende esclusive nel mondo. Al riguardo va anzi ricordato che sia Napoli che Salerno, a Storia e bellezze naturali invariate, hanno vissuto periodi di stasi profonda del turismo, sia a causa della crisi economica internazionale che di fattori locali, Napoli soprattutto, che ne avevano offuscato l’immagine agli occhi dei tour operator stranieri.
La ragione che meglio spiega la ripresa del turismo nelle due maggiori città (e province) della Campania è di natura squisitamente politico-amministrativa e va ricercata nella dinamicità e creatività dei governi locali, magari anche solo apparentemente dinamici e creativi. In quest’ultimo senso, l’esempio di Napoli é illuminante. Come ha osservato Paolo Macry, qualche giorno fa sul Corriere del Mezzogiorno, de Magistris fu eletto “per una bandana” e “Da anni sta governando la città con poche risorse”, usandole “con indubbio acume politico…”, “…investendo in operazioni modeste ma simbolicamente efficaci come le piste ciclabili”, e poi “…dalla Coppa America alla Fiera Perpetua di via Caracciolo, ha ricostruito una cartolina urbana gravemente danneggiata dalla crisi dei rifiuti, senza curarsi se fosse di alto o di basso profilo, colta o pop, borghese o plebea”. Ma intanto – scrive ancora Macry – de Magistris “ha ’venduto’ risorse ambientali e culturali famose nel mondo. A costo zero”. Detta in altri termini, semplicemente facendo “ammuina”, l’ex magistrato è riuscito a recuperare per Napoli l’antica icona della sua straordinaria bellezza, facendola prevalere perfino sulle scene dei morti ammazzati per mano di camorra nel centro città. Altro sarà la prova di governo con la quale de Magistris dovrà misurarsi, senza più alibi, ora che da Roma sono stati aperti i rubinetti dei massicci finanziamenti del Patto per Napoli: intanto la città pullula di turisti (200mila presenze in quest’ultimo ponte festivo) come non si vedeva da tempo.
Diverso il caso Salerno. Undici anni fa, ad esempio, il Governatore De Luca, allora sindaco, s’inventò “Luci d’artista”. Gli apprezzamenti negativi si sprecarono, il primo cittadino fu perfino accusato di sprecare soldi pubblici, che peraltro pubblici erano solo in minima parte, per autocelebrarsi, quasi per “illuminarsi d’immenso”. Le “luci” di Salerno sono diventate negli anni un modello di attrazione turistica. Quest’anno, a partire dal 5 novembre e fino al 22 gennaio, sono previsti (per difetto) ben due milioni di visitatori: pensate in che misura ne godrà l’economia locale. Si dirà, certo, che Salerno è avvantaggiata dall’attrattiva di un centro storico ricchissimo di offerta gastronomica. Ma in quei “vicoli” una volta c’era poco quanto niente. E non a caso furono vitalizzati proprio dal dinamismo e dalla creatività dell’Amministrazione De Luca (1993), che tra l’altro ebbe l’idea vincente di ingaggiare, per il nuovo Prg, Oriol Bohigas, l’architetto che ha “restituito” il mare alla città di Barcellona.
L’Irpinia e il Sannio non sono Napoli e Salerno. Ma hanno le loro eccellenze ambientali ed enogastronomiche e la Storia non manca. Ciò che manca, qui, è l’iniziativa “dinamica e creativa”. Prendete il centro storico di Avellino. E’ dal dopoterremoto che si parla di progetti di rivitalizzazione. Il sindaco Di Nunno intuì la necessità di dare “un’anima” alla città, che significava anche riaccenderne la dinamicità partendo proprio dal cuore antico. Non c’è stata iniziativa, una soltanto, in grado di aggregare gli avellinesi e gli irpini in quel luogo, figurarsi quanto velleitario possa essere il pensiero di portarci turisti quanto meno extra-provinciali. Salvo rare eccezioni, la provincia é la fotocopia della staticità del capoluogo. Da noi l’arte creativa prevalente é quella di inventarsi eventi da capannone, o giù di lì, per arraffare soldi pubblici. Altro che turisti.
Qualche giorno fa, Aldo De Francesco, che è intellettuale di spessore e di consolidata esperienza, ha scritto per il giornale di Gianni Festa un corsivo nel quale, con tagliente ironia, dice d’aver appreso soltanto per caso della manifestazione “Irpinia Madre Contemporanea” tenuta l’anno scorso come attrazione turistica e costata 240mila euro di soldi pubblici. E si chiede, da cittadino che paga le tasse, quanti turisti l’evento è riuscito a portare in terra d’Irpinia – non da Milano o Bologna o Roma e manco a pensarci, naturalmente, da qualche cittadina della Germania piena zeppa di irpini emigrati e nostalgici della terra madre contemporanea – ma almeno un mezzo turistino, magari travestito da cinese, proveniente, che so, da San Giorgio del Sannio, da Sant’Agata di Puglia, da Fisciano, non si sa mai la voce si fosse sparsa tra gli studenti universitari. Macché: niente! È quest’anno la “Grande Attrazione” si ripete: stesso nome, qualche paese diverso. Solo l’importo del finanziamento regionale, per fortuna, si è quasi dimezzato: 130mila euro, che pure è bella somma se si consideri che mettendo insieme tutti gli indigeni che seguiranno il calendario di incontri (facciamo turismo con gli incontri?) e qualche serata musicale, un migliaio di persone riusciremmo a contarle.
Che dire? Se almeno i nostri Magnifici si sforzassero di chiedere qualche consiglio a De Luca il salernitano, che se ne intende. O a de Magistris: che magari frigge il pesce con l’acqua, ma ha fatto il pienone di turisti a Napoli ad Ognissanti e già si sta preparando a gustare la replica di Natale e avanti così, sempre più su.
I commenti su Orticalab:
4.11.2016 h 10:15
anto scrive:
Tutto giusto. Tranne il prezzo sul cartello che da 3 (stesso colore e grafia del testo principale) passa poi a 2€. Uno sconto.
4.11.2016 h 12:38
Alberto scrive:
Quella di Bagnoli è stata una sagra molto al di sotto delle aspettative rispetto agli altri anni.
Non si poteva comprare niente. C’erano prezzi da ristorante a 5 stelle e quella pizzetta domenica costava veramente 4 euro.
Peccato, perché come si dice nella’articolo, molti non torneranno più
4.11.2016 h 12:56
castagna scrive:
Se ci sono 122 stand mica possono vendere tutti castagne……………..
4.11.2016 h 13:31
raffaella scrive:
Analisi molto attenta e abbastanza triste per noi irpini.
In merito poi all’odore del caciocavallo impiccato (fatto in modo scenografico ma abbastanza barbaro) è da volta stomaco. Credo sia per via della caseina che si brucia nei carboni.
Il caciocavallo, soprattutto quello di ottima qualità, andrebbe fatto su una piastra senza far colare i liquidi nel fuoco, evitando così fumi tossici.
Ma ahimè costerebbe troppa fatica fare una semplice riflessione e migliorare qualcosa, perché “tanto a gente s’accatano tutto”.
4.11.2016 h 13:46
freelanxe scrive:
La sagra di Bagnoli rappresenta di sicuro un’ottima opportunità per i produttori e le aziende locali, ma a mio avvisoè diventata solo un’occasione per fare profitti a scapito della qualità del prodotto offerto. Secondo me i prezzi sono eccessivi e credo che manchino delle attrattive per i visitatori in termini di spettacoli, musica..si mangia e stop. Ci vorrebbe altro.
4.11.2016 h 14:00
alf scrive:
Una mia considerazione riguardo ai flussi turistici in irpinia e di come le istituzioni preposte seguano la materia anche negli aspetti più’ banali.Incrocio via nazionale per Benevento(ex maffucci) Ospedaletto (strada per Montevergine).Non c’è un cartello che indichi (quelli marrone che indicano località turistiche per intenderci)Montevergine, ma nemmeno per Ospedaletto(azzurro).Da cicloamatore innumerevoli volte i turisti spaesati mi hanno fermato per chiedere informazioni:ma di che parliamo???????Come diceva il buon Peppino De Filippo “ho detto tutto”
4.11.2016 h 14:05
Antonio scrive:
Si vede chiaramente che la modifica è al ribasso, da 3 a 2. Dove vedete il 4? L’analisi può essere anche corretta ma il nesso con la foto è inesistente. Mi rivolgo invece agli utenti che hanno commentato:
Per quanto riguarda i prezzi ci sono stato anche l’anno scorso e li ho trovati uguali. Piuttosto 4€ per il parcheggio mi sembrano un furto.
Il caciocavallo impiccato sulla piastra non si può sentire.
4.11.2016 h 18:20
Alberto scrive:
X Antonio.
Domenica pomeriggio 2 pizzette le ho pagate 8 euro
4.11.2016 h 22:43
Domenico Ferrante scrive:
Realissima riflessione. Se non si crea un circuito di eventi l’Irpinia muore. Le sagre arricchiscono solo pochi intimi
Email di Mimmo Nigro:
Sagra e polemiche (da evitare)
Si ha l’impressione che alcuni “neutrali” osservatori valutino l’evento «Il Nero di Bagnoli» con la lente d’ingrandimento. Probabilmente la manifestazione negli ultimi anni ha raggiunto una tale importanza, un tale livello di popolarità, che i cosiddetti esperti del settore, quelli dal palato fine, sembra vogliano (pretestuosamente?) ricercare il pelo nell’uovo. Basta un episodio, preminente o marginale che sia, per alimentare polemiche infinite.
L’ultimo avvenimento, in ordine di tempo, è quello della foto relativa allo stand “pizzette” con relativa alterazione (vera o presunta, al rialzo o al ribasso, non è dato sapere) del prezzo.
La questione, sollevata da Gaetano Alvino sul sito Oritcalab (sempre loro!), merita però attenzione e non va sottovalutata. Innanzitutto perché, da persone intelligenti (e non supponenti), occorre saper raccogliere le critiche, anche quelle che ci appaiono ingiuste, per provare poi con serenità e serietà a dare risposte nel merito. E poi anche perché l’autore dell’articolo prende sì spunto da un episodio che riguarda la Sagra di Bagnoli, ma lo fa, in continuità con quanto argomentato in precedenza anche da Franco Genzale, per denunciare che le sole SAGRE in Irpinia non fanno purtroppo «economia», non smuovono grossi flussi turistici e soprattutto non riescono ad accendere l’industria turistica. Insomma, per dirla in modo diretto, non hanno alcun effetto di trascinamento per la promozione e valorizzazione strutturata (tutto l’anno) del territorio.
Come non essere d’accordo con questa analisi? Quella che viene denunciata è una inconfutabile verità. Occorre, quindi, aprirsi alla discussione, accettare il confronto, ascoltare con attenzione quanto argomentato dagli altri e provare a dare, dal nostro osservatorio, un significativo contributo alla causa che ci accomuna.
Tornando poi all’episodio inizialmente denunciato, ci aspettiamo che la Pro Loco di Bagnoli, assieme agli altri enti e associazioni coinvolte nell’organizzazione dell’evento “Il Nero di Bagnoli, faccia una seria verifica sull’ accaduto. Ed eventualmente abbia anche il coraggio di chiedere pubbliche scuse se l’alterazione «speculativa», anche se circoscritta, del prezzo ci sia davvero stata. Potendo, nel contempo, rivendicare tutto ciò che di bello e positivo si è riusciti a fare in questa edizione della manifestazione. Nessuna congestione del traffico stradale, efficiente servizio navetta in entrata ed in uscita (le critiche 2015 di Lara Tomasetta, sempre su Orticalab, probabilmente sono state salutari), buona gestione dei parcheggi, potenziamento e custodia dei servizi igienici dislocati in paese, visite guidate, mostre, musei e chiese sempre aperte. E non ultimo anche quello di aver preteso ed ottenuto dai gestori degli stand “prezzi calmierati”, di promozione dei nostri prodotti come è giusto che sia, tant’è che ad esempio un menu completo a base di prodotti tipici (tartufo nero, pecorino bagnolese, caciocavallo impiccato o funghi porcini) non superava mediamente i 10 euro.
Alla Pro Loco, e al suo presidente, ci sentiamo di dare anche un altro suggerimento. Sia presente, assieme agli altri componenti del Direttivo, alla Sagra della castagna di Montella. Osservi con attenzione quello che sta avvenendo a pochi chilometri da Bagnoli. Una comunità che ha ritrovato energie, motivazioni, unità d’intenti e, attraverso un’organizzazione eccellente, la voglia di primeggiare in questo ambito. Rispolverando, con acume, anche alcune attività ed iniziative da noi, incomprensibilmente, abbandonate o comunque trascurate negli ultimi anni.
Se ciò che sta accadendo (in positivo) a Montella verrà visto con interesse da chi gestisce oggi l’evento “Il Nero di Bagnoli”, evitando tentazione di (becero) campanilismo, forse nei prossimi anni si potranno per davvero creare quelle condizioni per la costituzione di una filiera turistica competitiva, che possa funzionare come volano di crescita e sviluppo di una intera comunità, quella irpina, atavicamente abituata (come ci hanno ricordato Alvino e Genzale) ad accontentarsi delle SAGRE.