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«Salerno ha scelto le Luci ed il turismo di massa, l’Irpinia è ferma agli escursionisti»

15.12.2016, L’intervista a Ernesto Donatiello (di Maria Fioretti, dal sito www.orticalab.it)

Marketing territoriale, cosa sbagliamo da sempre.

luci-a-salernoSono poche e semplici le domande che si pongono sui finanziamenti a pioggia e sulla mancanza di una strategia culturale e turistica in grado di definire degli obiettivi per questa regione.

Le risposte, quelle concrete e fuori dalla retorica politica, arrivano sempre da chi non fa parte della classe dirigente, per cui sono spesso destinate a restare idee, ottime, ma ininfluenti. Perché le decisioni dipendono da quel Palazzo Santa Lucia che dice Cultura 2020, ma continua a restare nella logica dei fondi da destinare agli eventi, senza focalizzarsi su quel programma operativo che dovrebbe garantire alla Campania lo sviluppo del territorio, attraverso interventi di conservazione del patrimonio culturale, di potenziamento del sistema dei servizi turistici e di sostegno alla filiera imprenditoriale collegata al settore.

I tre milioni di euro per le Luci d’Artista di Salerno ci hanno offerto uno spunto valido per ragionare seriamente sul turismo di massa, sugli investimenti superficiali, sulle aree dimenticate e su quanto ancora ci resta da imparare sulle strategie di marketing e comunicazione.

Ernesto Donatiello, social media manager, Dottore in progettazione e gestione dei sistemi turistici, è stato uno dei docenti del corso T.R.AM, un progetto attualmente in essere che punta a realizzare un turismo sostenibile, attento all’ambiente. Ernesto vive a Salerno, ma è di Caposele, per questa volta è stato il nostro ponte tra due aree molto diverse, aiutandoci a capire quali potrebbero essere le strategie migliori da applicare per sviluppare una proposta valida in grado di rispondere a tutte le esigenze.

Tre milioni di euro per le luci d’artista a Salerno, è un investimento che lascia qualcosa alla città?

«La Regione ha sempre scelto di finanziare le Luci d’Artista e la città ha puntato su questo come obiettivo per cui lavorare. Esistono da dieci anni e nel tempo l’evento è cresciuto, portando benefici all’economia. Salerno ha deciso di collocarsi in un certo modo e la strategia con cui ha lavorato è giusta. Ora il prodotto è maturo, bisogna solo capire se rilanciarlo o lasciare che vada in declino. Certamente è innegabile il flusso di persone che arriva nei tre mesi legati a Natale, per la maggior parte si tratta di turisti stranieri e le presenze continuano ad aumentare, la città ormai è piena di bed and breakfast e si è inserita come tappa di un tour più ampio che include la Costiera. Da questo punto di vista c’è stata una buona ottimizzazione del finanziamento pubblico. Dall’altro lato ci sono i cittadini che si lamentano molto dei servizi scarsi, della pulizia e della poca sicurezza, conseguenze che sempre si riscontrano quando una città non si prepara bene sul turismo di massa».

Quindi si poteva pensare ad un evento migliore?

«Semplicemente le Luci devono rappresentare uno strumento, di cui servirsi per destinare i flussi e creare una vera destinazione turistica. Il mare ad esempio non è per niente considerato, finisce quasi col diventare un punto debole della città, allo stesso modo non si riconosce valore al patrimonio artistico e culturale, mancano i servizi base per accogliere i turisti. Non si può ancora definire una meta turistica, per il momento gode soltanto della ribalta nazionale legata ad un singolo evento».

Dal tuo punto di vista una Regione, per crescere, dovrebbe puntare al turismo da migliaia di presenze per un’unica iniziativa o lavorare seriamente su un progetto di sviluppo che includa tutte le Province?

«Personalmente non sono un sostenitore del turismo di massa, preferisco il turismo di qualità. Le masse sono di difficile gestione, spesso lasciano poco margine di guadagno alle attività commerciali sul territorio ed è molto costoso per il pubblico. Il turismo di qualità, invece, si rivela maggiormente settoriale, richiede servizi di un livello molto più alto ed è responsabile. Un classico esempio di turismo di qualità è il cicloturismo che comprende tutte queste caratteristiche: tutela l’ambiente, è attento ai luoghi, alla cultura locale e alle tradizioni. I grandi eventi sono sostanzialmente degli specchietti per le allodole, chiunque potrebbe fare un concerto di Jovanotti ad Andretta per far conoscere il paese, ma ci sono poche possibilità di avere un ritorno reale. Sono degli spot, a cui bisognerebbe preferire le iniziative legate alle specificità territoriali: ragionando in quest’ottica ha più senso la Sagra delle matasse a Caposele, che il concerto di Alex Britti ad Avellino. Purtroppo non tutte le province sono in grado di fare turismo, perché mancano i servizi e le strutture e non esiste una cultura dell’accoglienza, per questo i progetti di sviluppo andrebbero studiati con criterio, in base alle peculiarità dei territori della regione».

Quale tipo di progetti, iniziative, eventi sarebbero più utili per la valorizzazione della Regione?

«Il territorio è estremamente differenziato e la parola valorizzazione non significa nulla nella sostanza, bisognerebbe parlare di obiettivi, strategie, azioni, risorse e tempi. Basterebbe applicare la nuova legge regionale sul turismo, entrata in vigore nel 2014. Quella in cui si aboliscono gli EPT, per istituire l’agenzia unica di promozione regionale che interagisce con i Poli Turistici Locali formati da pubblico e privato. Questo consentirebbe ai territori di aggregarsi, di essere omogenei e di promuoversi insieme: un passo avanti importante per costruire le destinazioni. Poi si potrebbero riformare le professioni turistiche, magari sulla base dei flussi turistici e non rispetto al territorio, per garantire qualità e competenze anche a quelle parti di regione dove il turismo non c’è. O si potrebbe provare ad aprire le strutture e i luoghi di interesse anche nel fine settimana, il Carcere Borbonico, per citarne uno, è fra i tanti posti chiusi il sabato e la domenica. Si potrebbero riqualificare i borghi, ma invertendo il sistema che si è sempre usato, questa volta partire dallo sviluppo di un progetto di gestione e poi iniziare la ricostruzione, rimetterli in piedi, senza avere un’idea di cosa potrebbero diventare si rivela un errore, oltre che uno spreco».

Marketing: che cosa è stato sempre sbagliato nel promuovere il territorio regionale?

«Intanto ancora ci ostiniamo a voler spostare i turisti della costa nelle aree interne, ma il target è molto diverso e il prodotto deve essere definito per forza in base al target. I turisti non sono pacchi da trascinare indistintamente da una zona all’altra, chi sceglie di andare a Capri, difficilmente verrà in Irpinia: i flussi si generano non si possono deviare. Vale la pena anche sottolineare che la Regione Campania non esiste sul digitale, non c’è un sito web adeguato alle nuove esigenze ed è assente sui social, per cui avviare una strategia di presenza online della Regione sarebbe auspicabile per iniziare a fare promozione. Comunque si ha l’impressione generale che non ci sia un obiettivo definito, si tende a sparare nel mucchio, ovviamente senza centrare il bersaglio, che andrebbe prima di tutto definito. E poi, nelle aree interne in modo particolare, va sicuramente migliorata la capacità di fare accoglienza ai turisti» .

E l’ultima domanda è sulla nostra provincia: all’Irpinia dei fondi Poc restano le briciole o sono destinati finanziamenti sempre per i soliti grandi eventi, quale sarebbe per il nostro contesto la strategia migliore da applicare?

«Al di là dei finanziamenti che possono rivelarsi strumento utile se indirizzati verso un risultato specifico, resta il grande problema di non riuscire a programmare gli eventi almeno dieci mesi prima e non a dieci giorni dalla data, come spesso succede. Non lasciamo il giusto tempo alla promozione, così un eventuale turista non riuscirà mai ad organizzarsi e a scegliere il nostro territorio. In Irpinia vengono gli escursionisti, quelli che trascorrono la giornata e vanno via. Anche i finanziamenti che la regione intende stanziare per i grandi eventi a carattere nazionale ed internazionale, andrebbero stabiliti almeno due anni prima, spesso i fondi arrivano addirittura ad evento concluso. Ci vogliono delle caratteristiche su cui puntare, enogastronomia, sport, natura sono validissime per consentire il turismo e permettere alle persone di restare a vedere e conoscere il territorio, addirittura di appassionarsi e tornare. Ma troppo spesso capita che gli eventi siano organizzati per l’artista di spicca e li facciamo quasi esclusivamente per noi, diventano una questione provinciale. Continuando a fare così non riusciremo a promuovere, né a commercializzare nulla».

Grazie

«A TE…».

                                                                                                       

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