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S.O.S. Castagne – Malerba: Chi si arricchisce con il Cinipide?

18.09.2016, Articolo di Luigi Salvati (dal sito www.orticalab.it)

Viaggio nelle montagne divorate dalla “Vespa Cinese”. Tra gli effetti inesistenti del Torymus, unico antagonista riconosciuto dal Ministero, e quelli incredibilmente benefici del Piretro, insetticida naturale utilizzato per la protezione dei frutteti. Ma le castagne non sono considerati frutti.

bagnoli-irpino-castagneto-2016-1«La situazione è sempre più disperata. Anche per quest’anno la produzione di castagne nel territorio di Montella, Cassano e Bagnoli irpino sarà minima. Ma vi prego, venite a toccare con mano lo stato di salute. E’ il periodo migliore prima dell’autunno. Vi mostrerò qualcosa che vi lascerà a bocca aperta». Raccogliere l’invito di Salvatore Malerba è un dovere oltre che un onore. L’imprenditore di Montella, proprietario della ditta “Castagne Malerba”, presidente della GIE Castanicoltura-Frutta a Guscio, coordinatore regionale della CIA nonché componente del tavolo ministeriale per la castanicoltura, ci ri-apre le porte della sua azienda con la consueta cordialità e sempre con il sorriso sulle labbra perché «quello non deve mai mancare». Moglie, figlie e nipoti sono al suo fianco perché l’azienda non si arrende alla “Vespa Cinese”.

«Lì – ci dice Malerba mostrandoci l’ingresso del museo della castagna da lui allestito – durante la campagna elettorale è venuto anche il Governatore De Luca. Del problema era ampiamente istruito. Gli ho parlato del Piretro, gli ho mostrato i dati sviluppati dalla Sagea di Cuneo (società privata e indipendente che offre servizi nei settori della ricerca e sperimentazione in agricoltura e in campo ambientale, ndr) e tutti i documenti in cui è certificata la bontà del prodotto e il totale rispetto per l’ambiente. De Luca mi ha garantito che avrebbe tenuto per sé l’assessorato all’agricoltura avvalendosi della collaborazione di una persona di fiducia. Quella persona è Franco Alfieri a cui un mese fa ho mostrato quello che farò vedere a voi».

E’ utile spiegare in poche parole, rimandando all’articolo di aprile 2015, qual è la tesi che sostiene l’imprenditore irpino. Secondo Salvatore Malerba gli effetti del Torymus Sinensis, unico antagonista del cinipide riconosciuto dal Ministero sono minimi e insufficienti per risolvere il problema: «Se dopo otto anni la produzione è ancora ferma qualche motivo ci sarà». Viceversa il Piretro, ovvero l’insetticida naturale utilizzato per la protezione dei frutteti, applicato in maniera appropriata garantisce risultati incredibili. Il problema è sempre lo stesso, secondo lo Stato Italiano la castagna non è un frutto e quindi il Piretro è un prodotto che non può essere utilizzato. In ragione di quale logica non è proprio dato saperlo. Da qui la battaglia.

Malerba ci fa salire in macchina. Usiamo il plurale perché con noi c’è anche Antonio Izzo, imprenditore di Mercogliano che ha sposato la causa dell’imprenditore di Montella. Saliamo in quella che fino a qualche anno fa era una vera e propria miniera d’oro per tutti gli imprenditori della zona. Durante il tragitto snocciola numeri.

Prima dell’arrivo del cinipide, nei Comuni di Montella, Bagnoli Irpino, Nusco, Cassano, Volturara e parte di Montemarano si parlava di un giro di affari che sfiorava i 23 milioni di euro, oggi sono rimaste le briciole. A stento si salva il 10% della produzione. Di quel sistema perfettamente oliato è rimasto poco. Davvero poco. Si è disintegrato l’indotto, sono stati cancellati centinaia di posti di lavoro, le banche hanno completamente chiuso i rubinetti e le montagne vivono nell’abbandono più totale. «Pensi che negli anni d’oro – dice Malerba – 60 mila euro erano destinati solo alla pulizia e alla manutenzione della montagna. Oggi chi lo fa si limita a falciare l’erba (la chiamano pulizia a perdere) ma per il resto arbusti e flora spontanea la fanno da padrone. Qui se dovesse esplodere un incendio sarebbe l’inferno e anche in caso di alluvione, altro che disastro di Sarno e Quindici, sarebbe l’apocalisse e, credetemi, non è allarmismo. Senza manutenzione la montagna non è sicura».

Tra un racconto e un altro spuntano i primi alberi di castagno. Neanche li avremmo riconosciuti se non ci fossero stati indicati. Sia i più giovani, 40 o 50 anni, che quelli secolari non hanno un riccio che sia uno. Eppure siamo a settembre, a un mese e mezzo dalla raccolta. Gli alberi sono migliaia, distribuiti su ettari ed ettari di terreno. Sono secchi, è spuntato addirittura il vischio, quello natalizio, ed è una crescita assolutamente insolita. Non c’è l’ombra di una castagna e il dato più agghiacciante è che tutta la zona che Malerba ci mostra è sotto la cura del Torymus Sinensis. «Dopo otto anni il risultato è questo. Da qui non verrà fuori nemmeno una castagna. Ho detto tutto. Ma preparatevi alla sorpresa».

Percorrendo pochi chilometri, ad un altitudine di 800 metri, lo scenario cambia completamente. I castagni assumono un colore più vivace e sono pieni zeppi di ricci. La presenza del cinipide è ancora evidente visto che i rami secchi non mancano ma si comprende che su quei tipi di alberi la cura ha portato i suoi benefici. Malerba ci ha accompagnato in un fazzoletto di terra che sta curando con il Piretro. E’ incredibile, da un lato la morte, dall’altro la vita con un prodotto che viene tranquillamente utilizzato per tutti i frutti. «Non devo aggiungere nulla, anzi, invito tutti gli enti preposti a venire qui e fare tutti i prelievi. Non troveranno nemmeno un dato alterato. Al contrario sarei disposto ad andare in prigione». Malerba ci spiega che i trattamenti sono mirati e fatti con professionalità. Mai sparati dall’elicottero perché una folata di vento potrebbe far finire il prodotto su altre piante ma sempre effettuati ai piedi del tronco.

Servono due trattamenti l’anno e in due anni gli alberi ricomincerebbero a donare frutti. Perché è di frutti che l’imprenditore vuole parlare ed è questa la battaglia da vincere: convincere lo Stato Italiano o la Regione Campania a convertire quei posti in “castagneti da frutto in attività di coltura”.

«Basterebbe questo – dice Malerba – ma sia chiaro noi non siamo contrari al Torymus, che deve essere lanciato nelle zone alte. In quelle basse invece sono necessari i trattamenti mirati, controllati e monitorati di Piretro. In due anni ricominceremmo a vivere. Tutti».

Piange il cuore a pensare che quelle castagne che tra qualche giorno cadranno non potranno essere vendute perché trattate con un prodotto “illegale”. Viene da chiedersi perché Salvatore Malerba, gli imprenditori che la pensano come lui e tutte le associazioni di categoria (Agrinsieme – Confagricoltura – CIA – COPAGRI – COOPERATIVE ITALIANE – CONCOPERATIVE – GIE) continuino ad essere una voce fuori dal coro. Come e perché la pensano in maniera diversa tutti quegli imprenditori che del Piretro non vogliono sentir parlare? Perché continuano a puntare su un prodotto, il Torymus, che dopo otto anni non ha dato neanche un risultato? Qual è il pensiero del sindaco di Montella? «Affrontare i problemi o nasconderli – conclude Malerba – è tutta qui la questione».

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Articolo di Luigi Salvati (dal sito www.orticalab.it)

Scacco al cinipide in tre mosse. La Regione Campania sa come salvare le castagne

Dopo otto anni appare evidente che l’antagonista Torymus da solo non riesce. Gli studi scientifici effettuati dalle organizzazioni che rappresentano i castanicoltori hanno trovato la cura: far entrare le castagne nella famiglia dei frutti, legalizzare l’utilizzo mirato del Piretro e favorire la lotta al cinipide sia con l’antagonista naturale che con l’insetticida bio.

bagnoli-irpino-castagneto-2016-3Lo Stato italiano e i vari governi regionali stanno combattendo il cinipide galligeno con il Torymus Sinensis, riconosciuto come l’unico antagonista in grado di annientare il killer asiatico delle castagne ma se a questo intervento, i cui benefici sono a lungo termine, si aggiunge un programma controllato basato su tre punti precisi, il problema si può risolvere in molto meno tempo (due anni, ndr) e la produzione può raggiungere, nel giro di un lustro, risultati nuovamente accettabili sia per l’economia locale che nazionale. Ne sono convinti Cia (Confederazione Italiana Agricoltori), Confagricoltura, Copagri (Confederazione Produttori Agricoli), Cooperative Italiane, Confcooperative, Legacoop agroalimentare e GIE (Castanicoltura-Frutta a Guscio) che si riconoscono tutte nella sigla Agrinsieme.

Far entrare le castagne nella famiglia dei frutti, legalizzare l’utilizzo mirato del Piretro, prodotto ampiamente utilizzato in agricoltura, e favorire la lotta al cinipide sia con l’antagonista naturale che con l’insetticida bio. Questo, in estrema sintesi, il contenuto di un documento fondamentale che le sigle sopra citate hanno inviato al Presidente dell’IVI Commissione della Regione Campania, Maurizio Petrarca e al Presidente del Consiglio Regionale, Rosetta D’Amelio. E’ la Campania la regione che detiene la fetta più grande nella produzione delle castagne (51% secondo i dati Istat del 1999) ed è quindi la Regione Campania a dover dettare le regole del gioco e stabilire la strategia migliore per poter sconfiggere la “Vespa Cinese”. Soprattutto se le regole del gioco sono avallate da molteplici studi di analisi che garantiscono la salute della pianta e dell’ambiente circostante.

Della vicenda sono stati informati anche il Governatore della Campania, Vincenzo De Luca e il Consigliere delegato all’Agricoltura Franco Alfieri che nel mese di agosto ha avuto modo di visitare i castagneti malati tra Cassano Irpino, Montella e Bagnoli Irpino.

Nell’ultimo decennio, il cinipide ha causato non solo una drastica riduzione della produzione (per il 2016 il danno sfiorerà il 90% della produzione totale. Per sconfiggere la “Vespa cinese” sono state impegnate significative risorse pubbliche e privare con risultati assai scarsi rispetto alle risorse impegnate. Con la stessa determinazione non sono state considerate azioni integrative, da tempo prospettare alle imprese che operano sul territorio e dalle loro organizzazioni di rappresentanza. Il Torymus, in sostanza, da solo, non riesce a sconfiggere il cinipide, almeno in Campania. Non lo ha fatto per otto anni e secondo gli esperti non lo farà nemmeno per i prossimi dieci.

«La castanicoltura della Campania sta attraversando la più grave crisi fitopatologica, economica e ambientale dell’ultimo decennio – si legge nel cappello introduttivo della nota – tale situazione sta producendo una crisi di mercato nazionale ed estero senza precedenti sul lato delle imprese specializzate del settore e su quello dell’occupazione. Né sono da trascurare potenziali rischi ambientali provocati dall’abbandono delle attività agricole agro-alimentari. non è da sottovalutare, inoltre, che la castanicoltura campana è leader del comparto nazionale e fonte riconosciuta di export e marchi di qualità in Europa. La necessità di atti conseguenti della Regione Campania deriva dalla presa d’atto della scarsa efficacia delle azioni pubbliche intraprese finora e dall’urgenza di una strategia anti-crisi nuova e integrativa a quella fin qua attuata, così come richiesto da tempo dalla maggior parte dei soggetti che compongono la filiera castanicola».

Una strategia anticrisi di ordine agronomico è necessaria. Ma per farla sono necessari atti amministrativi di Regioni e Ministeri. Ciò non in contrapposizione all’uso degli antagonisti naturali ma a a integrazione degli stessi.

ECCO I PUNTI PROPOSTI DALLE ORGANIZZAZIONI DI RAPPRESENTANZA

1. RICLASSIFICAZIONE ad opera della Regione Campania, dei “castagneti da frutto in attività di coltura” per distinguerli dai generici castagneti che sono parte della risorsa forestale. Tale atto non è stato mai prodotto dalla Regione Campania, ferma alla legge regionale n.11 del 7 maggio 1996, non adeguata alla normativa nazionale, in particolare al decreto legislativo n. 227/2001. Quest’ultimo, a proposito della definizione di “bosco”, considera tali i castagneti, ma ad esclusione dei “castagneti in attualità di coltura”, che vuol dire castagneti che vengono coltivati come veri e propri frutteti.

L’atto regionale, che delimiterebbe in Campania le aree a castagneti da frutto, distinguendoli dal bosco, sanerebbe un’anomalia e valorizzerebe i produttori agro-alimentati che hanno fatto della castagna un’attività d’impresa. L’altra e importante conseguenza è che si renderebbero possibili tutti quei trattamenti e pratiche agronomiche consentite in agricoltura biologica, ma impedite nei castagneti da frutto: per esempio, gli insetticidi a base di Piretro verde o naturale, utilizzabili nel frutteto-castagna dichiarata bio, come su qualsiasi frutteto bio, che sarebbero di grande aiuto per combattere anche litofagi con Cydia e Balanino.

2. BIOLOGICO Sostegno della Regione Campania alla richiesta delle organizzazioni agricole e case farmaceutiche, finalizzata all’autorizzazione ministeriale per il Piretro verde, già utilizzato in agricoltura biologica, testato dal Centro ricerche in agricoltura e condiviso da importanti settori della ricerca applicata. Si dimostra che è possibile integrare, anche su castagneti biologici, lotta attraverso l’antagonista naturale e lotta con insetticida bio. Tale compatibilità può essere supportata da un programma regionale di assistenza tecnica pubblico-privata per l’ottimizzazione degli interventi integrati.

3. LOTTA INTEGRATA Autorizzazione regionale al doppio trattamento di Lambda Cilodrina, previsto in emergenza fitosanitaria e in deroga al disciplinare di lotta integrata, già previsto all’interno delle “Linee guida di indirizzo agronomico per prevenire e contenere il degrado vegetativo e produttivo dei castagneti da frutto”.

Conclusione Questo documento di proposte di smuovere su un presupposto essenziale: salvare le imprese castanicole dagli effetti distruttivi di una calamità fitopatologica senza precedenti, tutelando insieme occupazione e assetti agro-ambientali. Si auspica che l’istituzione regionale assuma sull’argomento una posizione equilibrata, di ascolto delle istanze dei produttori, senza spirito preconcetto e veti ingiustificati.

                                                                                                       

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