«L’orticello Irpinia che continua a morire tra sagrette ed eventini»
15.09.2016, L’intervista a Roberto Buglione De Filippis (di Maria Fioretti, dal sito www.orticalab.it)
La voce dello chef No Triv, ristoratore del circuito Mésali con la cucina de “La pergola” a Gesualdo.
Di un’Irpinia che vale venti giorni all’anno, tendenzialmente nel mezzo del mese di agosto, abbiamo raccontato a lungo, perché al claim che ciecamente vede questa provincia come il nuovo Salento, forse non ci abbiamo mai creduto.
Perché esistono persone che abitano in luoghi svuotati e desolati alla fine di una stagione più o meno bella. Che di migliaia di presenze per una serata o una giornata non sanno cosa pensare, se poi, guardandosi intorno, ritrovano il territorio allo stesso grado zero di sviluppo, o meglio ridotto ad effige di caciocavallo impiccato e fungo porcino.
Non è certamente un bene per quella promozione territoriale che vuole l’Irpinia in un dialogo aperto con il resto della Regione, sia sulla cultura, che sul turismo, che sulla valorizzazione dell’enogastronomia. Eppure sembra che la nostra area sia destinata a diventare sempre più interna, quasi nascosta. Perché finanziato l’eventino e salvata la sagretta, non si pensa alla produzione che pure esiste, alla vita che non si ferma e ad una cultura necessaria anche in pieno inverno.
Com’è la vera Irpinia quando la festa si spegne, la musica finisce e gli amici se ne vanno, lo abbiamo chiesto a Roberto Buglione De Filippis. Non a caso, in verità, ma in quanto ristoratore del circuito Mésali con la cucina de “La pergola” a Gesualdo, ma soprattutto come cittadino parte attiva del Movimento No Trivellazioni Petrolifere in Irpinia, che si pone a difesa di un territorio troppo spesso soggetto ad aggressioni ambientali.
«Quello che non rilevo, da persona che ha investito su questo territorio e intende restare, è una visione d’insieme che si lega alla mancanza di un progetto, conseguenza naturale di un comparto pubblico che continua a lavorare finanziando eventi ad hoc o iniziative trite e ritrite: stessa musica, stessi prodotti scadenti, nessuna azienda e nessun produttore presente. Di contro, esiste una narrazione dell’Irpinia come meta estiva ambita che è del tutto sbagliata, perché i finanziamenti pubblici sulla cultura e sulla promozione del territorio sono di dubbia qualità e restano fermi su un copione tristemente noto che tende a ripetersi ogni anno, tra notti bianche e sagre sempre uguali, incapaci di guardare fuori dal proprio orticello».
Il profitto massimo con il minimo sforzo, grandi numeri e presenze conoscono ragioni che la morale purtroppo non conosce: «All’Irpinia resta il nulla, questi eventi lasciano le comunità smarrite. Fortunatamente ci sono associazioni e privati che non rinunciano a fare quel grosso sforzo che serve a non permettere che la provincia muoia del tutto, nonostante le difficoltà e gli ostacoli imposti dal pubblico. Chi oggi fa parte della classe dirigente contribuisce soltanto a far crescere le clientele, con la distribuzione di fondi tra i Gal e la Regione, milioni di euro bruciati ignorando la crescita delle aree interne, non pervenute le griglie di valutazione per l’accesso ai fondi, insieme a criteri di valutazione spesso falsati. Chi vive questa provincia lo fa ogni giorno, è svilente sentirne parlare solo per una settimana all’anno, identificandola con un’offerta di scarso valore».
La Regione continua ad elargire doni, a pioggia, ma resta invisibile, nonostante la rappresentanza espressa, quattro consiglieri tra cui il Presidente del Consiglio regionale: «Se è per parlare di rappresentanza bisogna dire che abbiamo avuto anche un Vice Governatore con delega al turismo, ma non è il criterio di rappresentanza quello su cui puntare il dito, perché tutti i seggi sono rappresentati. Piuttosto pensare che la nuova governance comunque non ha idea delle esigenze del territorio, né delle istanze che i cittadini portano avanti. E’ un accavallamento di posti di comando, pacchetti di voti incapaci di rappresentare nel senso più alto e nobile del termine, quello che si esprime come tutela territoriale e rilancio dell’economia, su questo andrebbero fatte delle serie valutazioni. Dopo quarant’anni ci ritroviamo ad avere una nuova Democrazia Cristiana che governa senza opposizione. Con una Giunta Regionale del tutto discutibile, che sembra essere funzionale più ad un progetto di isolamento che di sviluppo».
Eppure c’è una rete, resistente, che prova ad invertire questa tendenza ormai consolidata: «Ci sono delle collaborazioni virtuose che si sostituiscono al pubblico e provano a riportare l’attenzione sui valori di questa terra e lo fanno anche quando tutto salta. Mèsali è una di queste realtà, ma lo è anche Slow Food, però oltre l’enogastronomia bisogna capire che l’Irpinia è bella anche quando non è attraversata da centinaia di persone, che si riversano in poche aree, tutte negli stessi giorni. StreEat Mood, manifestazione a cui saremo presenti per il secondo anno, è un esempio di quello che dovrebbe accadere. Intanto rompe lo spazio tempo dell’estate, poi prova a parlare davvero con l’intero comparto produttivo della provincia, mettendo alla prova i privati e testando con mano le potenzialità. Sarebbe questa la linea da auspicare, prendendo spunto da una tre giorni che vuole diventare punto di riferimento, ridando centralità ad Avellino Capoluogo. La formula è diversa perché diverso è l’approccio al territorio, si ragiona di futuro anche fuori dall’Irpinia, senza chiudersi su se stessi, rinunciando ad uno sguardo autarchico. E’ certamente questa la provincia che meritiamo di avere, non quella ridicola della sagra senza scopo, nè posto».