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Oggi abbiamo bisogno di un po’ di sana utopia comunista

11.09.2016, La riflessione (di Nello Memoli)

Alcune guardie di confine della Germania Est guardano cadere un pezzo di Muro alla Porta di Brandeburgo, l'11 novembre 1989. (AP Photo/Lionel Cironneau, File)Stavo rileggendo un vecchio articolo del Sole 24 Ore di Ermanno Cavazzoni (scrittore e sceneggiatore) sul comunismo di cui riporto solo una prima parte. «Nel ventesimo secolo appena trascorso ha circolato molto la parola comunismo, e diverse società l’hanno adottata per indicare che quello era il loro punto d’arrivo; intanto però durante il ventesimo secolo queste società dichiaravano che al momento erano in una fase di transizione, ossia stavano incamminandosi verso il comunismo, ma il comunismo completo e perfetto era ancora di là da venire, perché non si poteva realizzarlo in un colpo solo; la gente non era preparata, dicevano, c’erano vecchie abitudini che resistevano. E si sono presi provvedimenti contro quelli che resistevano; per la verità quasi sempre un po’ esagerati. Come fosse questo comunismo una volta realizzato, e che cosa ci si facesse,   non è mai stato chiaro a nessuno. Era più chiaro ad esempio il paradiso: prima di tutto ci si andava da morti, la vita in terra era una specie di prova, che metteva un po’ in apprensione, come succede durante gli esami, ma poi se uno si applicava, se non andava al bar a perdere tempo, se non stava in ozio a gironzolare eccetera, anche l’esame diventava un periodo intenso, con una meta. E poi il paradiso bene o male si sa com’è: si sta in estasi, circa come quando si ascolta un bel pezzo di musica, magari avendo bevuto un bicchierino di elisir o di vodka, che allora l’estasi è piena e la musica la si gode con più intensità; se uno vuole un’intensità maggiore può bere due bicchierini, e di due in due è come salire di cielo in cielo, fino alla vicinanza con lo Spirito Santo; è un paragone per dare l’idea, solo che se uno giunge allo Spirito Santo grazie all’elisir o alla vodka, il giorno dopo sta male, non avessi bevuto! dice; mentre in Paradiso uno sta bene anche il giorno dopo, non vomita, non ha acidità di stomaco né male di testa, la musica gli sembra sempre bellissima, e così per tutta l’eternità; uno stato alcolico che non ha mai fine e che non danneggia il fegato. Anche il comunismo dovrebbe essere una specie di paradiso; non è però necessario essere morti, ci si va da vivi, o comunque ci andranno le generazioni future quando il comunismo sarà realizzato………».

L’attuale crisi economica richiama alla mente per alcuni versi la crisi che a partire dal 1989, in un tempo incredibilmente  breve di tempo fece crollare il sistema del comunismo reale che sembrava avere radici profonde in tanta parte del mondo, da Berlino est a Pechino. Così come  ha scritto Giovanni De Sio Cesari :«Non che la crisi del comunismo non fosse evidente ma fra crisi e crollo vi è una differenza fondamentale: nessun osservatore poteva pensare, all’inizio del 1989, che il muro di Berlino sarebbe crollato, che l’URSS si sarebbe sfasciata, che la Cina avrebbe preso una strada francamente capitalista». Che all’inizio del 2008 in sistema finanziario andasse verso una grave crisi, investendo tutto il mondo, nessuno lo avrebbe mai pensato. Sempre Giovanni De Sio Cesari: «….Il comunismo non crollò per una crisi  interna ma semplicemente per il confronto con il mondo occidentale. Il comunismo aveva assicurato a tutti alimentazione, scuola, sanità  e, soprattutto, un posto di lavoro. I tedeschi dell’est nel ’89 non stavano peggio degli  anni precedenti e comunque  meglio di tutti gli altri comunisti. Eppure, appena appena si capì che l’Armata Rossa non sarebbe più intervenuta, la gente dell’est abbatté il Muro, e poi il regime ….».  Se il 1989 è stato l’anno che ha inaugurato il nuovo ordine mondiale, il 2001 è stato quello che ne ha annunciato il declino, e il collasso del sistema bancario nel 2008 ha segnato l’inizio di una totale svolta della storia. Se quello è stato il nostro «nuovo ordine mondiale», si è trattato del mondo più corto che si sia mai visto (da L’idea di comunismo di Costas Douzinas e Slavoj Žižek).

In questo momento la crescita economica si è fermata, soprattutto in occidente, e ci stiamo aggrappando sugli specchi indebitandoci continuamente per mantenere il vecchio livello di vita. La sfiducia nel sistema è sempre più evidente. Di pari passo stanno aumentando i nuovi poveri, quelli che perdono il posto di lavoro, e la fine dell’incubo sembra lontana.  L’occidente  produce beni di consumo ma non riesce a distribuirli e la mancanza di mercato finisce con limitare la produzione stessa con un ciclo vizioso. Nella crisi del comunismo invece mancavano proprio i beni. Nei paesi comunisti avevano davanti a loro un modello alternativo a quello capitalistico (di libero mercato) nel momento in cui si resero ben conto che esso aveva avuto un successo ben superiore a quello dell’economia di stato vollero precipitarsi in esso nella speranza che avrebbero ottenuto piuttosto facilmente gli stessi benefici. Oggi la crisi è totale, non esiste un modello alternativo al capitalismo. Gli economisti non sanno come agire: intervenire o lasciare che il mercato faccia da sé. Se non c’è un modello alternativo a quello liberistico allora necessita cercare di modificare quello che c’è.

Che così non si possa continuare lo dicono tutti, ma la soluzione? Qualche economista propone di pensare ad un modello di sviluppo che contempli la necessità  di aumentare  i consumi. Non sono d’accordo. Credo che forse necessita diminuire  i consumi  e pensare ad una società alternativa più giusta, con una ridistribuzione della ricchezza. Allora forse oggi abbiamo bisogno di un po’ di sana utopia comunista. Pensare a una qualche soluzione inspirata al comunismo reale è del tutto privo di fondamento, fuori dalla realtà, ma correggere  il nostro fare quotidiano ispirandosi a principi di umanità e solidarietà tipici del comunismo ideale è ormai una necessita. In questo senso ci aiuta Francesco,  il  papa «comunista». Per carità,  per essere più precisi  Francesco dice : «…..Non ho mai condiviso l’ideologia marxista, perché non è vera, ma ho conosciuto tante brave persone che professavano il marxismo……».  Però papa Francesco ogni volta che può condanna sia la cortina di ferro dei regimi dell’Est sia quella invisibile del capitalismo finanziario, dichiarando una guerra mondiale e scagliandosi contro i nuovi poteri coloniali.  Già  papa Wojtyla sdoganò il marxismo senza assolverlo delle sue colpe, depurandolo dal nucleo materialista e assumendone il metodo analitico, pur  contribuendo in maniera sostanziale alla fine dei regimi comunisti. Francesco è molto più  esplicito e diretto: «Il Nuovo Testamento non condanna i ricchi, ma l’idolatria della ricchezza. Il nostro sistema si mantiene con la cultura dello scarto, così crescono disparità e povertà. Oggi i mercati contano più delle persone: è un’economia malata».

Oggi il comunismo si manifesta nelle nuove forme di antagonismo e di lotta, nella difesa dello stato sociale nei paesi occidentali, contro la programmatica esclusione di interi settori della popolazione dall’attività economica e dalla partecipazione politica, e in relazione ai timori di disastri ecologici.  E così sempre papa Francesco sul capitalismo: «…..Riconosco che la globalizzazione ha aiutato molte persone a sollevarsi dalla povertà, ma ne ha condannate tante altre a morire di fame. È vero che in termini assoluti è cresciuta la ricchezza mondiale, ma sono anche aumentate le disparità e sono sorte nuove povertà. Quello che noto è che questo sistema si mantiene con quella cultura dello scarto, della quale ho già parlato varie volte. C’è una politica, una sociologia, e anche un atteggiamento dello scarto. Quando al centro del sistema non c’è più l’uomo ma il denaro, quando il denaro diventa un idolo, gli uomini e le donne sono ridotti a semplici strumenti di un sistema sociale ed economico caratterizzato, anzi dominato da profondi squilibri. E così si “scarta” quello che non serve a questa logica: è quell’atteggiamento che scarta i bambini e gli anziani, e che ora colpisce anche i giovani…….».

Allora e se diventassimo un po’ comunisti? Non parlo di riesumare il Partito Comunista, non sto dicendo questo. L’idea di un Partito Comunista che cambia per decreto la vita e la testa di milioni di contadini russi, con una decisione dall’alto, non ha nulla a che vedere con la teoria comunista, anzi è una bestemmia. Un’idea dittatoriale dipinta di rosso. D’altro canto, pensandoci bene,  se ci sono le otto ore lavorative, le pensioni, l’assistenza sanitaria e le scuole gratuite, un minimo di legalità, il diritto di voto per tutti e le ferie pagate, non possiamo certo ringraziare il nostro sistema liberal-capitalistico. Liberiamoci di alcuni grossi fardelli dell’ideologia comunista: la dittatura, l’abolizione della proprietà privata, la negazione della religione, il materialismo ma, contemporaneamente  riappropriamoci dei suoi valori più importanti per cambiare il mondo che verrà. Il capitalismo sembra mostrare per la prima volta in modo chiaro di essere incapace di costruire un mondo basato sul benessere e sulla giustizia sociale; senza sistemi di idee e di valori alternativi sarà destinato ad autoregolarsi ancora a lungo  e, nel frattempo, continuerà a sfamarsi consumando, inevitabilmente, l’ambiente che il signore ci ha consegnato .

                                                                                                       

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