SS Salvatore: la festa dei montellesi
19.06.2016, Articolo di Daniele Marano (da “Fuori dalla Rete” – Maggio 2016, Anno X, n. 2)
Siamo entrati nel periodo delle feste di paese, vere e proprie tradizioni degli irpini, un popolo, il nostro, che fonda le sue radici sulla fede. E’ in questa ottica che possiamo citare la festa madre (insieme alla sagra della castagna) dei montellesi: quella del Santissimo Salvatore.
Il Santuario del Santissimo Salvatore, può essere definito il “tempio dei montellesi”; situato a 954 metri di altitudine s.l.m., sulla sommità di un monte ben visibile isolato dal resto della catena montuosa dei Monti Picentini, il suono della sua campana è inconfondibile per tutta la vallata circostante, durante i mesi estivi.
Per i montellesi “l’andare a suonare la campana“ è culto imprescindibile, una sorta di “rito di preghiera” verso il Salvatore. Posso dire senza ombra di dubbio che non esiste un solo montellese sulla faccia della terra (ove umanamente possibile) che non sia “salito” almeno una volta a piedi sul santuario.
La festa civile e religiosa si svolge in tre giorni (venerdi, sabato e domenica) di solito fine Maggio – inizio Giugno, in particolare il sabato e la domenica ci sono le due processioni (Montella Alta e Montella Bassa) che si estendono lungo tutto il paese dal centro alle zone periferiche, processioni che sono delle autentiche partecipazioni d’affetto (lungo il percorso della processione è possibile notare Montella piena di immagini del Salvatore, case lasciate aperte al passaggio della statua, signore anziane in lacrime che gettano petali di rosa dal balcone, o ancora pellegrini che partecipano alla processione scalzi). Il tutto condito dal canto del Santissimo Salvatore (Volgi la bella fronte) oramai diventato, simpaticamente parlando, l’inno dei montellesi.
Un evento, dunque, che spinge ogni anno, centinaia di visitatori da tutta la provincia, ma soprattutto che spinge i tanti montellesi emigrati a tornare subito al paese nei giorni di festa.
Cosa spinge i montellesi ad affidarsi al Salvatore? La risposta è presto detta. “Era la primavera del 1779 e una siccità che durava ormai da diversi mesi, faceva crescere a Montella e in tutta la popolazione il timore di una grave carestia con le conseguenze che da essa ne sarebbero derivate. In ogni paese, piccolo o grande che fosse, si imploravano con digiuni, penitenze, processioni e sacre liturgie i santi protettori perché allontanassero la tragedia di una possibile carestia. Ma la pioggia non arrivava.
La sera del 25 maggio i montellesi espressero il desiderio di portare in processione la statua del SS. Salvatore dalla piccola chiesetta sul monte alla Collegiata di S. Maria del Piano (la Chiesa Madre). La mattina seguente circa trecento persone, con gli arnesi più disparati, si misero al lavoro per sistemare la strada, poco più di un viottolo. Afflitti dalla sete, ricorsero alla poca acqua che si trovata nella “cisterna” adiacente la chiesa . Ma quell’acqua, che era così poca, aumentò in quantità tale che tutti si dissetarono. L’evento fece gridare subito al miracolo: infatti, il “palmo e mezzo di acqua” misurato prima che la gente bevesse, aumentò a “palmi quattro”. Due giorni dopo la statua del Salvatore era nella Chiesa Madre esposta tra le statue di S. Maria della Libera, San Giuseppe e San Rocco, patrono di Montella. La sera del 30 maggio, mentre la gente pregava nella Chiesa Madre davanti al SS. Sacramento, la tanto sospirata pioggia cadde copiosa”.
Ecco spiegato, quindi perché, ogni singolo montellese si prostra a piedi del Santissimo e lo onora ogni anno. Chiedere una grazia oppure partecipare con stima immensa alle su citate processioni è per il montellese il porto sicuro dove rasserenarsi, il rifugio costante dove tenere a bada le preoccupazioni.
E poi la posizione strategica del santuario: sembra guardi Montella e la difenda da ogni avversità dall’alto.
Montella e il Santissimo Salvatore dunque, da sempre e per sempre binomio inscindibile.