Bagnolesina, ieri e oggi
06.06.2016, Articolo di Angela Frasca (da “Fuori dalla Rete” – Maggio 2016, Anno X, n. 2)
Parlare di crisi e tempi difficili è ormai diventata un’abitudine, “c’è crisi” è lo slogan che corre sulla bocca di tutti, una sorta di mantra che forse a qualcuno, comincio a credere, dia sicurezza. “C’è crisi” è il motto più sentito sulle spiagge, nelle pizzerie e nei centri commerciali, tra un acquisto e un altro, tra une cenetta e l’altra…proviamo a chiedere ai nostri nonni se i tempi che stiamo vivendo sono davvero tempi difficili! Ogni epoca ha indubbiamente le sue difficoltà. La società attuale è vittima di un capitalismo sfrenato, che ha stremato l’economia e mescolato valori, che ha fatto della nostra vita un consumo continuo, se il bisogno non c’è, ci viene creato dalle innumerevole pubblicità che ci fanno il lavaggio del cervello. Senza voler sminuire le difficoltà sociali ed economiche dei nostri tempi, se paragono la mia vita a quella di mia nonna…beh allora sì che lei ha vissuto tempi ardui, e non mi riferisco solo alla povertà e alla fame, ma alla sua condizione di “femmina”.
“Unu marito, unu Dio” mi ripete sempre mia nonna, nata nel lontano 1930 e sposata per oltre 60 anni con lo stesso uomo, finché la morte non li ha separati.
Come la gran parte delle nostre nonne nate in piena epoca fascista, esse hanno sofferto la fame, la fatica e le umiliazioni legate al loro ruolo nella società del tempo. La donna tipo era praticamente sottomessa al marito, non le era consentito votare, la suocera e il marito andavano rispettati a prescindere, non poteva studiare, uscire quando voleva o viaggiare. La donna era prigioniera di un sistema maschilista opprimente, il padre prima, il marito poi.
Se è vero che oggi la donna sembra in alcuni contesti merce di scambio, a quei tempi non era da meno. Penso alle “fuitine”, vere e proprie rapine finalizzate a “segnare” la donna violentandone l’intimità, così come si marcavano gli alberi per il legname. Spesso la protagonista di questo folle gesto, la donna prescelta come amante, non era neppure consenziente e si ritrovava imprigionata fino alla morte in una vita che non aveva scelto. Chissà quanta tristezza nel sapersi vincolata ad uno sconosciuto, dal quale avrebbe anche dovuto generare la prole. Chissà quante povere donne hanno probabilmente invocato la morte del loro marito padrone e chissà, forse almeno quando la morte è sopraggiunta hanno provato la sensazione della libertà.
Spesso ci lamentiamo che oggi gli adolescenti rientrano all’alba, non hanno regole, non hanno responsabilità e vivono come se il divertimento e l’apparire conformi alle mode correnti fossero i loro unici obiettivi. In effetti non è poi così falso, ma dall’altro lato, non poter uscire e camminare per strada con il proprio fidanzato, non poter scegliere se sposarsi, se avere bimbi, se studiare o zappare la terra, non avere neanche la libertà di lasciare un marito violento mi sembra un opposto molto più infelice.
Anche la generazione alla quale appartiene mia madre, nata negli anni Cinquanta, ha vissuto negazioni e oppressioni. Le donne erano finalmente ammesse al voto, ma il processo di emancipazione è stato lento e nel frattempo molte hanno continuato a subire le conseguenze di una presunta inferiorità. Le ragazze allora iniziavano a ribellarsi a un sistema che le vedeva esiliate in chiesa e in cucina, a semplici figlie, mogli e mamme. Tuttavia, si andava a ballare ancora di nascosto, quando la digestione non era ancora iniziata, in luoghi non molto confortevoli. Si ballavano i lenti, il twist e il rock ‘n’ roll ma se una donna rifiutava di ballare con un ragazzo, non poteva poi accettare l’invito del secondo: “Mi dispiace, ho già rifiutato!”. Al rientro a casa, spesso erano bastonate, perché prima di lei erano arrivate voci indiscrete sul suo divertimento immorale. Il maschio ovviamente poteva uscire, divertirsi, tradire, ballare ma lei no. L’uomo che tradiva, che aveva rapporti pre-matrimoniali, non era certo tanto immorale quanto la donna che trasgrediva alle regole prestabilite.
Fortunatamente i tempi sono cambiati, tutte coloro che sono nate a partire dagli anni Sessanta hanno vissuto tempi migliori, hanno avuto opportunità diverse, grazie sia al progresso economico sia alla maggiore attenzione verso i diritti della donna. Purtroppo molte sono ancora le donne vittime di ingiustizie e di violenza (spesso domestica) e questo non lo dobbiamo tollerare. Dobbiamo ribellarci a chi crede di poter gestire la nostra vita, a chi vorrebbe scegliere per noi, a chi pensa di poterci usare e umiliare, qualunque sia il ruolo che questo uomo ha nella nostra vita. Lo dobbiamo a tutte coloro che hanno combattuto per renderci libere, ma soprattutto lo dobbiamo a noi stesse.