Cambiamenti climatici, l’industria dello sci se ne faccia una ragione
01.02.2016, Il Fatto Quotidiano.it (di Fabio Balocco)
Si chiamano “tepori primaverili”. Peccato che si manifestino alla fine di gennaio. Il mancato inverno che stiamo vivendo nel nord Italia è un incubo fatto di temperature abnormi e di carenza di precipitazioni. Ma esso non è che la continuazione di quell’annus horribilis che è stato il 2015, di gran lunga l’anno più caldo dall’inizio delle rilevazioni meteo su tutto l’orbe terracqueo, dopo che già il 2014 era stato da record.
Carenza di precipitazioni d’inverno uguale a carenza di neve. Su tutte le Alpi si vedono desolanti strisce bianche in mezzo a distese di erba secca. Ma questo solo dove – e non sono molte le località – le temperature notturne consentono di creare neve finta, altrimenti detta “artificiale”, altrimenti detta “programmata”: ammonta a 70.000 ettari la superficie innevata complessivamente nello spazio alpino. Per produrre tale quantità di neve artificiale servono 280 miliardi di litri d’acqua e circa 1,4 miliardi di kWh – pari al consumo annuo di 350.000 famiglie. Un costo ambientale non da poco.
E’ notizia Ansa del 15 gennaio che la Federfuni Italia, che rappresenta 150 stazioni sciistiche, chiederà al Governo la dichiarazione di stato di calamità per “la difficile quanto critica situazione che moltissime località sciistiche, non solo venete ma anche di altre molte regioni d’ Italia, stanno soffrendo per la perdurante mancanza di neve, elemento questo necessario quanto indispensabile per salvaguardare l’economia delle popolazioni che abitano in montagna”.
Del resto, non è la prima volta che l’industria dello sci chiede alla mano pubblica di venirle in aiuto. In Piemonte è oramai prassi abituale che il governo regionale – pur con i problemi di bilancio che ha – intervenga a coprire i costi dell’innevamento artificiale.
Come non è la prima volta che si definisce “calamità naturale” un fenomeno che è causato dall’uomo. Perché oramai non vi sono più dubbi circa il fatto che noi, sulla nostra pelle, stiamo già subendo le conseguenze di ciò che abbiamo creato: il cambiamento climatico. Magari questo sarà un inverno particolarmente anomalo.
Ne verranno ancora altri con precipitazioni nella norma o giù di lì, ma la tendenza all’aumento delle temperature appare evidente in tutta la sua drammaticità ed altresì inarrestabilità. Se ne facciano una ragione le stazioni sciistiche e si adeguino. Non sarà più sufficiente coprire i ghiacciai con il PVC o trasportare la neve in elicottero.
Oramai nella Valtellina di Bormio si coltivano gli ulivi. Se ne facciano una ragione.