SAGRE – La prof.ssa Berrino: “Ma l’Irpinia coglie davvero l’occasione?”
15.11.2015, L’intervista di Gianni Colucci (da “Il Mattino”)
Da Cracco a Psaniello c’è cibo dappertutto, e la qualità di un’area come l’Irpinia viene fuori alla grande. «Ma l’Irpinia coglie davvero l‘occasione?», la domanda è di Annunziata Berrino, docente di Storia del turismo alla «Federico II» di Napoli, autrice di una «Storia del turismo in Italia» edita da Il Mulino.
Berrino, in migliaia per Sagre in Irpinia, è una moda?
«C’è una tradizione e l’Irpinia vantando una qualità ancora non valorizzata del territorio è logico che va forte. Ma non so se si sta cogliendo l’occasione».
Perche?
«Perché la Campania ha centri urbani come Napoli e Salerno che generano flussi ma non cultura turistica».
Nel senso?
«Che non è detto che si programmino per tempo queste puntate fuori porta e quindi sanno molto di occasionalità: non è detto che siano poi occasione per visitare il territorio, le emergenze culturali».
Non è turismo?
«È escursionismo che consuma un giorno, produce movimento sul territorio e consente alle aziende di operare, creare attività e sostenersi».
Niente altro?
«Accade per la castagna, per il vino, per il tartufo ma non si va oltre. Finanche nelle campagne a sostegno dei prodotti che dovrebbero seguire a questi eventi non c’è riscontro. Non è che si torna nella grande città e si trovano nei supermercati ad esempio: varrebbe per formaggi e salumi. Insomma bisognerebbe esserci un seguito di iniziative per l’olio, il vino e gli altri prodotti del territorio: il territorio lancia il segnale che poi ha seguito con iniziative commerciali di sostegno».
Manca dunque un progetto …
«Manca l’elaborazione di modelli di consumo e cultura turistica che in altre regioni sono suscitatori di economia».
Tipo?
«Le Langhe e la Toscana che assomigliano molto all’Irpinia. Anche se si trovano al centro del vecchio triangolo industriale, dunque hanno un bacino molto ampio».
Quindi siamo perdenti in partenza?
«Tutt’altro. Napoli e Salerno, ma anche Bari il Basso Lazio, sono aree vicine all’Irpinia che si trova in una posizione felicissima: pesca a est e ovest. Soprattutto la Puglia, che sta crescendo moltissimo, può trainare. Bisogna mettere a sistema l’offerta aumentandone lo spessore. C’è un bacino estremamente ampio da conquistare».
Come?
«Se vado in Irpinia e mi limito al consumo del pasto domenicale e non h occasione di incontrare la cultura interna allora è fallita la proposta. Goleto, Mefite, la stessa Montevergine n0n sono vendute bene. Bisogna invece cogliere l’occasione del flusso per comunicare il territorio».
Accade invece che certi appuntamenti culturali o aperture di siti non coincidano con questi picchi di flusso …
È il sistema che manca. Appunto».
Quanto contano le infrastrutture: strade, banda larga …
Un aspetto che un tempo era primario ma oggi non lo è. Lo dimostra la fortuna di alcune località come la Costiera che ha un’accessibilità ridotta che non ne limita la fruizione. Il problema è a capacità di cultura dell’accoglienza e l’omogeneità dell’offerta. Servono informazioni adeguate e operazioni commerciali di sostegno».
La sagra tradizionale sta cambiando forma ci sono meno contributi pubblici e più privati che investono …
«Sta cambiando l’approccio alla sagra e non è stato un mutamento motu proprio. In questo momento l’enogastronomia e per tracimazione del fenomeno, l’Irpinia va. Ma abbiamo dovuto aspettare il boom, magari è una moda che ha rilanciato il territorio che è stato in questo modo riscoperto. Avviene come per il turismo al mare che ha consentito di rilanciare interi territori. Ma nonostante ormai la villeggiatura è scontata , ci sono ancora zone che attendono di essere scoperte e di allinearsi allo sviluppo».