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Dal diario: il terremoto del 23 novembre 1980 (prima parte)

Il trentennale del terremoto dell’Irpinia

(23.11.1980 – 23.11.2010)

Ricordare e raccontare. Avere memoria di quei giorni e di quegli anni per non dimenticare la tragedia, il dolore, la speranza, le aspettative, il disincanto di un popolo. L’associazione culturale “Palazzo Tenta 39”,  nel commemorare il 30° anniversario del sisma che sconvolse l’Irpinia e la Basilicata, pubblica sul proprio sito web alcune testimonianze documentali di suoi concittadini. Il tutto al fine di  stimolare riflessioni analisi e confronto su ciò che è stato e ha rappresentato il terremoto del 1980 per le comunità del cratere. Chiunque potrà intervenire, raccontare la propria storia, manifestare le proprie sensazioni, esprimere la propria opinione.

La redazione

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DAL DIARIO:  IL TERREMOTO DEL 23 NOVEMBRE 1980
– Prima Parte –
(Prof. Giuseppe Dell’ Angelo)
Scritto e pubblicato nel 1990 – 1991

“SOLIDARIETÀ’ E COMPRENSIONE GENERANO GRANDI COSE”

PREFAZIONE – A dieci anni da quel 23 novembre 1980, ho voluto pubblicare queste memorie con l’intento di contribuire a rendere più tangibile, specie a chi, fortunatamente, non l’ha vissuta, l’immane catastrofe che colpì le nostre popolazioni e, nel frattempo, mettere in giusto rilievo lo spirito di solidarietà di cui furono protagonisti, in quei giorni, i nostri giovani.  Un merito, per la ripresa morale e civile, va anche a tutti coloro i quali, sin dai primi giorni della tragedia, mostrarono fiducia nello spirito di iniziativa delle popolazioni dell’lrpinia. Questa semplice testimonianza, inoltre, vuole evidenziare, come le forze sane di questa terra, a qualunque credo politico o fede religiosa appartenessero, siano state il nervo trainante della ripresa e della crescita del post-terremoto.

APPUNTI SUL TERREMOTO

Domenica 23 novembre

Oggi, 23 novembre 1980, è domenica: una domenica come tante altre e nulla fa presagire l’immane disastro che in serata si abbatterà sulla Campania e sulla Basilicata. E’ una giornata autunnale, soleggiata, tiepida, serena. Già’ dal mattino il sole indora i nostri monti, coperti di foglie che l’ autunno ha dipinto di rosso, di giallo, di marrone. Sembra una giornata di primo autunno. I contadini nei campi sono intenti a completare gli ultimi lavori. Gli animali cercano le zone soleggiate per godersi gli ultimi caldi raggi del sole; gli alberi sembrano non voler cedere le loro fronde dinanzi ali’ incalzare del tempo; i boschi sono più belli e più armoniosi con le loro meravigliose tinte che sotto i raggi del sole assumono una rara bellezza per magnificare la grande opera del Creatore. La vita cittadina si svolge nella più completa e rituale normalità. Di mattino nella piazza del paese vi è un via vai di turisti che si recano in montagna per godersi le ultime giornate di sole prima che arrivi il gelido inverno; le giovanette passeggiano a lungo ali’ uscita della messa; i bambini si rincorrono come fanno tutte le domeniche, generando una lieta e gioiosa allegria; i giovani passeggiano e discutono animatamente di sport; c’è chi si organizza per andare a vedere l’ incontro di calcio di serie A : Avellino – Ascoli. La piazza si rianima sempre di più. Poi man mano che si avvicina l’ora di pranzo ognuno torna a casa a desinare.

Appena dopo pranzo si parte per Avellino e lungo il viaggio si fanno previsioni e scommesse verbali sull’esito dell’ incontro. Si parla inoltre di questo o di quell’altro argomento con varietà di idee, ma tutti siamo concordi nell’ ammirare la natura che in questo periodo dell’anno sembra mettere in mostra, ancora di più, la sua varia e straordinaria bellezza.

Tra chiacchiere e battute arriviamo ad Avellino giusto in tempo per l’inizio della partita. Sono con me Chieffo Michele e Renato Volpe. L’incontro ha inizio e si sviluppa in modo appassionante. La partita si conclude con la vittoria dell’Avellino per due a zero. Ci tratteniamo ancora un pò nello stadio in attesa di conoscere i risultati finali delle altre partite. Appena gli altoparlanti danno gli ultimi dati riprendiamo la via del ritorno. Siamo felici e soddisfatti per l’incontro, ma soprattutto per la bella giornata trascorsa tra canti, grida e incitamenti per la squadra del cuore. Facciamo il viaggio di ritorno attraversando ridenti paesi e borgate, ovunque la vita è animata. Queste stesse zone due ore dopo saranno devastate dal sisma. Chi sa quanti di quelli che passeggiavano, ridevano, gioivano, discutevano facevano progetti a sera non ci sarebbero stati più!

Lungo il viaggio e precisamente tra Volturara-Montella si vedono numerosi fuochi: sono foglie secche e asciutte che bruciano. I fuochi assumono varie figure geometriche che attirano la nostra attenzione. Questi fuochi semplici, innocui, pulitori rendono più allegro ed interessante il viaggio di ritorno. Appena giunti a Bagnoli, in piazza, si formano gruppi e capannelli che discutono di questo o di quell’incontro di calcio. Le discussioni si fanno sempre più animate fino a quando non si sparge la notizia che per televisione trasmettono l’incontro di calcio Juventus-lnter. Ecco che, quasi per incanto, si vedono scemare i gruppi, perché ognuno vuole assistere all’incontro. Anch’io ritorno a casa e trovo, mai come questa sera, tutti attorno alla tavola, dinanzi al televisore in attesa di cenare e di vedere l’incontro sportivo.

Il momento tragico.

Inizia la trasmissione e la nostra attenzione è tutta per il bel gioco: non si sente nemmeno lo scricchiolio delle stoviglie. L’attenzione è al massimo, il silenzio è totale; ogni piccolo rumore è evitato, ma ad un tratto da fuori viene un forte boato, un rombo, come il passare di carri armati o di pesanti ruspe. In un attimo il rumore diviene sempre più incalzante e fragoroso. Si avverte un tremolio sempre più tumultuoso, il tavolo traballa, ogni cosa emette un tintinnio, la luce va via, il televisore si spegne, subito mi accorgo che è il terremoto; grido forte: fuori, fuori, trema! Per un istante non riusciamo a renderci conto della gravita della situazione, ma quando vediamo che le pareti sembrano unirsi, le porte cigolare tristemente, il pavimento traballare, gli strilli dei miei diventano sempre più forti. Riesco con grandi sforzi ad alzarmi, mi precipito verso l’uscio della cucina, impiego tutte le mie forze e finalmente riesco ad aprire la porta, spingo mia moglie, mia figlia Antonella fuori, gli altri seguono, prendo mio padre sulle spalle e cerco di uscire nel corridoio, cado, mi rialzo raggiungo le scale e tra salti e cadute esco all’aperto. Trema ancora; le case pare che si uniscano; i calcinacci cadono dappertutto; le grida delle persone si odono sempre più forti, poi, un silenzio di tomba; tutto tace per un attimo, pare che persine i cuori si siano fermati di battere.

Ma ecco che le grida riprendono sempre più forza e sembra che la gente sia impazzita. Si sentono (la mia abitazione è nella parte più alta del paese, contrada S. Martino) grida di ansia, di accertamento, di dolore, ognuno chiama i suoi per accertarsi se siano vivi. Sento immediatamente rumori di macchine con cui le persone si portano alla periferia del paese. Istintivamente alzo gli occhi al cielo la luna che campeggiava rotonda non si vede più, dalla parte bassa del paese si alza un fitto polverone e si sente un acre odore: ecco che la nube si fa sempre più intensa tanto da semioscurare il cielo. Mi porto con i miei nel giardino all’aperto e da dovunque arriva gente in cerca di scampo. Dopo poco siamo una cinquantina e ognuno cerca i suoi e li stringe a sé. Passato quel momento di smarrimento e di terrore ci organizziamo alla meglio accendendo falò e portando le macchine ali’ aperto per ripararci dal freddo. Nessuno osa avvicinarsi alle case, queste sembrano spettri di morte e tombe spalancate, mentre un attimo prima agli occhi nostri erano espressione di affetto e di unione.

Sulle prime nessuno ha voglia di parlare; poi ognuno si chiede: ci sono morti, feriti, distruzioni, pericoli imminenti? Con mio figlio Pasquale mi metto in giro per il paese in cerca di parenti ed amici. Incontro quasi subito i carabinieri della locale stazione i quali mi assicurano che a Bagnoli non ci sono morti, solo dei feriti leggeri. Inoltre mi dicono che non sono riusciti a comunicare con gli altri paesi perché tutti i mezzi di comunicazione sono saltati, ma hanno avuto informazioni da Bagnolesi che al momento del sisma si trovavano nei paesi vicini che, in quelle località, i morti sono migliaia e moltissimi sono gli edifici e le case crollate. Subito il mio pensiero va a Sorbo Serpico, dove ho mia figlia Giuseppina ed altri parenti. Mi preoccupano queste notizie perché colà le case del paese sono vetuste. Torno subito tra i miei e porto le tristi notizie. Mia moglie si mette a piangere e a lume di falò mi guarda in faccia per scrutare i miei pensieri. Mio figlio Pasquale dice: papa andiamo a Sorbo, Pinuccia è là. Sono le ore 20,30: partiamo. Per le strade di Bagnoli è un fuggi fuggì generale con ogni mezzo: le persone si trasferiscono alla periferia del paese. Lasciamo il territorio di Bagnoli e tutti tremanti e frastornati entriamo in Montella ed attraversiamo la parte est del paese, deserto e tutto in rovina. Alcune persone ci dicono che ci sono diversi morti. Ormai le rovine non ci colpiscono più, camminiamo con la sola speranza di trovare tutti vivi a Sorbo Serpico. Affrontiamo la strada che porta a Volturara Irpina attraverso il Passo di Cruci di Montella. La carreggiata della S.S. Terminio è disseminata di massi e spesso siamo costretti a fermarci per aprirci un varco tra le rovine per proseguire. Verso le ore 22 siamo in vista di Salza Irpina (dove due ore prima tornando dalla partita la gente scherzava, rideva, cantava) qui è tutto un cumulo di macerie, non c’è anima viva, fa paura; però piano piano, con cautela, tra pietre e calcinacci passiamo il paese ed arriviamo a Sorbo, dove tutto è bloccato e ovunque ci sono case cadute; lasciamo la macchina e ci precipitiamo a piedi verso casa, incontriamo alcune persone a cui chiedo notizie dei miei e mi dicono che non ci sono stati morti, ma solamente feriti e che mia figlia è andata ad Avellino a fare un pronto soccorso portando alcuni feriti gravi. A sentire queste notizie, mi tranquillizzo, mi sento più disteso. Arriviamo a casa e trovo poco distante i parenti che mi confermano tutto.

La gente è atterrita, inerte, allibita, fuori di sé ed ecco che Pasquale accende il fuoco e alla luce del falò vedo i volti smorti dei presenti; li incoraggio e lì invito con l’esempio a provvedere a proteggersi dal freddo. La buona notizia che tutti stanno bene mi rincuora, ma tremo ancora per mia figlia perché non l’ho vista. Poco dopo riparto per Bagnoli per assicurare i miei che, grazie a Dio, tutte le persone sono salve. Il viaggio di ritorno è più rapido e alle 23 circa siamo di nuovo a Bagnoli. Piangendo abbraccio mia moglie riferendole le buone notizie tra le tante tristi.

Ore 24,30

Arrivano dai paesi vicini e dall’Alta Irpinia le prime luttuose notizie di morti e di immense rovine. Il desiderio di sapere, di conoscere, di portare il mio, anche se modesto aiuto, si fa sempre più forte. Parto con l’amico Chieffo Titino, con il suo camioncino, alla volta di Mercogliano, dove ha la figlia in collegio, assieme ad un’altra studentessa Giangrande Concetta, figlia dell’amico Rocco. Imbocchiamo la strada per Ponteromito-Montemarano-Avellino. Lungo il percorso le rovine sono ovunque immense. Giunti ad Atripalda la nebbia, mista a polvere rallenta la nostra marcia tanto che per percorrere dieci chilometri impieghiamo circa un’ora. Finalmente arriviamo a Mercogliano e lo spettacolo del disastro ci si presenta tutto ad un tratto, ben visibile nella sua reale e cruda realtà, perché la nebbia, nel frattempo si è diradata. Il collegio è parzialmente crollato. Vedo l’amico Chieffo piangere. Subito mi precipito nell’atrio e trovo un pullman dove si erano rifugiate le ragazze tremanti e spaventate, le chiamo per nome e loro piangendo corrono e ci abbracciano. Subito ripartiamo per Bagnoli. Ma appena fuori Avellino incontriamo le prime autocolonne dei vigili del fuoco, provenienti da Prato (Firenze) dirette a Lioni e Teora: sono le ore tre del mattino.

Passiamo per Sorbo Serpico dove abbraccio mia figlia da poco tornata da Avellino e mi racconta le scene indescrivibili vissute all’Ospedale Civile del Capoluogo irpino. Nel frattempo le scosse si susseguono e non si contano più. Arriviamo a Bagnoli, poco dopo fa giorno e il disastro provocato dal sisma mostra tutta la sua opera di morte e di distruzione: case sventrate, chiese in rovina, campanili distrutti, acquedotti fuori uso e la rete elettrica in frantumi. La gente è terrorizzata, guarda il paese con diffidenza. Le zone più danneggiate di Bagnoli sono: P.zza L.Di Capua, Via Bonelli, Via Ospedale, Via Gargano, Via Anisio e D’Aulisio; il Convento di S. Domenico con il cinquecentesco campanile è in parte crollato; il Monastero e la Chiesa Madre sono gravemente danneggiati. Sono crollate le Chiese di S. Lorenzo, quella del cimitero e parzialmente la Pietà, con annesso rifugio. Risultano inoltre fortemente colpiti il Municipio, le scuole elementari di Via A. Frank e la Scuola Media a S. Rocco. Manca un pò tutto: acqua, pane , latte, benzina. I negozi restano chiusi, ognuno ha lasciato la propria attività ed è fuggito al sicuro all’aperto. Le condizioni atmosferiche danno una mano ai soccorritori: la temperatura è abbastanza mite per un periodo autunnale.

Il giorno 24 novembre

A Bagnoli si organizzano i primi soccorsi per i paesi vicini più danneggiati. Le prime autocolonne di giovani muniti di arnesi da lavoro partono per Lioni con ogni mezzo; portano viveri, acqua, pane, latte, carne raccolti tra le famiglie di Bagnoli. Tra i giovani bagnolesi che si prodigano vanno ricordati: Cione Aniello (zuccarella), Antignani Mario da Bonefro, Chieffo Aniello (zilupo), i fratelli Fernando e Gerardo Dell’Angelo, i fratelli Grazia, Giuseppina e Pasquale Dell’Angelo, Gatta Carmine (sceriffo), i fratelli Domenico, Giuseppe e Matteo Russo (cardogna) Gaudioso Pierino, Nigro Filippo (guardia comunale), Nicastro Antonio(zella), Gatta Mario (cippone), Patrone Francesco (Franchino), Parenti Gildo, Russo Rocco (carestia), Chieffo Antonio (zibacco); (mi scuso se qualcuno mi è sfuggito).

Lioni presenta ai nostri occhi un immenso ammasso di macerie. I morti si contano a centinaia e i feriti sono tanti. I soccorsi pesanti arrivano in ritardo per la viabilità inadeguata, per i crolli di ponti e per i tratti di strade scomparsi. Ma, man mano che passa il tempo, arrivano notizie ancora più tristi da Caposele, Calabritto, S. Angelo dei Lombardi, Teora, San Mango sul Calore, Conza, Serino, Solofra, Mirabella, Castelfranci, Senerchia, Morra De Sanctis, tanto per citare alcuni paesi fra i più distrutti. I morti sono migliaia, i sepolti dalla macerie sono ancora tanti, i senza tetto sono centinaia di migliaia. Conza è scomparsa; S. Angelo dei Lombardi, Lioni, Teora, Calabritto, Senerchia, S. Mango sul Calore, Sorbo e Salza sono rasi al suolo.

Il giorno 25 novembre

I miei figli assieme ad altri numerosi giovani si recano a Calabritto, a Lioni, a Caposele, a S. Angelo dei Lombardi. Calabritto viene raggiunto per via Pianomigliato con l’aiuto del Comando Forestale di Avellino e ci appare dall’alto come un grappolo d’uva colpito dalla grandine. Appena arriviamo si scava, si soccorre, si trasportano i feriti, si scavano i morti. Dovunque si ripetono le stesse scene strazianti. I morti si ammucchiano, si mettono in bare improvvisate e spesso si sotterrano in fosse comuni. Si recuperano effetti personali e consegnati alle forze dell’ordine. In mattinata viene a piovere e così si scongiura il pericolo di epidemia ma la pioggia rallenta i soccorsi. Le strade si trasformano in torrenti di acqua e di fango. I mezzi pesanti: ruspe, scavatoi, palemeccaniche, camion spesso si bloccano all’ingresso dei paesi perché i crolli di case hanno ostruito le strade. I mezzi si aprono varchi tra le macerie e purtroppo qualche corpo esanime scompare maciullato dai mezzi pesanti. I morti si ammucchiano spesso nelle piazzette, in attesa che arrivino le bare o i parenti per il riconoscimento: ma purtroppo, spesso, non arrivano né le une né gli altri, e i morti si seppelliscono senza essere riconosciuti.

I soccorsi in viveri ed indumenti arrivano da ogni parte d’Italia. Spesso i soccorritori vogliono distribuire di persona gli aiuti perché non si fidano, (errore grave) delle autorità e dei centri di soccorso allestiti. Questa diffidenza è alimentata da alcune parti politiche, provenienti dalle regioni dell’Italia Centrale. Si tenta di innescare la speculazione politica ma spesso gli attivisti di sinistra restano delusi perché le popolazioni reagiscono democraticamente. I soccorsi dallo Stato arrivano in ritardo: un pò per la disorganizzazione centrale, un pò per quella periferica provinciale, ma soprattutto per mancanza di grandi vie a scorrimento veloce. L’Alta Irpinia è servita dalla sola via nazionale Avellino-Montemarano-Lioni-Teora, mentre la Castelvetere-Chiusano è chiusa per lavori di ammodernamento. Ora il PCI si strappa i capelli perché la superstrada Ofantina Bis da loro boicottata non è ancora completata: è ferma a Lioni. Forse se questa grossa arteria fosse stata in esercizio le vittime sarebbero state certamente di meno!

Il giorno 26 novembre

La neve incomincia a cadere su tutta l’lrpinia e nel Potentino: i disagi dei senza tetto diventano sempre maggiori. I soccorritori rallentano la loro opera: si lavora in un mare di fango con temperature sotto zero. Il freddo paralizza ogni slancio; i servizi logistici diventano sempre più caotici, gli anziani e i bambini sono colpiti da malattie respiratorie. La situazione diventa sempre più drammatica ed incontrollabile. A Bagnoli i camionisti si mettono a disposizione delle autorità per il trasporto gratuito di legna da ardere per i paesi più colpiti. Vanno segnalati i seguenti camionisti che misero a disposizione i loro mezzi gratuitamente: Di Mauro Francesco, Meloro Raffaele (citiello), Nigro Antonio (fuluppone), Rogata Nando (friddinando), Tammaro Rocco (segatore), Nigro Pasquale (la leggia), Spagnoli Giuseppe.

Un gruppo di volontari, sotto la neve, si reca in montagna per caricare gli automezzi di legna da portare nei paesi della valle dell’ Ofanto e del Sele. Nessuno si sottrae a questo slancio di solidarietà. A Teora il mezzo su cui viaggio, dopo aver scaricato la legna, viene bloccato dalle autorità locali ed è adibito, (l’autista è Francesco Di Mauro) fino a notte inoltrata, al trasporto delle bare al cimitero. Ritorniamo a Bagnoli stanchi, infreddoliti, affamati, fradici di pioggia, ma contenti per aver dato una mano per alleviare le sofferenze di queste popolazioni. Una squadra di giovani di Bagnoli da due giorni è a Calabritto per il recupero di beni personali e dei registri comunali; altri inventariano ciò che resta dell’archivio della pretura.

CONTINUA …

                                                                                                       

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