La provincia che non vedete …
29.06.2015, Recensione al corto di Martin Di Lucia (di Federico Lenzi, da Fuori dalla Rete – Giugno 2015, Anno IX, n.4)
Prosegue la nostra serie di recensioni alle produzioni di Martin Di Lucia. Questa volta abbiamo parlato con lui del suo ultimo cortometraggio: “La provincia”, che affronta una nuova tematica improntata sul sociale dal consueto punto di vista alternativo.
“La provincia” è il racconto dell’Irpinia senza filtri, è il racconto realista e senza illusioni, è la messa a nudo dell’amara attualità… E’ la distruzione dei luoghi comuni, è il punto di vista dell’osservatore disincantato che guarda dal suo angolo la realtà che ci circonda… “La provincia” è quello che tutti sappiamo, ma che non si può dire…
Nel corto vengono toccati in maniera esplicita tutti i temi tabù di questa terra. Il filmato è stato realizzato con tante piccole clip da pochi secondi e varie inquadrature, ognuna dedicata a un concetto o ad un tema specifico. Si tratta di un lavoro che ha richiesto mesi di produzione in giro per l’Altirpinia: dalla vecchia “Ofantina”, alle interponderali tra le montagne, fino alle pale eoliche tra i campi di grano. Nel selezionare i luoghi si è preferito concentrarsi sull’ordinarietà e sulla monotonia, la bravura è stata proprio ricavare bellissime immagini dalle brutture di una terra che non è mai riuscita ad andare oltre il sisma del 1980. Una terra che dà le spalle al futuro guardando ancora a quel 23 novembre 1980. Una terra dove la ricostruzione mai finita è quella di una società. Società fragile in una terra di mezzo che ostenta orgogliosa un’identità, mentre in fin dei conti sta solo nascondendo dietro ad essa le sue debolezze. Un posto dove il cambiamento è a ogni elezione e dove la rinascita è in ogni politico, ma alla fine nulla può e vuol cambiare l’inesorabile corso della vita irpina.
Tutto inizia dalla natura della “verde Irpinia” con una casa che affiora tra i campi: simbolo della costruzione selvaggia di orrende casette in cemento in qualsiasi lotto edificabile. Emblema di una terra che vuol vivere d’edilizia, che viene mangiata dall’edilizia mentre gli abitanti vanno via. Questo lo confermano anche le seguenti scene dove tra un filo della corrente staccato e una strada desolata, va in scena la solitudine spirituale e reale di chi è rimasto. Si riparte poi da zero, cos’è la provincia? Non è un popolo, perchè ogni zona ha assunto il dialetto della provincia confinante e una denominazione/identità propria. Non è neanche un posto unito, visto che l’incuria in cui versano le vie di comunicazione favorisce l’isolamento di molte comunità. Non è neanche una linea su una mappa, visto che alcuni paesi passano da secoli da una provincia all’altra. E’ una terra astratta, dove un cartello ti dice “Benvenuto” e mille altri ti dicono vendesi, ti dicono che chi può svende questa vita per costruirsene una migliore altrove. Quel “benvenuto” significa che alla fine nessuno vende e allora abbandona pur di fuggire… e allora quel cartello si legge “vaffanculo” per chi ci vive, per chi ci è nato e per chi non si è mai sentito il benvenuto. Quel cartello è la sintesi di tutte le bugie che questa terra si racconta mentre esala l’ultimo respiro.
La clip successiva passa al cuore delle questioni, passa all’immagine genuina e tradizionale a cui ci sforziamo di credere e che quotidianamente distruggiamo. Nessuno ama l’Irpinia, nessuno ama questa terra, nessuno se ne frega davvero di questa terra: è una lotta per la sopravvivenza tra ultimi e allora chissene importa dell’ambiente? E’ Irpinia la spazzatura gettata ai lati delle strade, è sempre Irpinia quella terra dove alla natura si affianca l’immancabile sacchetto di menefreghismo indifferenziato con un pezzo di fabbricato in amianto. Si percorre poi la nuova Ofantina, il simbolo del progresso, l’orgoglio di questa terra, ciò che ci rende migliori della Lucania. Scorre quel nastro nero d’illusioni e promesse elettorali, quel nastro nero di mai più, quel nastro nero di vite spezzate costruito senza nessuna logica e senza nessun criterio. Una strada che doveva essere il futuro progettata peggio di un circuito, una strada che è un mazzo di fiori ogni mezzo chilometro e il dolore di chi resta per ricordare nel cambiare periodicamente quei fiori. S’inquadra l’Ofantina, l’unica via di uscita da questa terra, mentre si perde il controllo e la vita è solo un attimo… Viene poi una strada di campagna e quella civiltà contadina di stenti e sacrifici, di sofferenze e privazioni, che oggi rivive come un mondo a sè. Un mondo idealizzato e felice, nel quale ci si rifugia e nel quale si vuol tornare per non affrontare la realtà. Vogliamo ritrovare quelle origini a cui non torneremo mai, perchè quello che ci stiamo raccontando non è mai esistito. La provincia è anche l’industrializzazione in mezzo ai campi, quell’industrializzazione fantasma che nulla ha cambiato in questa terra… ma che ognuno di noi sa a cosa è servita quando non può bere l’acqua dei pozzi sottostanti. La provincia è l’industrializzazione che regala sogni di gloria oggi, ma chiude domani. E’ quella parola servita a molte cose in Irpinia, ma non a creare benessere. La provincia sono quelle cose che ci sono sempre state e che non abbiamo mai usato, ma che rimpiangiamo appena ci vengono tolte. Sono quelle cose come la ferrovia abbandonata tra vandalismo, erba e bottiglie di birra; quella ferrovia che serviva a dare solo il tocco finale di malinconia mentre al tramonto una littorina lentamente entrava nella galleria.
La provincia di Martin Di Lucia è quel posto in cui tutti viviamo sognando l’America, in cui tutti viviamo sognando la vita… ma alla fine nessuno di noi sta vivendo, stiamo soltanto bruciando lentamente tra un pacchetto di sigarette e la serie A al bar. Siamo quella gente che non è mai stata a casa dove è nata e che si accontenta di sognare la città in quel grigio ammasso di cemento e centri commerciali che soliamo chiamare in questo modo. La provincia, in fin dei conti, sono quei pullman che annaspano tra i tornati di paesini spopolati trasportando rassegnazione e sogni infranti. Sono quella partenza bestemmiata che dura ore e ore per portarti sempre al punto di partenza.Siamo quelli che sono sempre pronti ad andare via, perchè non hanno il coraggio di andare da nessuna parte. Quelli che partono, ma che devono subito tornare perchè il vero viaggio lo faranno raccontando agli amici una vita idealizzata vissuta in un weekend a Londra. Irpinia è viaggiare il mondo, eppure star sempre qui a raccontarcelo…
Negli ultimi secondi, in un tramonto, scorre la profonda riflessione che ha attraversato tutto il video, scorre una meditazione su ciò che siamo e resta quello spettrale messaggio che sarà già passato mille volte nella mente dello spettatore. Il problema siamo noi, la depressione di questa provincia siamo noi, la solitudine di queste valli sono le nostre scelte… questa terra è ciò che siamo e ciò che abbiamo rifiutato, è noi stessi che ci rifiutiamo tra le nostre disillusioni. La provincia è una gioventù che ha deciso che qui non c’è nulla per lei, una gioventù disinteressata e distaccata tra una politica sociale per anziani e un panettone sempre per anziani. La provincia siamo noi senza un domani e senza un futuro, che abbiamo perso le speranze di sognare… Il disagio giovanile è il vero problema dell’Irpinia, è quel disagio che silenziosamente uccide nella quiete dei paesini, è quel disagio che scorre giù il sabato sera tra alcolici e fumo. E’ quel divertimento ostentato di una generazione di transizione tra due epoche mentre si compie la storia, è quel problema mai accennato che è degenerato dopo tutti questi anni di crisi e con l’abuso dei social network. E’ quello giovanile il vero problema di questa terra, è il lento distaccamento da una terra che sta sparendo. E’ un pacco di contraccettivi su un paesaggio irpino, perchè non ci sarà un domani e non ci sarà nessuna provincia. Ormai si sogna la rivoluzione sui social tra una citazione e un selfie nel cesso; ma le strade sono vuote, nessuno ha voglia di fare e chi lo fa molto spesso è solo un arrivista. La provincia siamo noi con le nostre paranoie e le nostre illusioni, siamo noi che abbiamo fumato anche il nostro spirito d’iniziativa… siamo noi che ci siamo abbandonati a noi stessi, sognando di scappare dalle nostre prigioni interiori… siamo noi responsabili delle nostre scelte… siamo noi la provincia che muore..
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Bravo Martin, che bello il tuo corto…. Con poche immagini e suoni appropriati hai detto tanto di più dei fiumi di parole che, tutt’ora, ascoltiamo nella nostra beneamata “provincia”.