Il Pd, la minoranza interna e l’Italicum
27.04.2015, Osservatorio politico (di Michele Gatta)
Diversi giorni fa ho avuto modo di leggere un articolo scritto e pubblicato dall’amico Gennaro Cucciniello sul proprio sito web riguardante il Partito Democratico nazionale. Ritengo il contenuto dello stesso estremamente condivisibile. Sostanzialmente in quell’editoriale si mettono in evidenza alcune contraddizioni che sono emerse negli ultimi mesi nella minoranza del Partito Democratico sul tema della legge elettorale che in questi giorni è in discussione alla Camera dei Deputati: “L’Italicum”.
Una legge che ha visto diverse correzioni nei mesi scorsi e che, dopo l’ultimo “via libera” del Senato di gennaio, è approdata alla Camera per essere definitivamente approvata. Un po’ tutti gli italiani sanno che questa legge è stata concepita da un’ intesa fra il premier Matteo Renzi e Berlusconi, e con la condivisione di Area Popolare e Scelta Civica. Legge “nata” nella sede del PD e per questo definita “figlia” del cosiddetto “Patto del Nazareno”. Potremmo passare, se la situazione evolve positivamente, dal “Porcellum”, ritenuto incostituzionale, all’Italicum.
I fautori della nuova legge ritengono che con essa si determinerebbe in maniera inequivocabile chi ha vinto e chi ha perso già alla fine dello spoglio delle schede. Ma anche l’Italicum lascia, in diversi osservatori, qualche perplessità. Non mi soffermo sulle tesi che i partiti d’opposizione portano in difesa della loro contrarietà. Rientra nel gioco democratico che vede i suddetti partiti ricoprire strategicamente le vesti di coloro che devono ostacolare, a prescindere, le decisioni politiche prese dalla maggioranza governativa (sebbene siano già intervenuti diversi aggiustamenti sulla legge, arrivati dalle varie parti politiche).
Questo ruolo, a dire il vero, non dovrebbe essere riconosciuto a “Forza Italia” che, solo qualche mese fa, ha dato il suo consenso alla stesura stessa della legge deliberata dal Senato della Repubblica. La suddetta forza politica giustifica la propria “retromarcia”, additando al PD (di Matteo Renzi) la responsabilità di aver rotto un (eventuale?) accordo di condivisione per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Obiettivamente immagino che quest’argomentazione portata avanti da Silvio Berlusconi sia stata già contestata da una parte della sua dirigenza come un’ingenua e strategica giustificazione che mette lo stesso Berlusconi in una condizione di evidente difficoltà. Ma come, dopo tanti “dietrofront” che lo stesso Berlusconi ha fatto nel passato oggi è lui ad essere stato “beffeggiato”? Gli ultimi sondaggi (per quelli che valgono) danno Forza Italia oscillante fra il 12 e il 13 per cento. Una catastrofe!!! Per di più Berlusconi si è autoescluso a essere definito Il “padre” delle riforme politiche e costituzionali (qualora andassero in porto) e di cui lui andava fiero fino a qualche tempo fa. Pensate un po’…
Ma le mie attenzioni sono rivolte soprattutto alle posizioni assunte in questi mesi dalle minoranze del Pd, e tra questi i “riformisti” che intendono osteggiare la nuova legge elettorale votata a stragrande maggioranza dal loro stesso partito. Paradossalmente, uniranno il loro voto a quello dei deputati di Forza Italia, della Lega, di Fratelli d’Italia, del M5S, di Sel, anche a rischio di far cadere il governo e di andare alle elezioni anticipate con il Consultellum (il proporzionale puro deciso dalla Corte Costituzionale) con tutto lo scatafascio che ne potrebbe conseguire.
Sarebbe il caso che gli attuali parlamentari della minoranza del Pd non dimenticassero il periodo immediatamente successivo alle elezioni politiche del 2013. In quella occasione, per imperdonabili errori politici commessi nella campagna elettorale, non si vinsero le elezioni, e con il successivo “suicidio” che lo stesso partito mise in atto per l’elezione del Presidente della Repubblica, si dette una visione di un partito al collasso. Un Pd che dal 25% di voti usciti da quell’esito elettorale (obiettivamente una non vittoria), passava, secondo alcuni sondaggi di quel tempo, in poche settimane, di poco sotto al 20%!!! Una vera disfatta…
L’amico Gennaro Cucciniello nella sua analisi ed excursus riguardante l’attuale atteggiamento della minoranza Pd evidenzia, fra l’altro, quanto segue: ”… Nel dicembre 2013 si sono svolte le primarie congressuali del Pd, dopo le dimissioni di Bersani, in seguito alla vittoria-non vittoria nelle elezioni politiche del febbraio 2013 e alla nascita conseguente del governo Letta, fondato sulla coalizione obbligata con Forza Italia. Renzi vinse nettamente quel congresso col 68% dei consensi di quasi 3 milioni di cittadini, e le vinse con un suo programma che poi –da segretario- sta cercando di realizzare. Dovrebbe esserci una logica stringente in un partito che si dice democratico e che –per di più- si proclama erede di gloriose tradizioni di sinistra: gruppi o coalizioni di forze e di personalità, che sono portatori di idee e interessi e che –in una battaglia congressuale- sono stati sconfitti, dovrebbero accettare la sconfitta e prepararsi –con lo studio teorico e con l’impegno nella prassi- a vincere nella prossima sfida del 2017, collaborando nel frattempo lealmente col vincitore, discutendo legittimamente ma non sabotando i tentativi di realizzare i punti programmatici approvati da quasi due milioni di cittadini e che faticosamente si stanno traducendo in pratica in un quadro di difficile coabitazione con un partito di centro-destra, alleanza obbligata dagli esiti di una elezione che proprio la segreteria Bersani aveva nella sostanza perso. Evidentemente quel congresso non è mai finito. Civati e Cuperlo (32% dei voti congressuali) e tutti i parlamentari che li affiancano non hanno accettato, nella sostanza e al di là delle dichiarazioni, i risultati del congresso del 2013 e vogliono utilizzare qualsiasi pretesto per rovesciarli. Quel congresso non è mai finito. Non si vuole accettare la legittimazione data al vincitore da primarie finalmente competitive e si vuole ritornare a forme di cooptazione correntizia, imposte persino col ricatto apertamente proclamato. Diciamola tutta: gli oppositori non si aspettavano che Renzi vincesse la competizione con quel risultato schiacciante; prefiguravano invece sì una vittoria di Renzi ma con uno scarto minimo, poco più del 50%. Questo avrebbe consentito un governo contrastato del partito e una possibilità seria di continuare a impaludare la scommessa del rinnovamento. Tra l’altro, come mai un Civati o un Fassina o persino un D’Attorre corrano il rischio di scivolare nel macchiettismo politico quando, tra una manifestazione e l’altra di protesta, ricercano con assiduità stampa e tv per le loro infiammate dichiarazioni di dissenso alle quali non fanno seguire i fatti? Non sarà perché questi personaggi cadrebbero nell’irrilevanza –anche mediatica e non solo politica- se facessero parte, per esempio, di Sel o di Rifondazione, e non di un partito che è diventato l’architrave del sistema di governo del paese? …”
Una riflessione conclusiva: ho sempre pensato che la sinistra moderata del nostro paese (o meglio, coloro che oggi la rappresenta) fosse quella parte politica da sempre in prima linea nella difesa dei più deboli e dei disadattati, riformista e sempre attenta a cogliere l’esigenza di rinnovamento della propria classe dirigente.
Oggi nutro qualche perplessità in più. Ho la sensazione che questa parte politica, unitamente ad una parte della rappresentanza sindacale (vedi CGIL), stia perdendo quelle prerogative.
Anche i dati economici usciti negli ultimi tempi, proiettati a confermare il cambio di passo per l’economia italiana ed europea (si è ufficialmente fuori la fase di recessione), sono “artatamente” sottovalutati con affermazioni strumentali e poco reali (che strano!).
Quando tutte queste considerazioni cominciano ad essere denunciate anche da coloro che provengono da quella storia politica, allora o ci troviamo difronte alla più clamorosa fase di autolesionismo o la classe politica odierna, che si richiama alle ideologie e alle istanze della sinistra democratica, non è degna del ruolo che rappresenta o crede di rappresentare…
Il sole 24 ore
Così la Corte Costituzionale nelle motivazioni della sentenza sulla legge elettorale. La Consulta ha depositato la sentenza che il 4 dicembre scorso ha bocciato due punti del Porcellum: l’attribuzione del premio di maggioranza e le liste bloccate.
Penso che l’italicum sia nelle stesse condizioni,il dittatorello di Rignano sull’Arno spera che una volta approvato il PORCELLINO la corte costituzionale impieghi altri otto anni per pronunciarsi.