LibriAmo, le proposte di Antonella Iuliano
11.03.2015, La rubrica (da Fuori dalla Rete – Marzo 2015, Anno IX, n.2)
Cari lettori di LibriAmo, un nuovo anno inizia per il nostro giornalino “Fuori dalla rete” ed io ho pensato di introdurre qualche novità per rinnovare la mia rubrica di consigli letterari. Il primo cambiamento riguarda il titolo, infatti d’ora in avanti si chiamerà “Le proposte di LibriAmo”; lo scopo è quello di portare alla vostra attenzione più di un titolo valido che spero sempre entri a far parte delle vostre belle librerie. Ebbene, per questo primo numero del 2015 ho pensato di scegliere quattro letture a tema e visto che soltanto il mese scorso si è commemorato il 70esimo anniversario della fine dell’Olocausto, il tema alla base delle letture che andremo a conoscere è la Shoah. I libri che vi invito a leggere sono: La memoria dei fiori, un diario ritrovato ad Auschwitz nel 1945 da un medico dell’Armata Rossa e appartenuto ad una dolce ragazzina, Rywka Lipszyc, vissuta in uno dei ghetti più tremendi d’Europa, Lodz, in Polonia. Dopo più di sessant’anni dal ritrovamento questo diario è stato tradotto e pubblicato e oggi è una preziosa testimonianza che la Garzanti ci ha permesso di leggere. Si tratta della mia lettura più recente e credetemi se vi dico che vale davvero la pena leggerlo. La seconda lettura che vi propongo è il romanzo di Ruta Sepetys, Avevano spento anche la luna, un’altra pubblicazione Garzanti di qualche annetto fa e che, sebbene non parli di campi di concentramento nazisti e di ghetti, tocca una parte della storia di quegli stessi anni ma sconosciuta a molti, ovvero la deportazione nei Gulag del popolo lituano da parte dei sovietici. Questa crudele narrazione avviene attraverso la storia di un’altra ragazzina, Lina, che si ritroverà a dover sopravvivere nell’inverno artico, per la sola colpa di esistere. Il terzo libro, L’isola in via degli uccelli di Uri Orlev e il quarto Il piccolo burattinaio di Varsavia di Eva Weaver sono letture adatte anche a lettori giovanissimi, in età scolare e sono entrambe storie ambientate nel ghetto di Varsavia, in Polonia.
Di seguito potete trovare le trame approfondite.
Antonella Iuliano
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La memoria dei fiori – Il diario di Rywka Lypszyc
“A volte penso che la vita sia una strada buia. Su questa strada crescono fiori delicati. Sono fiori sofferenti, che non riescono a respirare per colpa dei rovi. Ai fiori non resta altra scelta che diventare a loro volta rovi o camminare in silenzio in mezzo alle spine. Non sempre ci riescono, ma quando accade si tratta di un vero e proprio miracolo. E questi miracoli li compiono ogni giorno gli ebrei che sopportano in silenzio la sofferenza in vista di un fine più grande. Penso che la vita sia difficile, e bellissima.”
È l’aprile del 1944, l’ultima neve del lungo inverno polacco attanaglia ancora le vie del ghetto di Łódź: i fiocchi candidi scendono sulle nere e informi divise degli operai ebrei che lavorano per i nazisti. Ma c’è un fragile fiore che, in questo paesaggio desolato, con tutta la forza cerca di sbocciare. Rywka Lipszyc ha solo quattordici anni. Ogni giorno deve farsi strada tra le recinzioni di filo spinato, incalzata dalle armi dei soldati e dagli ululati laceranti dei cani. Dopo la morte dei genitori, è lei a prendersi cura della sorellina Cipka. La sua città, la casa che tanto amava, gli amici di scuola, sono ormai un pallido ricordo; al loro posto ci sono il lavoro, il freddo, la fame, gli orrori del ghetto e della segregazione. In mano Rywka stringe l’unica cosa che è rimasta veramente sua: il suo diario, l’unica illusione di speranza e di salvezza da un nemico che, semplicemente, vuole che il suo popolo smetta di esistere. In queste commoventi pagine prende vita il ritratto di una bambina costretta ad affrontare l’impossibile compito di diventare donna in un mondo dominato dalla violenza e dall’ingiustizia. Ma Rywka deve resistere. Per sé stessa, per la sua famiglia, per le tante persone che, a rischio della loro stessa vita, ogni giorno le offrono aiuto. E l’unico modo per resistere è non smettere di sognare: la libertà per sé e per Cipka, una casa, un piccolo studio avvolto dall’ombra della sera, una penna, qualche foglio bianco per coltivare la sua più grande passione, la scrittura. Sogni che le danno la forza, nonostante la sofferenza che la circonda, di emozionarsi per il ritorno della primavera, per la lettura di un libro, per il calore di un sorriso che arriva inaspettato. Ritrovato nella primavera del 1945 tra le rovine dei crematori di Auschwitz, il diario di Rywka Lipszyc è stato pubblicato per la prima volta negli Stati Uniti nel 2014, suscitando un’intensa ondata di commozione e interesse. Nulla, invece, si sa della sorte della piccola Rywka, se non che è sopravvissuta – forse solo per pochi mesi – alla guerra. Questo diario, documento di inestimabile valore storico e umano, è oggi l’unico modo di conoscere il più drammatico frammento della storia della sua vita, e di ascoltare la sua voce mentre si unisce al coro delle testimonianze dei sopravvissuti all’Olocausto.
Avevano spento anche la luna
di Ruta Sepetys
“Mi immaginai un tappeto che veniva sollevato e un’enorme scopa sovietica che ci spazzava sotto.”
Lina ha appena compiuto quindici anni quando scopre che basta una notte, una sola, per cambiare il corso di tutta una vita. Quando arrivano quegli uomini e la costringono ad abbandonare tutto. E a ricordarle chi è, chi era, le rimangono soltanto una camicia da notte, qualche disegno e la sua innocenza. È il 14 giugno del 1941 quando la polizia sovietica irrompe con violenza in casa sua, in Lituania. Lina, figlia del rettore dell’università, è sulla lista nera, insieme a molti altri scrittori, professori, dottori e alle loro famiglie. Sono colpevoli di un solo reato, quello di esistere. Verrà deportata. Insieme alla madre e al fratellino viene ammassata con centinaia di persone su un treno e inizia un viaggio senza ritorno tra le steppe russe. Settimane di fame e di sete. Fino all’arrivo in Siberia, in un campo di lavoro dove tutto è grigio, dove regna il buio, dove il freddo uccide, sussurrando. E dove non resta niente, se non la polvere della terra che i deportati sono costretti a scavare, giorno dopo giorno. Ma c’è qualcosa che non possono togliere a Lina. La sua dignità. La sua forza. La luce nei suoi occhi. E il suo coraggio. Quando non è costretta a lavorare, Lina disegna. Documenta tutto. Deve riuscire a far giungere i disegni al campo di prigionia del padre. È l’unico modo, se c’è, per salvarsi. Per gridare che sono ancora vivi. Lina si batte per la propria vita, decisa a non consegnare la sua paura alle guardie, giurando che, se riuscirà a sopravvivere, onererà per mezzo dell’arte e della scrittura la sua famiglia e le migliaia di famiglie sepolte in Siberia. Ispirato a una storia vera, Avevano spento anche la luna spezza il silenzio su uno dei più terribili genocidi della storia, le deportazioni dai paesi baltici nei gulag staliniani. Definito all’unanimità da librai, lettori, giornalisti e insegnanti un romanzo importante e potente, racconta una storia unica e sconvolgente, che strappa il respiro e rivela la natura miracolosa dello spirito umano, capace di sopravvivere e continuare a lottare anche quando tutto è perso.
L’isola in via degli uccelli
di Uri Orlev
La seconda guerra mondiale infuria per l’Europa e in Polonia la vita, già difficile per tutti, è per gli ebrei pressoché insopportabile. E Alex è, appunto, ebreo. Sua madre è scomparsa nel nulla e suo padre è stato prelevato dalle SS e fatto partire per una destinazione ignota. Rimasto solo Alex si è rifugiato in un edificio abbandonato, al numero 78 di Via degli Uccelli, e dalla sua isola segreta esce solo di notte, per procurarsi il cibo.
Finché, un giorno, Alex ode delle voci: degli sconosciuti si sono introdotti nel palazzo. Il coraggio, l’eroismo perfino, non sono insoliti in tempo di guerra, ma Alex ha appena undici anni, e la sua è la storia di come la nuda forza di volontà riesca talvolta ad avere la meglio sulla crudeltà e l’ingiustizia.
Il piccolo burattinaio di Varsavia
di Eva Weaver
Mika ha dodici anni quando il cappotto viene cucito. Nathan il sarto lo confeziona per suo nonno nella prima settimana di marzo del 1938. L’ultimo anno di libertà per Varsavia, l’ultimo anno di libertà per Mika e la sua famiglia. E quando il nonno muore, rimane per Mika l’unica eredità in grado di proteggerlo dal gelo e dalla paura. All’apparenza si tratta di un cappotto qualunque, non fosse per le sue tasche che nascondono altre tasche, pertugi e vicoli ciechi. Una ragnatela di luoghi invisibili in cui far sparire i segreti più preziosi, a partire da un intero teatro di burattini di cartapesta dai colori vivaci. Quale migliore sorpresa per distrarre il cugino malato e i vicini, stipati in una stanza mal ridotta, di uno spettacolo di burattini? In poco tempo tutto il ghetto parla del piccolo burattinaio che gira di casa in casa strappando sorrisi anche ai più infelici. La notizia giunge fino ai soldati tedeschi. Fino a Max, un ufficiale che rimane talmente affascinato dal piccolo inventa favole da trascinarlo in un patto terrificante: ogni sera Mika potrà uscire dal ghetto senza incontrare ostacoli, a patto però di recarsi di filato alla caserma delle SS e allestire per loro il teatro di burattini. Se saprà incantarli con le sue storie potrà ritornare ogni notte dalla sua famiglia, altrimenti. Un libro che racconta il cuore fragile della tragedia, la perdita dell’innocenza di un bambino e la sua inesauribile capacità di sognare di nuovo.