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“Noi due soli”, la poesia di Pasquale Sturchio

12.01.2014, Lettura/recensione di Giuseppe Marano (da Fuori dalla Rete – Gennaio 2015, Anno IX, n.1)

NOI DUE SOLI: “Tu ed io! Noi due soli! / C’invidia la gente! / La gente è sola / Noi siamo due! / Il tuo  corpo / di malizia brillante! / Il mio corpo / di piacere tremante! / Avvinghiato al mio il tuo corpo / non è più solo tuo! /Avvinghiato al tuo il mio corpo / non è più solo mio! / Due corpi una sola anima! / Due anime un solo corpo! / Una sola anima un solo corpo! / Solo un corpo  ed un’anima!!! / Tu ed io! Noi due soli! / Non c’importa nulla della gente… / Liberi e lontani dagli altri ! / Gli altri? L’inferno senza scampo!!!

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LA LETTURA

Per il poeta Sturchio, il pudore è un velo lattiginoso appiccicoso di falsità! Per lui l’amore è quello che è o dovrebbe essere per ogni creatura animale, libero dal diaframma sofisticante della parola dono del demone per ingannare gli uomini: il resto è un ciarpame di falsità che il moralismo artificioso presenta come onestà e misura,  variegata filigrana intessuta d’oro falso!

Il poeata non può accettare la falsificazione del sentimento anche e soprattutto quello più vitale irresistibilmente impulsivo dell’amore, perchè più autentico come forza di vita e vita essa stessa irrompente insofferente di ogni freno innaturale ed inquinamento intellettualistico. E’ un grido potente di sincerità ch’erompe del vieto carcere pieno del molliccio asfissiante di moralismi e repressioni che tutta la viscida fastidiosa ragnatela di legami asserpanti vuol dissolvere d’un sacrosanto impeto liberatorio. E’ la poesia-carne che pulsa d’amore irrefrenato quale è quello palpitante alle sue primeve scaturigini al suo primo sospiroso sorso di vita al suo primo affiorare alla luce ch’è una “deflorazione sublimante” della putrida stagnante carceraria oscurità.

Una poesia che fedele e sincera straccia i veli untuosi insudiciati di perbenismo, ed attinge alla palpitante fonte sanguigna dell’amore incontenibile…Insomma Sturchio è un poeta di rottura (può esserlo anche di…quelle!) ma si riscatta con l’anelito alla sincerità! E’ la poesia che gli fa sentire la vibrazione profonda di fulmine imploso! Il lampo apocalittico (=di rivelazione) fa il vuoto candido nella notte immensa e squarcia anche e dilacera di bagliore accecante e dissolve il supplizio sacrilego dei nostri ermetici serrami sigillanti ibernanti la vita dell’anima.

Si arrabbia il poeta perchè deve travestire il suo amore col falso pudore! Insomma lui ha il dono della sincerità poetica noi portiamo consapevoli o inconsapevoli il fardello della …falsità. “Il tuo corpo/ di malizia brillante!/ Il mio corpo/ di piacere tremante/.… è un contrappunto sublime, di apoteosi amorosa! E’ il desiderio negato di una osmosi voluta dalla vita e dalla stessa vita falsificata sofisticata dalle convenzioni stantie della quotidianità: inappagato ed inappagabile anelito supremo alla ricongiunzione reclamato da Platone nel Simposio, degli esseri divisi in due che con la forza inesausta dell’amore anelano il ricongiungimento dopo la perfida sezione-vivisezione operata da Giove invidioso della potenza dell’essere vivente originariamente unitario!

Avvinghiato al mio il tuo corpo/non è più solo tuo!/Avvinghiato al tuo il mio corpo/ non è più solo mio! E’ un cantico d’amore pervaso nelle più intime fibre della sofferenza inesplicabile che si raggruma in una domanda- ganglio dolente: Perchè questa assurda spietatezza? Questa atroce contraddizione della vita riversata come colata lavica sull’uomo? Perplessità assurda che culmina nell’ultima strofa con accenti di imprecazione-invocazione di potenza biblica: NOI DUE SOLI/ Non c’importa nulla della gente…/Liberi e lontani dagli altri!/ Gli altri? L’inferno senza scampo!!! Sono versi che gridano vendetta ad un Cielo impietoso ed implacabile cui piace solo condannare all’atroce disunione almeno nell’ arco perenne della vita.

Giuseppe Marano

                                                                                                       

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