Corrispondenza estate 2014 con Nello Parenti (quarta e ultima parte)
09.12.2014, Il racconto (di Alfonso Nigro)
5 – TUO PADRE E LA BIBLIOTECA VIAGGIANTE
Ma la lettura dei fumetti non mi bastava più, talché, un giorno, fu per me motivo di grande gioia sapere che alla mia ex scuola elementare, era possibile, di sera, leggere, veri e propri libri e romanzi.
S’era dato il caso, se non ricordo male, che tuo padre era venuto a conoscenza di una biblioteca itinerante nei paesi dell’alta Irpinia, allestita dalla Biblioteca provinciale di Avellino, diretta da Salvatore Pescatori, o addirittura, non ci giurerei però, aveva condiviso e collaborato all’iniziativa promossa dal nostro emerito concittadino.
Tra tutti gli insegnanti di Bagnoli, tuo padre fu l’unico a farsi carico della incombenza di pubblicizzare la piccola biblioteca, qualche centinaio di libri, incentivarne la lettura e presiedere personalmente a tutte le attività connesse.
Cosicché, mentre i suoi colleghi si dedicavano, chi al tesseramento nel partito politico di appartenenza, chi alla partitina di ramino o di poker, chi a passeggiare e fare circolo in piazza e chi a godersi l’intimità familiare, il maestro Gildo Parenti, ogni sera e per più di un mese, usciva di casa, attraversava sollecito la piazza e si dirigeva verso la via Nova, senza manco far caso agli amici e colleghi che a quell’ora passeggiavano o si intrattenevano in piazza, presso l’oreficeria di Federico Preziuso e suo genero, Carusieddu, a fianco al bar di Marcapalla. Sapeva di essere atteso a Santu Roccu da ragazzi impazienti di leggere qualche romanzo di avventura.
Si era in autunno, nel mese di settembre o di ottobre, non ne sono sicuro, ricordo però che faceva notte presto, l’aria era fredda e delle volte pioveva persino. Mi pare di vedere, infatti, tuo padre con la coppola, il trench e anche con l’ombrello.
La sera stessa del giorno in cui venni a sapere della biblioteca, trascinando altri compagni, andai alla scuola a Santu Roccu. Salii di corsa le scale e all’inizio del corridoio, sulla sinistra, in un buio silenzioso, vidi che la prima aula era illuminata, l’unica. Dalla porta socchiusa si poteva intravedere, alla luce fioca dell’unica lampada che pendeva dal soffitto al centro della stanza, il profilo di una figura seduta sulla cattedra, intenta a leggere un libro. Vi entrai. Era tuo padre.
Di fronte alla cattedra, nei banchi meglio illuminati della fila centrale, alcuni ragazzi, non molti in verità, sfogliavano distrattamente il libro che avevano davanti, altri leggevano assorti, mentre un altro rovistava dentro un grande contenitore di metallo che si trovava, entrando nell’aula, in uno spazio ricavato con lo spostamento dei banchi della prima fila.
<Bona sera pruussò>, <Buona sera, e voi a quest’ora cosa volete?>, rispose brusco tuo padre, <adesso si chiude>. E infatti, chiuse il suo libro e lo ripose nel contenitore, imitato dagli altri lettori. Chiuse a chiave la <libreria>, raccolse le sue cose, spense la luce e si avviò all’uscita, seguito da tutti noialtri. Il portone della scuola si chiuse pesantemente alle nostre spalle, con mia grande delusione.
<Bona sera pruussò>, <Buona sera ragazzi, a domani, ci vediamo alle cinque, perché alle sette si chiude>, rispose tuo padre, e se ne sagliette pu lu casalicchiu ‘ngimma a la via Nova. Ero incazzatissimo con me stesso, <Che scemu so’ statu, putìa menì prima>.
La sera del giorno dopo, molto prima delle cinque, ero in piazza a <spiare> tuo padre. Appena lo vidi avviarsi verso la via Nova, scesi di corsa pu lu quartu re vasciu e mi feci trovare davanti a lu purtonu re la scola. Ero arrivato prima di tutti gli altri. E così fu per tutte le sere che seguirono.
Ben presto però rimasi l’unico frequentatore della biblioteca, gli altri miei compagni preferirono trascorrere le serate a lu circulu GIAC sotto l’arcu re la ghiesia o andare a giocare a calcio balilla int’a la puteca re Rafaele re Giorgiu re lu cafennuovo a lu vavutonu.
Ciononostante tuo padre veniva a Santu Roccu, solo per me, come rispettoso di un impegno preso. Lui sulla cattedra a leggere il suo libro ed io a scavare nel contenitore sempre nuovi romanzi da leggere, nel religioso silenzio dell’aula, rotto solo dal rumore delle pagine voltate o dai saltuari brevi colpi di tosse di tuo padre raffreddato o dal cigolìo del mio banco ad ogni minimo movimento.
In quei giorni lessi di tutto. Ricordo il primo libro che ho letto, di uno scrittore americano, tale Cooper, che scriveva romanzi per ragazzi sull’epopea degli Indiani e del Far West. Lessi Don Chisciotte, I viaggi di Gulliver, L’isola del Tesoro, Robinson Crosue, i romanzi di Salgari e tanti altri. I romanzi impaginati con figure attinenti il testo, mi attraevano di più.
Una sera tuo padre mi disse: <Nigro, questa è l’ultima sera che la biblioteca resta a Bagnoli>. Rimasi senza parole. Timidamente risposi: <Pruussò ma non potrebbe restare ancora qualche giorno?> Quei libri nel contenitore, non avevo ancora finito di leggerli tutti. <Mi dispiace, ma non si può; anzi devi sapere che sono passati più di 5 giorni da quando dovevo restituire la libreria, perciò domani verranno a prelevarla per portarla agli altri paesi>.
Così dovetti ritornare in piazza a fare la corte a zi Lurenzu Buccino.
Un pomeriggio passò davanti alla biblioteca, mia nonna che mi verette azzezzatu vicinu a la puteca re Parruddonu: <’Nzì, e cche fai qua?>, <Nienti, quiddu nu mu vole rà nu libbru ra legge!>, <Ma chi quiddu, cumma Lurenzu?>, <Si, propriu quiddu!>. <Aspetta nu picca, mo ci parlu io>. <Uè, cumma Lurè, e pecchè nun ci vuoie rà nu “scrittu” a neputumu?>. <Cumm’Angiulì, ma ‘stu guagliuncieddu è tuo nipote?>. <Propriu accussì!>. <Ma non si possono dare libri a minorenni, li rompono, li maltrattano….>. <Ma nu’ ti priuccupà, cumma Lurè, ci abbaru io>, disse mia nonna.
La discussione si protrasse ancora un poco e alla fine mia nonna la spuntò. Forse per una ricotta. <Va bene> disse zi Lurenzu e m’invitò ad entrare nella biblioteca, <scegli quale libro vuoi leggere>. Come il bambino goloso che potendo, sceglie il pezzo di torta più grande, io indicai subito il libro più grande esposto in cima alla libreria, senza poterne leggere il titolo, basso com’ero. Zi Lurenzu lo sfilò dalla fila dentro la vetrina, gli soffiò sopra per pulirlo dalla polvere e lo strofinò al petto, lo registrò nel suo librone dei prestiti, a nome di Gatta Angiolina che firmò per ricevuta con una croce e me lo porse, raccomandandomi di non maltrattarlo: era <Resurrezione> di Tolstoj!
Avevo 12 o 13 anni. Lo lessi in un paio di giorni senza capirne un granché. Da allora grazie all’intermediazione di mia nonna, potevo leggere tutti i libri che volevo. Così lessi <Quo Vadis?>, <David Copperfield>, <Tom Sawyer> e tanti altri, così come mi capitavano. Trascorrevo tutto il mio tempo libero cu Zi Lurenzu che iniziò a prendermi in simpatia e in fiducia, talché mi lasciava da solo a presidiare la biblioteca, quando era costretto ad assentarsi
per sue esigenze private. Inoltre chiedeva la mia collaborazione nella catalogazione e nella sistemazione dei libri, cosa che mi consentì, in breve, di venire a conoscenza di tutti libri che c’erano nella biblioteca e a memorizzarne la collocazione negli scaffali.
Un giorno mi capitò tra le mani un romanzo, appena arrivato: <Tam tam Mayumbe> di Gian Gaspero Napolitano, con protagonista un giovane capitano medico, che negli anni ’30 in Africa cerca di combattere la malattia del sonno, nel Mayumbe, regione del Congo. Me lo ricordo benissimo perché a pagina 67 o 73 di quella edizione (c’era di sicuro un sette) era descritta, con dovizia di particolari, una scopata tra il protagonista ed una ballerina indigena.
La lettura eccitò il mio eros per la prima volta e concorse anche ad imprimere una svolta nei miei gusti letterari. Mi avviavo alla pubertà, avvertivo le prime pulsazioni sessuali, e la lettura e lo studio lasciavano il posto anche alle scappatelle semi innocenti con una mia coetanea compagna di scuola. Con il pretesto di andare a studiare in un posto tranquillo, poiché l’indomani c’era l’interrogazione, il pomeriggio delle belle giornate andavamo int’a lu castignutu re re monache, ‘ngimma a lu scazzamarieddu, dove c’era anche un pagliaio miezzu scarrubbatu.
Lasciavo dietro di me il mondo delle mie fantasie, aumentavano i miei impegni scolastici, ma non dimenticavo i tutori della mia infanzia, il mio maestro adottivo Gildo Parenti e Zi Lurenzu Buccino.
Quest’ultimo, con la mia frequentazione quasi giornaliera, alla fine ebbe anche a volermi bene e spesso mi interrogava su cosa volevo far da grande. Un giorno, conversando con mia nonna, ebbe a dire più o meno: <Certo, cumm’Angiolì, tuo nipote si vede che è un ragazzo intelligente, ma purtroppo questo nella vita non basta> e previde, per me, un avvenire difficile, condizionato dalla mia invalidità permanente. Le sue parole mi rimasero impresse per molto tempo.
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6 – TUO PADRE E LA SQUADRA DI CALCIO
Poco tempo dopo, in un contesto del tutto diverso, incontrai di nuovo tuo padre ed in quella circostanza, si ebbe una ulteriore conferma della gratitudine e della stima che avevo per lui. Da parte sua, tuo padre nel rivedermi, volle anche lui gratificarmi della sua stima o semplice simpatia, memore forse delle serate letterarie passate insieme.
Mi riferisco al periodo in cui tuo padre, oltre agli impegni civici e scolastici, dirigeva l’Associazione Sportiva Vittorio Gatti di Bagnoli e la migliore squadra di calcio che abbia mai avuto Bagnoli: Rafanieddu in porta, Roccu re Frittillinu e Minchillu re Pettinicchiu in difesa, Giginu Songh’è ll’una mediano incontrista, Antoniu Pasciocculu stopper, Aniellu re lu immutu centromediano metodista, all’attacco Iucciu re assure coppa all’ala destra, Cilardinu Lu nivuru all’ala sinistra, mezze ali ‘Ntoniu re Luca e Tuninu Lu pacciu, centravanti Mengu re Zi Lupu.
La domenica quando la squadra giocava in casa, tuo padre, prima della partita, apriva la sede dell’Associazione Sportiva, che si trovava in piazza sotto la casa re Aniellu re paddocula, in un locale ex officina di questi, ancora prima negozio di coloniali, e chiamava a raccolta i suoi giocatori, dava le ultime istruzioni, e quindi apriva re scanseie dove erano riposte le divise: calzerotti rossi, scarpe con tacchetti di legno, sospensori, calzoncini bianchi e maglia rossa con fascia orizzontale bianca sul petto con la scritta azzurra “Associazione Sportiva V.Gatti-Bagnoli Irpino”.
Fuori dell’associazione ragazzi, giovani, adulti e anziani, inneggiavano alla squadra, facevano ressa, volevano entrare per incitare i giocatori alla vittoria. Ma non era loro permesso. Soltanto io, con il tacito consenso di tuo padre, ero l’unico non addetto ai lavori che poteva restarci, perché prelevavo il sacchetto di mio zio Giginu songh’è ll’una (al secolo Rossiello Luigi), e glielo portavo al campo sportivo, in qualità di suo <caddy> o semplicemente <boy>: era il mio lasciapassare per entrare gratis.
Mio zio mi comprava anche, da Carminucciu e Rafaele re Giorgiu una gazzosa ghiacciata della ditta <Faia di Ponteromito>, che andavo a sorseggiarmi sulla <tribuna> arroventata dal sole di luglio, posta sotto la strada che porta a Lacinu. Là, insieme a grandi e piccoli, diretti da Angilonu, ca ferrava li ciucci ‘ngimma a la via Nova, gridavamo in coro a squarciagola <Olio, olio minerale per vincere Bagnoli ci vuole la nazionale> e ancora <Olio, olio minerale per vincere Bagnoli ci vuole la nazionale>, fino a rimanere senza voce.
Quelle partite finivano, invariabilmente, più o meno: 7 a 0 contro Bisaccia, 8 a 0 contro Andretta, 5 a 0 contro Fontanarosa, 3 a 0 contro Gesualdo, 4 a 1 contro Montemarano, ecc. ecc.. Nusco però era la nostra bestia nera. Vinceva sempre a casa sua e spesso veniva a vincere anche a Bagnoli. Per forza si diceva a Bagnoli, ogni volta prima di incontrare Bagnoli vanno a farsi la comunione dal Vescovo che li raccomanda a Santo Amato che, è notorio, ha sempre avuto antipatia per i Bagnolesi che da sempre patteggiano con i monaci.
Grazie alla regia organizzativa di tuo padre e di Vincenzo Bello, lu geometra ‘ncoppa a lu comunu re Vagnulu, primu figliu re Saveriu, scarparu ‘ngimma a lu capalanaru, sotto a casa mia, la squadra di Bagnoli, di successo in successo, ebbe anche occasione di disputare un campionato di <Eccellenza> o addirittura di Promozione Dilettanti, non ricordo bene.
Decisivo era l’incontro con l’odiata Montella. Per questa partita che si disputava a Bagnoli, si volle fare anche un sacrificio economico, ingaggiando giocatori forestieri, di Avellino e Salerno, che militavano in squadre di categoria superiore. Ricordo tra gli altri, tale Massa, portiere, i fratelli Stella, centrocampisti, ed un attaccante di ruolo molto forte, di cui in questo momento non ricordo il nome.
Al grido di <Olio, olio minerale per vincere Bagnoli ci vuole la nazionale>, alla fine del primo tempo Bagnoli vinceva per 4 a 0. Ma il risultato finale fu Montella batte Bagnoli 5 a 4. Cosa era successo nell’intervallo? A Bagnoli c’era il finimondo, peggio di quanto era successo il 16/7/1950 al Maracanà di Rio, quando l’Uruguay battè il Brasile nella finale della Coppa Rimet.
Si scoprì poi che i Montellesi avevano corrotto i giocatori forestieri ingaggiati da Bagnoli. Si era avuto il primo caso di combine nel calcio italiano, e proprio a Bagnoli Irpino, poi. Mi fanno ridere oggi, quelli che il calcio….Tutto il mondo è paese, ed è stato sempre così. Ma questa è un’altra storia……………..