Vendesi, vendesi, vendesi: l’Irpinia è in saldo e non c’è bisogno dello Svimez
05.11.2014, Cartoline dai territori (di Gaetano Alvino, dal sito www..orticalab.it)
Basta parlare con i “sanzani” del posto per capire che a queste latitudini la desertificazione del territorio è già cominciata 10 anni fa e forse il processo si compirà ben prima del previsto.
Porte chiuse, cancelli sbarrati, terreni incolti e cartelli appesi. Vendesi, vendesi, vendesi. E’ l’immagine triste dell’Irpinia in saldo, di proprietà acquistate con sacrificio e oggi svendute al migliore offerente perché andare via, cercare fortuna altrove è necessità maggiore del conservare ciò che si è ereditato o peggio ancora comprato a mutuo non ancora scontato.
Da Montemarano a Lioni, da Flumeri ad Ariano, da Calitri a Bisaccia non c’è bisogno di leggere il rapporto Svimez. Basta parlare con i “sanzani” del posto per capire che a queste latitudini la desertificazione del territorio è già cominciata 10 anni fa e forse il processo si compirà ben prima del previsto.
A Bisaccia, Rodolfo fa notare che con 50.000 euro compri casa e terra, a Montemarano, invece, Luigi dice che ormai le case non le vogliono più “nemmeno i napoletani”, e a Calitri c’è chi addirittura offre il pacchetto “all inclusive”: casa, mobili, terreno e anche animali fino a quando ci saranno i vecchi genitori a badarli.
L’importante è realizzare, perché è nella consapevolezza di chi parte che il biglietto sarà di sola andata.
Non esistono più legami o affetti che tengono. Gerardo, nel bar a Piano Pantano, tra Frigento e Sturno, ammette che è meglio andare via prima che i bambini crescano , altrimenti il rischio è che anche loro si accontentino di quel poco che c’è e rimarranno ad aspettare qualcosa che non arriverà mai.
Chiudere tutto e partire. Non importa se qualcuno prima o poi verrà ad acquistare i sacrifici di una vita. L’importante è rifarsela una vita, rimettersi in gioco, cominciare da capo non nel paese nativo dove forse non si tornerà più nemmeno per le ferie estive.
E’ davvero malinconica questa cartolina dall’Irpinia delle zone interne, che pure negli anni 90 aveva dato un timido segnale di ripresa, di risveglio. Ma tant’è, finiti i soldi del terremoto sono rimaste tante belle casette, qualche capannone vuoto costruito nelle inventate aree Pip e un poco di centri sociali tutti uguali, probabilmente stesso progettista e stessa impresa.
Da queste parti i numeri freddi degli istituti di statistica non servono. La desolazione si misura dall’umore della gente.