Castagne al lumicino in tutta la Campania. La proposta della Cia
15.10.2014, Dal sito www.campanaslow.it
ll cinipide del castagno sta creando danni gravissimi ai castagneti riducendo notevolmente o azzerando del tutto la raccolta. Si stima, infatti, che la produzione di quest’anno sarà del 5% rispetto alle potenzialità produttive. Ma è dal 2008 che le produzioni sono in fase decrescente fino ad arrivare alla quasi scomparsa delle castagne.
Un’emergenza agricola che è anche e soprattutto un’emergenza sociale, minando la sopravvivenza delle numerosissime aziende del comparto che non possono reggere di fronte a un lungo periodo di mancata produzione e alla contestuale necessità di provvedere alla gestione dei castagneti”. E’ la denuncia della Cia Campania contenuta nella lettera scritta al ministro delle Politiche agricole dal presidente regionale e vicepresidente nazionale, Alessandro Mastrocinque.
Tutte le province campane denunciano la presenza del cinipide. Nel 2008 l’insetto è stato introdotto in Campania con materiale di propagazione infestato e le aree colpite inizialmente riguardavano una zona limitata al confine delle province di Avellino, Salerno e Caserta. Poi si è estesa a tutte le province campane e oggi le aree colpite e i comuni interessati sono aumentati in maniera esponenziale. Fino al 2007 la Campania deteneva la leadership italiana nella produzione di castagne con 30mila tonnellate circa prodotte ogni anno (oltre il 50% delle categorie commerciali più pregiate “marroni”).
“L’attività delle imprese è fondamentale per consentire la ripresa produttiva ed evitare i fenomeni di dissesto idrogeologico e gli incendi -spiega Mastrocinque-. C’è poi il rischio occupazionale per le ricadute sull’indotto che occupa circa 2.000 addetti e che fa del sistema agroindustriale campano di trasformazione della castagna il più importante al mondo”.
Le attività di contrasto e ricerca messe in atto negli ultimi tempi stanno producendo degli effetti positivi, ma non ancora sufficienti a poter controllare l’emergenza e tornare ai livelli produttivi ed economici del passato. La Regione Campania ha messo in atto dal 2009 una serie di interventi sia nel campo della ricerca sia nell’ambito delle misure destinate al contenimento e contrasto mediante l’utilizzo dei nemici naturali del cinipide, cioè il Torimussinensis, insetto antagonista del cinipide. Anche il ministero ha potenziato con interventi economici il piano di azioni che ha messo in campo la regione.
“Per queste ragioni riteniamo che questa situazione sia considerata un’emergenza ambientale e non solo, come è già stata riconosciuta, emergenza fitosanitaria. Chiediamo che Ministero e Regione Campania intervengano nel risolvere alcune criticità segnalate da tempo come definire in modo univoco che i nostri castagneti da frutto non possono che essere definiti come castagneti da frutto in attualità di coltura con la perimetrazione dei territori, così come previsto dalla normativa nazionale, modificando la L.R. n. 11 del 1996 di modifica alla L.R. n. 13 del 1987; prendere atto della insufficienza del Piano regionale nell’affrontare la crisi del comparto castanicolo e cambiare strategia e di considerare altre forme di lotta e utilizzo di altri prodotti consentiti in agricoltura biologica, facendo altre opportune verifiche sull’utilizzo del piretro (consentito in agricoltura biologica su tutte le produzioni frutticole fuorché le castagne) in agricoltura biologica”, conclude il presidente di Cia Campania.
Intanto la macchina organizzatrice della “Sagra della castagna” ormai ben collaudata e ben rodata si è messa da tempo in moto. Già da qualche giorno molti si stanno affaccendando a preparare prelibate leccornie a base di castagne, che delizieranno i palati dei numerosi avventori, che come un fiume diramatosi in numerosi rivoli, si riverseranno nelle viuzze del centro storico di Bagnoli. Tutto da prassi se non fosse per un particolare non insignificante , ossia: con quali castagne? Meglio non chiedercelo,o almeno non farlo sapere.
Se ci costringiamo però ad eludere la domanda, non possiamo ignorarne il paradosso intrinseco, vale a dire : piuttosto che festeggiare la castagna in tutte le sue varianti culinarie, vista la disastrosa situazione dei castagneti, dovremmo preoccuparci invece di celebrarne il suo funerale.. Mentre un popolo silenti di infami parassiti aggredisce come zecche avide di sangue i nostri castagni, rendendoli avari di frutti,noi in quei giorni di sagra ci delizieremo con il provolone impiccato, con le pappardelle ai funghi,ed altro ancora, mentre le personalità di turno in quei pochi convegni a tema, si avvicenderanno nei loro interventi con la consueta retorica celebrativa sulla castagna e niente più.. Che gli introiti della sagra vadano a rimpinguare le tasche di baristi, ristoratori, privati è più che legittimo, e che la sagra costituisca occasione di guadagno è nella sua natura stessa. Quest’anno però che i tre giorni della rassegna gastronomica potessero trasformarsi in una vera occasione di serrato confronto, anche aspro, fra produttori(magari costituitisi in comitati, e magari visto il contesto inscenare una vera e propria protesta),altri addetti al settore, ricercatori di alto profilo e rappresentanti di tutti i livelli istituzionali,era un auspicio di molti. Ho il presentimento che così non sarà.
Cronaca annunciata di una occasione sprecata.