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Italia, un Paese da riconvertire

24.08.2014, L’intervista a Pino Preziuso (da “Il Quotidiano del Sud”)

Come ogni anno è qui a Bagnoli il dott. Pino Preziuso, padre locale madre di Roma, ex dirigente ENI e Consigliere del  WEC (Word Energy Council), una delle più grandi organizzazioni sulle energie gassose nel mondo. Ne approfittiamo per trattare alcuni argomenti attuali, come la crisi economica in atto. Tema: “L’Italia, un Paese da riconvertire”.

Che cosa c’è che non va in Italia, un Paese che sino a qualche fa era uno tra i più industrializzati al mondo, ora quasi al di sotto della Turchia e della Spagna, forse della stessa Grecia, che sembra lentamente riprendersi dalla crisi che l’ha colpita?

In Italia occorre procedere ad un processo totale di riconversione. Riconvertire vuol dire cambiare le cose a tutti i livelli, prima tra tutte le riforme che sono l’asse portante del nostro sistema di Governo. Riconvertire, significa anche attuare una razionalizzazione nella Pubblica Amministrazione, cambiare tutti i meccanismi di spesa, ricontrattare i rapporti tra fisco e cittadino, rivedere gli aspetti per quanto riguarda gli investimenti dal punto di vista dell’art.5, quindi le sovrapposizioni che esistono tra enti locali e centrali.

I temi sono tanti. Si ha così la sensazione che la crisi più economica sia politica, per un sistema gestionale della cosa pubblica vecchio. Le riforme questo Governo sta tentando di farle. Però a me sembra che non si possano fare in 4-5. Lei è sicuro che la strada intrapresa da Renzi sia quella giusta?

Il Governo di Renzi è l’ultima speranza per il Paese -come diceva il poeta- quindi va assolutamente sostenuto. E’ vero che le problematiche sono tante e complicate, perché poi vanno a  scontrarsi con altre situazioni pregresse consolidate. Ci vuole, quindi, gradualità nel fare ed una certa esperienza.

E questa competenza c’è?

Per lo meno a livello di intenzione sì, il poi è da vedersi, perché spesso in politica si va avanti attraverso compromessi.

Come la riforma elettorale. Poi quella del Senato, poi magari quella sulla Giustizia ecc. Tutte riforme non condivise dallo stesso PD. Si sta tentando, ecco, ma con quali risultati?

Io sono molto pragmatico nelle cose, penso pertanto che la prima riforma da attuarsi in questo Paese, sia il bisogno di maggiore condivisioni non di rotture. Il secondo è quello di prendere il buono dalle attuali iniziative, pensando che possano certamente essere migliorate: l’importante è fare ripartire la macchina.

Tutti però aspettano riforme fiscali a favore delle aziende, del lavoro, dei giovani, cose che sino ad ora non si sono viste, mentre le imprese si trasferiscono in Carinzia o altrove.

E’ vero, il discorso del peso fiscale è imponente, e per fare ripartire gli investimenti ci vogliono precise regole.

Quali?

Rallentare il patto di stabilità dei Comuni, che potrebbe fare ripartire un sacco di opere, prima tra queste l’edilizia scolastica e la manutenzione dei Beni Culturali. occorre poi utilizzare bene i fondi europei, che noi invece utilizziamo male. Il terzo aspetto che dobbiamo inseguire è l’uso delle nuove tecnologie. L’Italia può trovare un nuovo modello di sviluppo industriale se si affranca dal passato, quell’impiantistica pur necessaria degli anni 60, e si immette sulla strada del nuovo a partire dalle rinnovabili, al motore elettrico, all’uso del gnl, ad un uso più corretto dell’energia elettrica. Le linee sono tante, anche se dobbiamo procedere…”passo dietro passo”.

Passiamo adesso alle problematiche che investono il Sud dell’Italia, un argomento che ogni Governo si pone e poi dimentica. Anche Renzi in questi giorni è andato al sud, prima Reggio Calabria poi Napoli, ma sembra che l’accoglienza non sia stata delle migliori. Anche per il Sud, lei, cosa vorrebbe cambiare perché questo pezzo d’Italia sia pari al nord?

Il nostro Paese è sempre stato incapace di affrontare le questioni al momento giusto, preferendo rinviarle. Questo è un po’ come mettere la polvere sotto il tappeto: alla fine i guai si sono ripresentati. Tra l’altro ingigantiti. Vedi il caso Alitalia. Il problema poteva essere risolto cinque anni fa con Airfrance, e con una piccola riduzione di eccedenza, la facciamo invece  adesso con un costo alto e con un esubero notevole. Ho fatto un esempio ma ce ne potrebbero essere altri. Un altro fatto importante, grave, è la mancanza di turismo al sud.

A questo punto occorre capire che cosa differenzia il sud dal nord, quali le potenzialità di uno e dell’altro. Quali sono le potenzialità del sud da sfruttare?

Quelle agroalimentari soprattutto, poi la cultura, con siti storici assolutamente abbandonati. Ci sono ancora posti detti “secondari” di notevole interesse che potrebbero essere ripresi. C’è un progetto attuale presso il Ministero che vorrebbe valorizzare il così detto patrimonio “non famoso”, speriamo che si attui Passiamo ad alcune questioni locali come il turismo del Laceno e il Laceno d’oro, in questi giorni festeggiato ad Avellino. Venti anni fa si tentò di catturare i turisti della costiera per portarli in montagna. Non ci siamo riusciti. Oggi possiamo farlo con l’aiuto della rete, quel progetto negativo di ieri oggi potrebbe essere vincente.

Ammesso che si attuasse un progetto simile, l’Irpinia è pronta a recepire questo turismo? Laceno soprattutto, è in grado di affrontare una sfida simile? Ha attrezzature per farlo? Vogliamo allora parlare di riconvertire anche l’Irpinia?

Certo, vanno messe in fila le risorse locali, sapere come valorizzarle, quindi farsele finanziare dalla Comunità Europea. Secondo me quello che manca è una condizione basilare: ognuno deve svolgere il proprio ruolo al meglio, secondo le proprie capacità. Per quanto riguarda il Laceno d’oro, le cose sono andate in un certo verso dal punto di vista legale, e così bisogna accettarle. Tempo fa ho incontrato a Roma Dario Argento il quale mi ha chiesto: ma questo Laceno d’oro lo rifacciamo o no? Questo per dire che dopo tanti anni c’è ancora tanto interesse intorno al Laceno d’oro. Facciamolo ripartire da Avellino, poi sono certo che il ponte tra Avellino e Bagnoli si ricreerà come una volta.

L’intervista con il dott. Preziuso finisce qui. Lo ringraziamo per la gentilezza e per la fattività dimostrata nelle argomentazioni affrontate, anche se ostiche. Se occorre riconvertire anche l’Irpinia, chi lo farà? Come si fa a rispondere. Affidandoci a Renzi? Se così fosse, siamo in un vicolo cieco. Indipendentemente da queste innovazioni, che oggi certamente facilitano gli interscambi, l’Irpinia è una terra che non teme la concorrenza con nessun’ altra, neppure con l’Umbria, se solo fossimo in grado di sfruttare meglio le sue risorse a partire dai suoi boschi, alla collina che sfrutta solo la vite, alla castagna, anche se sta vivendo un brutto momento, alla nocciola, all’olio, al tartufo, ai suoi siti religiosi affatto di seconda importanza, inserendosi in questi nuovi concetti di crescita per cogliere le nuove occasioni. Una riconversione che tocca certamente la nuova classe politica, con la speranza che sappia essere grande come quella che l’ha preceduta.

Domenico Cambria

                                                                                                       

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