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Paura

23.08.2014, Articolo di Rocco Dell’Osso (da “Fuori dalla Rete” – Agosto 2014, Anno VIII, n.4)

Siamo tra le persone più al sicuro nella storia dell’umanità e viviamo, nonostante tutto, una situazione di benessere senza precedenti. Riusciamo a risolvere con facilità la maggior parte dei problemi legati alla sopravvivenza, dando ad un numero di persone sempre crescente, possibilità di cura e di istruzione. Tutti gli indicatori oggettivi rivelano un aumento, in apparenza continuo, della protezione di cui godono uomini e donne della parte “sviluppata” del pianeta.

Eppure, più si concretizzano le condizioni di sicurezza personale e collettiva, più aumentano le situazioni simboliche legate alla paura. Molte protezioni significano molti potenziali pericoli, sempre sul punto di prevalere. Essere protetti significa, nella nostra percezione sociale, anche essere minacciati.

E così, questa aumentata sicurezza presenta un costo molto alto: la proliferazione della paura. Per uno strano meccanismo psicologico, la ricerca eccessiva di sicurezza non elimina la paura ma porta piuttosto ad incentivarla.

Abbiamo paura di tutto ciò che minaccia il nostro corpo e la sua incolumità, i nostri beni e le nostre ricchezze da cui dipende il proprio sostentamento (reddito, lavoro), per tutto ciò che insidia la nostra identità e la nostra collocazione nel mondo, per tutto ciò che va a toccare la stabilità del nostro ordine sociale e rischia di compromettere il nostro futuro.

La paura sembra essere quindi la sensazione dominante delle nostre collettività.

La crescita esponenziale dell’insicurezza e della paura nella nostra società può diventare tuttavia un grande business, una fonte inesauribile di ricchezza dal punto di vista economico e politico, un potente meccanismo di controllo sociale e di manipolazione delle masse. Sulla paura prosperano di fatto le società di assicurazioni, così come prosperano i produttori di armi e di congegni elettronici per la sicurezza.

Anche per i politici la paura può diventare una risorsa formidabile. Come hanno dimostrato le vicende americane dopo l’11 Settembre, la paura può diventare uno strumento di governo e condizionare le scelte dei cittadini. La politica basata sulla paura fa leva sulle ansie e le angosce delle persone, evocando la loro esigenza di protezione a costo della compressione dei diritti civili e delle libertà individuali.

Non c’è dubbio che sia necessario vigilare contro il pericolo del terrorismo, ma non possiamo sacrificare incondizionatamente, libertà e diritti civili, sull’altare della paventata insicurezza. La manipolazione emotiva delle coscienze, magari supportata da una buona retorica patriottica, serve in tal modo ad aumentare il  “bagaglio” di paura nei cittadini e renderne più certo il profitto politico per chi detiene il potere. La paura e la difesa accanita dell’incolumità dei cittadini, finiscono spesso per mettere in crisi anche i diritti umani più elementari.

Non abbiamo più fiducia nel futuro.

Ci rendiamo conto che il futuro non è più la promessa della felicità universale com’era implicito nell’idea di progresso, ma è diventato una minaccia di crisi e tensioni continue. La speranza “illuministica” di troncare per sempre le radici delle paure dell’uomo, si è rivelata un’illusione.

La paura inoltre, quando regna indiscriminata, porta alla tristezza, alla depressione, all’incapacità cronica di godere della propria vita, perché ossessionati da un male che ancora non esiste ma che potrebbe manifestarsi in qualsiasi momento.

In tal modo il progresso tecnologico, economico e sociale, non sembra in grado di sconfiggere la paura, finendo piuttosto per generarne altre. Sembra così realizzarsi quanto presagito da Kafka nel racconto “La tana”, dove un animale, roso dalla paura di essere aggredito, si dedica con tutte le sue forze alla realizzazione di un rifugio inattaccabile. Eppure, quanto più vi lavorava tanto più cresce la sua ansia, si insinuano dubbi e timori circa la tenuta delle pareti, la solidità degli sbarramenti, le possibili modalità di entrata del nemico. Alla fine, esasperato, abbandona tutto ed esce all’aria aperta, preferendo un nemico visibile ad uno invisibile.

La paura rivela infatti all’uomo che il suo vero nemico non si trova fuori, ma dentro di se. Il vero nemico è la paura della fragilità, che non si vuole accettare, la paura dell’intimità che non si vuole condividere, la paura di dare fiducia al prossimo senza sapere se ne vale la pena.

Se dunque il vero nemico siamo noi stessi, non lo si può semplicemente eliminare, ma ci si deve piuttosto conciliare con esso, riconoscendolo e guardandolo in faccia come tale. Questo è il fondamento di ciò che viene definito come la virtù della forza, del coraggio, e non va confusa con la semplice assenza di paura, caratteristica propria della presunzione.

La pazienza e la temperanza, trovano nella speranza la capacità di affrontare con fiducia le difficoltà. Ma è soprattutto la “fortezza” che sa gestire, controllare, comandare alla paura, conferendoci la capacità di essere signori di noi stessi. E’ forse anche per questo motivo che la paura sembra essere di casa nei paesi ricchi; i poveri, abituati da sempre a sopportare, pazientare, hanno meno paure di fronte agli imprevisti della vita, perché sono parte ordinaria della loro giornata.

E’ la “fortezza” a darci la capacità di resistere alle avversità, di non scoraggiarsi dinanzi alle difficoltà, di perseverare e andare avanti ad ogni costo, senza lasciarsi vincere dalla paura.

Per contrastare la paura non bisogna chiudersi nelle proprie ansie e nelle proprie inquietudini, ma occorre impegnarsi a vivere pienamente la propria realtà, perseguendo i valori riconosciuti come importanti per la vita.

Un invito quindi a tenere viva la speranza, anche se gli sprechi, le ingiustizie, i rischi e i problemi hanno raggiunto oggi dimensioni e complessità planetaria.

Alla fine, dobbiamo acquisire consapevolezza che, la sola cosa di cui avere realmente paura, è la paura stessa!

                                                                                                       

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