Matteo Renzi, il PD, il 40,8% e le amministrative …
07.07.2014, L’analisi di Michele Gatta (da “Fuori dalla Rete” – Giugno 2014, Anno VIII, n.3)
Per Renzi un’affermazione elettorale senza precedenti – Arretra il M5S – Forza Italia ai suoi minimi
Ormai le elezioni europee del 25 maggio scorso sono alle spalle e tante analisi politiche sono state fatte sia dai partiti che dagli analisti delle varie testate giornalistiche del nostro Paese. Un segno evidente lasciato dalla consultazione elettorale è stato sicuramente la grande affermazione del PD. Con il 40,8% dei voti riportati ha praticamente doppiato il secondo arrivato, il M5S di Beppe Grillo.
Una distanza così netta non si era mai verificata nella storia della nostra Repubblica. Un’affermazione che il PD ha replicato, sebbene non con lo stesso rapporto di forza (cosa prevedibile), al termine dei ballottaggi delle consultazioni amministrative.
Nei 243 centri (inclusi i capoluoghi) sopra i 15.000 abitanti, il centro-sinistra ne ha conquistati ben 165(+ 45 rispetto a 5 anni prima), il centro-destra ha vinto in 41, al M5S ne sono andati 3. In 25 hanno visto emergere liste civiche e in 10 hanno prevalso liste catalogate come “altre”. Entrando più specificamente nelle città capoluogo, il PD si afferma in 20 realtà (+ 6 rispetto alla precedente tornata) contro le 5 del centro-destra, 1 del M5S, 1 di una lista civica e 1 andata al partito dei Fratelli d’Italia (Potenza, dove però il PD ha la maggioranza in consiglio comunale con 19 consiglieri su 32). Risultato di ottima portata da parte del PD che però deve rinunciare alla città di Livorno, storicamente sempre di sinistra da circa 70 anni. Cede anche Perugia roccaforte del centro-sinistra e Padova. In quest’ultima realtà sono stati decisivi gli effetti degli scandali veneziani del Mose. In compenso la conquista di Bergamo e soprattutto quella imprevista e particolarmente significativa di Pavia (del rampante ex-sindaco Cattaneo di Forza Italia), unitamente ai risultati comunali dei restanti centri della Lombardia e dei vari capoluoghi del Piemonte, sommati alla schiacciante vittoria avvenuta nella regione Sicilia, permettono al partito di Renzi di “digerire” meglio la sconfitta di Livorno. Inoltre la conquista della regione Piemonte e dell’Abruzzo, passando da quella della regione Sardegna avvenuta nei mesi scorsi, fanno emergere un quadro politico sicuramente diverso rispetto al passato. Il centro-destra ben radicato in diverse realtà del Paese, prima di questo voto, oggi deve cedere il passo al centro-sinistra. Il nord-Italia diventa un territorio completamente diverso rispetto a tempi passati. Le “bandierine azzurre” sono state sostituite da un “rosso-scarlatto” prevalente sia in Lombardia che in Veneto. In Piemonte si è avuto addirittura un “cappotto” a favore dei partiti del centro-sinistra.
C’è una ragione politica che ha permesso questo storico risultato? Io ritengo di sì. A dire il vero ce ne sarebbero più di una. Quella prevalente sicuramente è stata rappresentata dalla nuova figura politica emergente nel nostro Paese: Matteo Renzi. Ma perché il segretario del PD e Presidente del Consiglio è riuscito, grazie anche al contributo di gran parte del suo partito, ad ottenere un risultato assolutamente inaspettato alla vigilia elettorale? Contemporaneamente, quali argomentazioni da lui portate hanno di fatto “affievolito” i due maggiori partiti avversari rappresentati da Beppe Grillo e dall’ex cavaliere Silvio Berlusconi? Matteo Renzi ha vinto perché ha dato l’impressione di saper sintetizzare l’idea del cambiamento e quella della capacità di governo, la necessità di rottamare un sistema logoro e la volontà di non dar fuoco al sistema stesso, provando piuttosto a riformarlo. In sostanza: il dissenso e la tenuta. Una storia di equilibrio.
Matteo Renzi ha vinto perché ha contrapposto la misura e l’educazione alle strategie della tensione, dell’odio sociale e degli eccessi rivoltosi; ha dato sicurezza a un Paese sull’orlo del precipizio, evidentemente non desideroso di affidarsi al caos, all’ira e all’improvvisazione. Il suo essere giovane, appassionato e straordinariamente comunicativo, ha contribuito alla sua vittoria. La sua leadership sta tutta in quest’immagine di trascinatore determinato, svincolato da certi codici imbalsamati del passato. Ha battuto il populismo di un Beppe Grillo travolto dal suo ego. L’aver messo insieme molte anime del Paese, costruendo un centro-sinistra allargato, interclassista, non ideologico, non radicale, ha permesso allo stesso Renzi di vincere una partita obiettivamente difficile. Il suo ruolo strategico di insospettato educatore e la sua attenzione al rilancio della cultura, la vocazione riformista, la spinta verso un’Europa dei diritti civili, dei popoli, ma anche di una moneta forte, sono stati decisivi per penetrare anche nei vertici europei che vedevano un’Italia pur sempre “inaffidabile” e “frenata” verso scelte economiche coraggiose e comunque indispensabili per la crescita di tutto il Paese.
Queste prerogative possono far pensare a un personaggio simil-DC, ma così non è. Probabilmente chi lo ritiene tale, indica solo una pretestuosità assolutamente inattuale al periodo in cui viviamo. Penserei invece ad una sua “nuova” idea di socialdemocrazia più indirizzata verso un orizzonte liberale. A tutto questo, appena descritto, dovrà corrispondere un riscontro governativo, un veloce operato e soprattutto un vero pragmatismo.
Renzi sarà capace di far affermare tale suo progetto? A mio avviso non sarà facile. Bisogna comunque dargli del tempo e magari tirare via via le conclusioni. Se quello che Matteo Renzi ci ha promesso si trattasse di abbaglio o qualcosa simile all’imbroglio, oggi non lo possiamo sapere. Il dato, all’indomani delle elezioni europee, è uno: ha trionfato la speranza, contro il disfattismo distruttivo. Sicuramente ci sono stati tanti italiani che pensano che l’Italia si è venduta per 80 euro. Penso che questa tesi è semplicemente una banalità mediocre. Magari pensata anche da coloro che avevano salutato con soddisfazione la promessa berlusconiana cancella-Imu o da chi contava sull’effetto cattura-voti del “reddito di cittadinanza” grillino. Ma io vorrei spostare l’attenzione anche verso gli opinionisti qualunquistici alcuni dei quali spingendosi un po’ più in là del rancore, non riescono ad ammettere la verità su un voto che ha espresso, modestamente parlando, le tesi da me sostenute nel presente articolo.
Un’affermazione storica (40,8%) dei voti, l’enorme responsabilità personale che graverà tutta su Matteo Renzi, renderanno la strada del governo tutta in salita. Il suddetto governo durerà fino al 2018? Eventuali elezioni anticipate possono essere “attrattive” per lo stesso Renzi? Penso sia più probabile la prima ipotesi che la seconda. Se così fosse, lo stesso Renzi si gioca tutto: il suo futuro politico e quello dell’Italia. Ma sebbene la sua giovane età farebbe pensare ad una difficile autocondanna al proprio fallimento, non vorrei che le difficoltà maggiori sul suo percorso arrivassero da parte di parlamentari proprio del suo partito. Magari qualche “bastone nelle ruote” potrebbe far riaprire i giochi a vantaggio di coloro che il popolo italiano ha bocciato sonoramente alle recenti consultazioni elettorali e conseguentemente distruggere l’ultima speranza che il popolo italiano ha riposto nelle mani dello stesso Matteo Renzi.
La storia interna al PD, non di lontana memoria, in tal senso, non ci fa stare assolutamente tranquilli…