Fede e tradizioni alimentari a Bagnoli Irpino
13.05.2014, Articolo di Federico Lenzi (dal sito www.terredellupo.it)
Fede, storia e tradizioni: sono queste le costanti che incontriamo viaggiando nei vari paesi irpini. Molte di queste tradizioni stanno sparendo con il mutare dei costumi e molte altre stanno morendo con lo spopolamento dell’entroterra campano. Sono gli ultimi bagliori di questo mondo magico e sconosciuto ormai al tramonto che vogliamo raccontarvi qui su “Terre del Lupo”. Vogliamo raccontarvi di una terra ancora viva; ma vi assicuriamo che i nostri racconti a poco valgono rispetto alle atmosfere, alle sensazioni e alla natura di vivere ed essere parte di questi secolari riti folcloristici.
Una celebrazione che appare ingenua e spontanea, ma al contempo complessa ed oscura nella sua stessa semplicità; ha colpito gli altri scrittori di questo sito che mi hanno invogliato a raccontare questa volta una festa tradizionale di Bagnoli Irpino. Ciò che più ha suscitato la curiosità dei cosiddetti “forestieri” (termine con cui sin dal Medioevo s’identificano coloro che non abitano nel paese, ma provengono da fuori, dalle foreste che circondavano gli abitati) è stata la tradizione del panino a forma di croce. Un panino che nulla ha a che vedere con il “pizziarieddu”: il pane intrecciato a ciambella preparato senza sale a Pasqua. Ogni anno il venticinque aprile la comunità bagnolese festeggia San Marco Evangelista recandosi nella chiesa campestre ad esso dedicata per ascoltare la messa e per mangiare poi il consueto panino a forma di croce imbottito di ricotta e a volte anche di frittata. Questa tradizione è fortemente radicata in tutta la cittadinanza: lo dimostra il fatto che i maestri all’avvicinarsi della ricorrenza domandano agli alunni cosa si festeggi il venticinque aprile e recidivamente gli alunni rispondono in coro “santu marcu”, nonostante ore di spiegazioni sulla liberazione da parte degli alleati. Anche se la festa non è stata dimenticata e i tradizionali panini vanno a ruba, il modo di svolgimento sta scemando: oramai dopo la messa sono solamente i ragazzi a rimanere nei prati intorno alla cappella per consumare il panino a forma di croce accompagnato, però, sempre più da affettati e sempre meno dalla ricotta pecorina locale.
Secondo il prof. Russo, studioso di tradizioni irpine, il panino a forma di croce simboleggia Cristo risorto e la ricorrenza della Pasqua nel periodo primaverile. L’imbottitura a base di ricotta di pecora bagnolese è legata alla richiesta di protezione fatta dai pastori bagnolesi a San Marco prima di partire per la transumanza. Questo voto veniva poi sciolto in questo giorno, quando giunti in paese piantavano recinti provvisori in questa zona e regalavano il latte prodotto a tutta la popolazione. Quindi la festa del santo si univa alla festa per il ritorno dei paesani con le greggi dalla Puglia. Era usanza piantare recinti provvisori nei dintorni della chiesetta (nella zona bassa del paese), perché le nevi sul Laceno si scioglievano soltanto nel mese di giugno. Studi scientifici condotti all’inizio del secolo scorso nel Lago Laceno raccontano infatti che la temperatura media nel mese di giugno sull’altopiano fosse di venti gradi e le filastrocche popolari raccontano delle prime nevicate sin dal mese di ottobre! Indubbiamente nel territorio altirpino c’è stato un graduale, ma evidente cambiamento climatico che ha inciso molto sulle tradizioni popolari. Gli antichi riti contadini ne risultano quindi in larga parte scombussolati e questo ha contribuito al venir meno di molte tradizioni. Basti pensare che un tempo era normale conservare la neve nei valloni sotto folti strati di fogliame ed usarla per fabbricare gelati nei mesi più caldi (ai nostri giorni la neve d’estate si può trovare solamente presso il butto della neve all’ombra del monte Acellica). Inoltre, oggi i pastori spostano le greggi con i tir e ritornano direttamente al Laceno o costruiscono stalle sull’altopiano dove tenere gli animali nella stagione fredda. Anche lo scemare del profondo senso di religiosità e di appartenenza alla comunità minano la sopravvivenza di queste antiche feste.
Secondo un altro studioso locale questa celebrazione è invece legata alla cerimonia dei “Robigalia” celebrata nello stesso giorno dagli antichi romani per onorare il dio greco-egiziano Serapide per la nascita delle prime spighe di grano e per pregare il dio Robigo affinché non facesse ammalare il raccolto. Ovidio ci parla di questa cerimonia nel quarto libro dei “Fasti” descrivendoci una processione di persone vestite di bianco che recatasi nel bosco sacro sacrificava una pecora di due anni e un cane. Si sacrificava il cane proprio perché quella data all’epoca coincideva con l’apparizione di Sirio detta la “stella del cane” e l’inizio della stagione calda. I terreni che partono da questa zona del paese e arrivano fin sotto Nusco sono i meno impervi e i più adatti all’agricoltura. Sono, inoltre, presenti nella zona antiche fontane romane, i resti di acquedotto romano e poco distante sono stati ritrovati i resti d’insediamenti romani lungo quella che fu una delle principali vie di comunicazione dell’epoca. Quindi questa potrebbe essere una tradizione instituita dai primi abitanti di questa terra, poi sopravvissuta nel corso dei secoli mutando significato con il cambiare delle culture.
La cappella attorno a cui si celebra la festa sorge in quelli che fu la zona agricola del paese, un tempo molto distante da esso (ma nella seconda parte del secolo scorso il paese si è avvicinato a questa zona) e si presenta come una costruzione povera e semplice. Non vi sono fregi e neanche portali, vi si conserva soltanto un affresco settecentesco che copia un quadro di Giacomo Cestaro (pittore locale) raffigurante “La Vergine con San Marco” e una statua di “Gesù Bambino”.
Le celebrazioni di San Marco sono legate alle festività del quattro maggio in onore della “Pietà”: anche per questa festa era usanza mangiare un panino a forma di croce accompagnato da una frittata. Anche questa tradizione era affine a quelle legate a vari eremi sparsi tra le falde o lungo i costoni delle montagne. Si tratta nella maggior parte dei casi di antichi tempi pagani legati alle divinità metereologiche invocate in primavera. Successivamente le chiese hanno sostituito i templi e il cristianesimo ha inglobato queste tradizioni, ma questa è un’altra storia…