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Berlinguer ti voglio bene

06.05.2014, Articolo di Alejandro Di Giovanni (da “Fuori dalla Rete” – Aprile 2014, Anno VIII, n.2)

La comunicazione ha mille maniere per esprimersi, conosce mille modi per farlo, tutto ci parla, tutto si esprime, anche quando regna il silenzio e la quiete. Oggi nell’era dell’ipercomunicazione conta non tanto saper comunicare, bensì saper cogliere l’essenza dei messaggi. Quasi nessuno ascolta e comprende, quasi tutti si parlano addosso, rivendicano segni ed espressioni riconoscibili. Emerge chi comunica più forte e con più fascino, chi ha più vetrine, non è una gara di contenuti.

Dietro tutta questa spirale di comunicazione e semiotica, il rischio è di non comunicare niente, e di non avere nessuno disposto ad ascoltare. Nella società in cui viviamo questo è abbastanza verosimile, per chi cerca con affanno di ritagliarsi faticosamente il proprio spazio. Questo articolo, questo giornalino, non sono altro che atti di vanità, di me che vi scrivo, di coloro che se ne occupano. Pochi scrivono senza pensare al lettore e al modo per attrarlo. Vivere bene nella società significa piacere, se non a tutti, almeno ai più. Non sono mai stato attratto dalla maggioranza, e preferisco in molti casi l’ingenua ignoranza alla meschina intelligenza: l’ignorante non può, l’intelligente non vuole. Ascolto fiumi di parole e leggo decine di articoli, poi non mi rimane mai nulla. Incontro un uomo triste e pensoso che fuma, non parla, ma mi esprime una moltitudine di sensazioni e messaggi che porto con me a lungo. Le rughe degli anziani, i loro capelli canuti, le mani callose e logorate degli operai, l’occhio spento di un giovane smarrito, le rovine di un paese che ancora sussurrano, la follia di un adolescente…  Il sapere ci circonda, e la sensibilità emerge solo se ci soffermiamo un po’ di più ad osservare la bellezza nei suoi particolari e nella sua sofferenza. A forza di dire come dobbiamo fare, abbiamo finito con il dimenticare cosa fare. La grande e sontuosa bellezza riempie densamente lo spazio e satura il tempo, è incredile, ma si può scorgere anche nei sassi anonimi e nella gente comune; definisce le velleità che ci sostengono quotidianamente, ingentilendo un presente assai amaro altrimenti.

Si annidano nel vespro della lucidità i nostri sani risentimenti verso la società, e affogano nella follia e nell’ebbrezza, nel sogno e nell’immaginazione, emergono attraverso un rigurgido stomachevole alle soglie della consapevolezza: si stabilizza l’animo, in perfetto equilibrio con i pensieri più nobili e la quiete serafica della natura. L’ impulso alla bellezza esula quasi sempre dal qui e ora, la bellezza è tutto ciò che non vuole affascinare con volontà, è diffusa ma celata, è discreta. Nella palude del mondo, non riuscite a scorgere quanti fiori albergano? Nella guerra smisurata della vita, ai colpi dei porci e dei ruffiani, dei prepotenti e dei disonesti, rimango sordo e illeso. Raccolgo i fiori più avvenenti e gentili per fortificarmi, e penso alle persone che di quei fiori conservano la fragranza più carica. Voglio bene al mondo, voglio bene a Berlinguer, voglio bene alla mia etica, voglio bene al mio paese… Per questo non sempre rimango sordo e illeso, a volte purtroppo mi desto e mi armo, esco dal vento e dagli alberi, e per immodestia credo che è proprio gratificante osteggiare tutto ciò che è bruttura, fascismo, disonestà, poiché voglio bene al mondo, a Berlinguer  e alla mia etica.

Ah, dimenticavo, voglio bene anche al mio paese, per questo osteggio anche l’amministrazione.  Ad aprile in campagna piovono fiori, e si concima… poi ho assistito al mio primo consiglio comunale nello stesso mese, e ho aspirato solo miasmi, e nulla rimandava all’innocenza dei fiori di ciliegio che volteggiano nell’aria mite della primavera, e di colpo la stagione si irrigidì:  ora tocca solo a voi bagnolesi la comprensione elementare dei fatti, a noi il dovere di provarci e provarlo, per riconsegnare infine il paese in mano ad amministratori degni e meritevoli. Tutta la politica da qualche giorno deve fare i conti con una nuova forma di reato, la promessa di favori in cambio di voti è divenuto finalmente un atto illecito, ma continuo sempre a preferire una palingenesi, un diluvio universale che spazzi via tutta questa sudicia feccia viziosa.

Infine voglio bene alla mia generazione, figlia sventurata della vostra, ingorda e speculatrice, sperperatrice e dilapidatrice di ricchezza culturale, morale ed economica. Forse non riusciremo a fare meglio di voi, ma fare peggio è praticamente impossibile. Gli italiani sono sempre gli altri, è una formula che non funziona più, la vostra comunicazione non coinvolge, non incanta più. Gli italiani siamo noi, e voi da più tempo di noi. I bambini che ci guardano hanno fame di realtà, quindi deponiamo tutte le nostre ipocrisie. E’, come dice Jap Gambardella, tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio, e la vita nascosta dal bla bla bla… Ahimè, ho fatto del bla bla bla la mia arte migliore!

                                                                                                       

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