Questione lago? Si faccia un bacino artificiale
26.02.2014, Email di Alfonso Trillo ’82
Brevi note a margine dell’articolo «Considerazioni su Ponte “Scaffa” e lago Laceno».
Non capisco perché sorprendersi della continua emorragia di acqua del laghetto del Laceno e di una sua pur possibile scomparsa definitiva. Di conseguenza non è chiaro a cosa potrebbero servire il monitoraggio e lo studio di un lago che, in fondo, non può essere definito tale.
Il lago del Laceno è il frutto di un’opera di ingegneria idraulica della seconda metà del XVIII secolo. Al tempo, per intensificare l’industria armentizia e i pascoli, fu posta in essere una vasta operazione di bonifica e di incanalamento delle acque piovane e dei torrenti Tornola e Vreccelle verso il Caliento, per mezzo di un cunicolo sotterraneo. Prosciugato il Piano del laceno, nel luogo detto Acqua a funno sorse il laghetto.
Il lago del Laceno è un lago artificiale e per essere ripristinato va creato un bacino artificiale. Potrebbe mai esistere un lago stabile sul punto in cui le acque defluiscono?
sarebbe una scelta oculata, nonchè un’attrazione fondamnentale per i mesi estivi, eppure costruire un lago artificiale ai tempi di oggi è la cosa più semplice , oltretutto, è un’opera che per attuarla si abbisogno di un minimo investimento esistendone già il bacino da mofificare in piccola parte. Infatti ne sono presenti una moltududine in italia , con la sua presenza si creeerebbe una riserva di acqua per gli incendi estivi, al servizio della Forestale e della comunità, e dieventerebbe un ulteriore primario richiamo tusristico particolarmente in estate, potendosi sviluppare intorno ad esso una moltidudine di attività- Mi meraviglio come chi di dovere non abbia preso in esame a tutt’ogg questa importantissi -ma ed indispensabile opera!!-
Che lago Laceno sia un lago effimero e probabilmente destinato a scomparire da qui a qualche secolo va senza dire. Ha però certamente subito fasi alterne in funzione dei vari periodi climatici, e fortemente condizionato dalle eruzioni del Vesuvio che millenni fa hanno impermeabilizzato queste aree con spesse coltri di ceneri e materiale piroclastico. Basti pensare ai livelli dei vari inghiottitoi e non da ultimo anche a quello della grotta di S.Guglielmo. Certamente non è un lago artificiale bensì un lago appenninico con i problemi connessi a tutti i fenomeni idrogeologici in zona carsica. Sanduzzi nelle sue “Memorie Storiche” parla di bonifica della piana al fine di recuperare maggiori aree da destinare alla coltivazione ed al pascolo in virtù delle accresciute esigente del paese ma non nega l’esistenza del lago di cui anzi ne parla al plurale. Perché creare un lago artificiale se il nostro attualmente è naturale e si può regimare con opportuni interventi, senza comprometterne flora e fauna?
Nello Nicastro
Resta il fatto che, qualche secolo prima, nemmeno Leonardo di Capua parli del Lago del Laceno, nonostante faccia una descrizione minuziosissima della piana e di tutto il territorio del circondario. Un caso? Una svista? Io non credo.
Sanduzzi nelle sue Memorie Storiche scrive (pag. 518-519):”L’industria armentizia e la coltura delle terre demaniali s’intensificò maggiormente, dopo la costituzione della Difesa, ed a questo scopo si cercò di prosciugare il Piano Laceno, in cui le acque piovane dell’inverno e quelle delle sorgenti Tornola e Vreccelle spagliavano liberamente non avendo scolo e corso regolare, e formavano qua e là delle pozze, che non solo ingombravano il terreno, ma producevano dei miasmi palustri. Si pensò quindi dall’Amministrazione Comunale del 1773 d’incanalare tutte l’acque, nel punto dove poteano sboccare per mezzo di un cunicolo sotterraneo naturale attraverso i monti nel sottostante Burrone denominato Caliento, ed il sito dove l’acque furono dirette si chiamava in quei tempi Acqua a Funno, dove ora giace il Laghetto Laceno, e così fu il piano prosciugato, e disparvero tutte quelle paludi, che negli atti sincroni venivano chiamati Laghi, e sul terreno prosciugato crebbe più abbondante l’erba a maggiore aumento dei pascoli, e si ottenne una maggiore estensione per la coltura.”
Dire che Sanduzzi parli di laghi è una forzatura ingiustificata della lettera del testo. Sanduzzi parla di “paludi” denominate laghi negli atti del tempo. Ora, a meno che non si voglia stabilire una nuova e fantastica sinonimia nella lingua italiana, i termini lago e palude sono e rimangono assolutamente non intercambiabili: una palude è, semplicisticamente, acqua stagnante e vegetazione, un lago una massa d’acqua permanente in una depressione del suolo.
Sgombrato il campo da questo fraintendimento linguistico, le parole di Sanduzzi non lasciano spazio ad alcuna ulteriore interpretazione. Le acque delle sorgenti Tornola e Vreccelle, insieme alle precipitazioni invernali, ristagnando nella piana del Laceno, formavano delle pozze palustri, denominate Laghi, che rendevano il terreno inutilizzabile per la coltivazione e il pascolo. Per bonificare il pianoro le acque furono incanalate verso il Burrone del Caliento e dirette verso il luogo denominato “Acqua a Funno”, non certo per creare il lago, ma per consentire alle acque di rifluire e non rappresentare più un impedimento alle attività produttive.
D’altra parte, Sanduzzi, presago della confusione interpretativa che avrebbe investito le sue parole, sempre a pagina 519 del suo volume, scrive: “Le acque incanalate verso lo sbocco naturale formavano un Laghetto, da cui si pensò trarre profitto con l’immettervi del pesce […].”
Ecco spiegato l’arcano: nel prosciugare le pozze palustri che ricoprivano la piana del Laceno, incanalandone l’acqua verso il punto di scolo rappresentato dal Caliento, nella depressione del suolo chiamata “Acqua a Funno”, sorse il piccolo lago.
Sicuramente, considerato che l’obiettivo della bonifica era quello di far defluire le acque stagnanti dalla piana, non fu una scelta casuale dirigerle verso questo luogo: le acque della Tornola e di Vreccelle, giungendo ora direttamente nel laghetto formato nella depressione di “Acqua a Funno”, avrebbero potuto defluire senza ostacoli nel Caliento, per mezzo del collegamento diretto fra i due.
Quando ho parlato di opera ingegneristica, dunque, volevo solo sottolineare che il lago ha una genesi, per così dire, umana, legata alla vasta opera di bonifica posta in essere dopo la creazione della Difesa del Laceno. E questa è storia e come tale non si discute.
Che il Vesuvio per millenni abbia fatto il suo buon lavoro di vulcano e che il lago sia soggetto ai “fenomeni idrogeologici” delle zone carsiche è altrettanto indiscutibile; tuttavia, ahimè, non possono, nello specifico, esserne considerati come le cause della formazione, ma solo all’origine della depressione che attualmente accoglie il lago.
Stando così le cose, torno a rifare la medesima domanda: perché sorprendersi della dispersione delle acque del lago, quando il bacino è stato creato appositamente per impedire alle sorgenti e alle piogge di “ingombrare” la piana e di far defluire le acque nel Caliento? Non vi viene il sospetto che quel lago non fa altro che “obbedire”, alla Garibaldi, allo scopo per cui è stato creato? Serve davvero monitorarlo, anche se la spesa fosse minima, o è solo un ulteriore spreco di denaro? Infine, se proprio un lago stabile è indispensabile all’economia del Laceno, come è indispensabile, e visto che l’attuale bacino è principalmente un punto di raccolta delle acque per farle defluire nel Caliento, non sarebbe meglio farlo artificiale? Magari, in questo modo, la finiremo pure di parlare sempre di tutto senza mai dire veramente niente!
Alfonso Trillo