Nulla di nuovo sotto il sole
24.12.2013, Articolo di Federico Lenzi (da “Fuori dalla Rete” – Dicembre 2013, Anno VII, n.6)
Il nostro paese ha diversi problemi e ogni volta si fa risalire la colpa di ciò a tizio o a caio, a questa o quell’altra cosa in uno scaricabarile generale. Ma alla fine come mai una terra che sembra baciata dalla fortuna, che ha tutto ciò che serve per procurare benessere e vita sana ai suoi abitanti è in perenne declino? Qual è l’origine di tutti questi mali?
Dunque abbiamo due possibilità: o tutti gli dei dell’Olimpo ci hanno maledetto o il vero problema di Bagnoli e Laceno sono gli abitanti. I bagnolesi e la loro inetta mentalità. Roba da far perdere ogni speranza di cambiamento…
Sono anni che si parla di sviluppo turistico, di lavoro per tutti, d’idee, di progetti e di risorse, ma tutto resta sempre e solo un noumeno kantiano. Questo paese è fatto dalle chiacchiere, si vive del pettegolezzo del giorno. Vale la regola che ognuno ha un segreto, il quale allo stesso tempo è il segreto di tutti: di abitante in abitante si diffonde accompagnato dalla raccomandazione di tener la bocca chiusa nel mercato. Su questo si potrebbe pur sorvolare, ma sopraggiunge l’aggravante d’invenzioni e ingigantimenti quando il gossip sta per esaurirsi. Nemmeno con il cemento si riuscirebbe a far tenere la bocca chiusa a un bagnolese: ciarlare è la sua arte, criticare la sua vita. C’è finanche chi parla senza sapere e senza essersi documentato su ciò di cui si discute. Si parla così, giusto per parlare.
La critica distruttiva dilaga e quindi ora permettetemi di fare la mia. La saggezza, la bontà e la perfezione s’incarnano idealmente in ognuno di noi; invece le abbiamo mandate in esilio in chissà quale angolo della nostra coscienza. In tanti si ancorano al passato dicendo che un tempo tutto era migliore: allora se le cose sono peggiorate non è colpa della vostra generazione che ha permesso ciò? Ora quindi ritenete produttivo rimpiangere il passato per il resto dei nostri giorni? Cerchiamo di migliorare il presente invece di disprezzarlo, rimpiangendo un idillico passato, altrimenti ci sfugge via degradandosi sempre più. Il passato è passato, ora esiste il presente!
Ognuno pensa per il suo interesse personale e tutti a come arricchirsi di più. Una fitta venatura di litigi e antipatie attraversa il paese. Si è sempre pronti a far lo sgambetto al nemico che alla fine è un paesano e in una spirale depressiva va a finire che ciascuno di noi fa del male al paese. L’astio serpeggia tra le famiglie che da secoli, da quando le lotte tra domenicani e preti divisero l’abitato, sono schierate in due fazioni che si guardano con malcelata antipatia in un’eterna sfida.
Giocare ai guelfi e i ghibellini non crea climi collaborativi e non ha mai portato progresso! Il pregiudizio spadroneggia su questi colli a ridosso delle montagne: c’è una forte discriminazione sociale della serie “quiddu appartene a…” , quello non ha condizioni economiche agiate e quell’altro è parente a caio o a sembronio. Non si cerca di migliorare ciò che c’è di buono, lo si distrugge per invidia perché non è nella media. In un paese dove gli abitanti a stento collaborano tra loro come potrà mai esistere una campagna d’investimenti pubblici e privati per stimolare l’economia locale?
Tutti sono alla ricerca di guadagni facili. L’individualismo sradica in noi valori e ideali sostituendoli con una smisurata sete di potere. Ma chi tradisce i suoi ideali tradisce se stesso divenendo schiavo delle più infime passioni umane. Il bene comune viene continuamente sacrificato agli interessi personali. Viviamo in una società capitalista di cui al contempo siamo anche schiavi. Gente dotata di una mentalità che prepone il profitto all’eticità, che si crede superiore alla massa nel proprio io; ma che alla fine non si rende conto di far parte del gregge, di essere schiava delle leggi del mercato che rendono merce anche l’uomo. Bande di caproni che fanno del populismo la loro bandiera e preferiscono generalizzare il mondo. Vederlo in bianco e nero, invece di cogliere ed analizzare le sue molteplici sfumature. Essi sono oggetti, non soggetti. Per loro il passato non conta, sono proiettati nell’illusione del futuro e non vivono neanche il presente.Non vi atteggiate, non siete “fighi”, piuttosto siete stupidi! I “capimastro” abbondano: chiunque si reputa saggio ed esperto in materie che neanche sono di sua pertinenza.
A questo si aggiunge la fuga delle persone realmente competenti verso le città ed ecco che lo sfracello più totale è servito. Il Laceno, la cultura, il paese… muoiono ogni giorno nel popolo bagnolese. Noi che scriviamo proponiamo, ci sforziamo d’immaginare un paese migliore, ma alle volte è dura. Non siamo i soli a parlare a Bagnoli, ma almeno ci mettiamo la faccia sul nostro pensiero. Quando ci è data occasione proviamo anche a fare qualcosa per cambiare, ma non ci sentiamo superiori. Cadere vittime della superbia sarebbe un grave errore!
A prescindere tutti ci dicono “si arrivatu friscu”, “ma che buò fa”, “ma chi te lo fa fa”, ma con questa mentalità da rassegnati dov’è che vogliamo andare? Se neanche proviamo, se a prescindere screditiamo chi prova a fare qualcosa! Nessuno vuol rinunciare alla propria supremazia in un determinato ambito. Distruggiamo ciò che è meglio di noi, livellando la nostra società sempre più mediocre. Se non ci si rimbocca le maniche, invece di passare le giornate in piazza a lamentarsi e a consumare i sanpietrini, come volete che le cose migliorino? Se i bagnolesi la smettessero di annegare i loro insuccessi piangendosi addosso in quel circolo vizioso, se andassero oltre, se uscissero fuori e provassero a fare anche una piccola cosa forse le cose andrebbero meglio.
Non si cambia Bagnoli vivendo di chiacchiere tra le “licine”, ma vivendo il territorio a 360 gradi. La polemica è politica, è dialettica nel suo divenire, ma è bene che tutto ciò che ha un inizio abbia anche una fine, altrimenti finirà per inghiottire tutto! E’ opportuno lottare per un fine, non per l’azione in se. Non si accettano critiche si è perfetti come si è: tutti qualificati e pluripremiati. In questi castelli di sabbia sono in tanti a rinchiudersi. Indirettamente si è indotti a identificare le nuove idee come bolle di sapone da scoppiare il più presto possibile.In questo modo si finisce però per scivolarci su questo sapone.
Allora il diverso è utopia o siamo noi gli utopici? Cammini tortuosi ed impervi ci separano dal nuovo, quindi è più opportuno non provare minimamente ad imboccarli. Ci sono tanti hegheliani in piazza: convinti che tutto ciò che è, è come deve essere. Il nostro compito quindi si limita giustificare ciò che ci circonda.
Eppure Marx ci aveva insegnato che non dobbiamo giustificare e subire la realtà, ma dobbiamo essere noi artefici del nostro mondo e quindi anche sovvertitori dell’ordine delle cose che non ci rappresenta. Restiamo pur sempre il paese dove una rete su Piscacca o qualsiasi altra cosa pubblica posta sulle montagne non ha lunga vita. Il senso civico è morto e sepolto tra questi monti. Lunga vita all’egocentrismo, che regna sovrano. Il mondo, il sole, l’universo girano intorno a noi! In giro c’è gente che si crede chissà chi, ma chi sono per davvero non lo sanno neanche loro. Non c’è voglia di far nulla, non ci sono stimoli, non ci sono speranze. Ognuno faccia ciò che ritiene giusto e si regoli con la propria coscienza.
Qual è il senso di tutto ciò? In che direzione andiamo? Cosa ha in serbo per noi il futuro? Zero, benvenuti nel far-west! Si faccia ciò che si vuole per un pugno di euro! In fondo non c’è nulla di nuovo sotto il sole che in questo caldo dicembre splende sulla nostra cittadina, la vita come sempre scorre lenta nella sua perenne agonia.
Schopenhauer coniò l’espressione con cui è intitolato l’articolo per esprimere il suo pessimismo, il suo credere che tutti gli uomini sono portatori di pessimi valori. Lupi per gli altri uomini in una disperata lotta per la sopravvivenza in cui si risolve e si esplica il senso ultimo della vita. Queste teorie nel nostro contesto sembrano veritiere, eppure voglio credere che il bene in principio sia in tutti noi, che tutti condividiamo quegli ideali, che in fondo bisogna solo ritrovarli. Alla fine tante iniziative e associazioni in paese dimostrano che quando vogliamo sappiamo essere migliori.
Buon Natale a chi ha capito questa riflessione e anche a chi non l’ha capita.