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Irpinia – Castagneti sotto attacco, il cinipide dilaga

22.10.2013, Il Mattino (di Paola De Stasio)

La lotta biologica con il Torymus non riesce a sconfiggere il parassita.

Un disastro economico annunciato. E come al solito sottovalutato. Il regno dellacastagna IGP è in ginocchio. L’oro marrone sta diventando piombo. I dati sono angoscianti. Soltanto nel territorio di Montella si producevano 40mila quintali di castagne all’anno, un indotto economico per la sola raccolta di oltre 2 milioni di euro, un volume d’affare che superava i 10milioni di euro.

Nell’autunno del 2013 la produzione è scesa del 90%, il fatturato quest’anno è al di sotto del milione di euro. Nella zona della Reale IGP – individuazione geografica protetta, ossia le castagne più pregiate d’Europa, la prima e unica in Italia ad avere avuto il riconoscimento doc “castagna di Montella” convertito in IGP nel 1992 che comprende i castagneti di Montella, Bagnoli, Nusco; Cassano Irpino, Volturara ed una parte di Montemarano – si producevano circa 70mila quintali di castagne, ora siamo molto al di sotto dei 10mila quintali.

In queste splendide giornate di sole ottobrino i castagneti dovevano essere affollati, la raccolta nel pieno. Ed, invece, i boschi sono silenziosi, sofferenti. Nella zona di Mezzane, una delle più redditizie e pregiate per la qualità dei suoi frutti, molti castagneti sono già stati abbandonati, alberi secolari spogli e felci che proliferano indisturbate. Eppure la castanicoltura campana con le oltre 13mila aziende econ i suoi 300mila quintali rappresenta, o forse sarebbe meglio dire rappresentava, più del 50% della produzione nazionale. La provincia di Avellino con un giro di affari di oltre 130 milioni di euro vanta il primato della trasformazione della castagna inEuropa.

La causa principale del disastro è da imputare al “cinipide galligeno”, un insetto di origine cinese che sta provocando danni letali alla vegetazione e alla produzione castanicola. Prima di attaccare i castagneti del Sud d’Italia il cinipide aveva già fatto sentire i suoi effetti devastanti su quelli del Piemonte e del Lazio e in altri stati del Nord Europa. Il problema è che questo insetto lo si combatte ad armi impari, si sta utilizzando un antagonista naturale il «Torimus Sinensis», ma questa strategia è stata dimostrata non basta, non è sufficiente. Ci vogliono decenni con i T’orymus per debellare il Cinipide I castanicoltori chiedono alle istituzioni e alla comunità scientifica soluzioni rapide ed efficaci in grado di allontanare in tempi più brevi l’insetto parassita dai frutteti e scongiurare la chiusura delle aziende e quindi la perdita di posti di lavoro.

Sorge il sospetto che i copiosi finanziamenti per gli allevamenti di  «Torymus» stiano diventando un business a danno della castanicoltura e quindi delle aziende e delle famiglie che lavorano in questo settore.

Il gruippo d’interesse della Cia campana ha più volte sollecitato, con tanto di dati e quadro della situazione, sia Ministro delle politiche agricole Nunzia De Girolamo e sia l’assessore Daniela Nugnes della Regione Campania a cercare soluzione alternative ai Torymus per contrastare il Cinipide. In un documento inviato alle due rappresentati delle istituzioni la Cia evidenzia che «La castanicoltura campana produce reddito d’impresa, non è solo una risorsa paesaggistica, per questo motivo fondamentale non può affrontare la fitopatologia con i tempi e i rimedi previsti per le regioni dove il castagno è solo una risorsa forestale e paesaggistica. Perciò è necessario che vadano sperimentate in maniera estesa anche nuove pratiche di lotta integratata e prodotti già ammessi in agricoltura biologica».

Già da due anni i castagneti irpini soffrivano per il Cinipide, ma il colpo di grazia è arrivato in questa stagione dove sono stati completamente infestati. Nella provincia di Avellino, oltre alla zona di Montella, Bagnoli, Calabritto, Nusco, Montemarano, Volturara si pensi al Serinese  e ai comuni del Partenio intorno a questo, alla coltura della castagna e alla loro trasformazione vivono molte famiglie, si tratta per proporzioni quasi di un distretto agro-alimentare che vede azzerato il suo reddito o incredibilmente ridotto e vede destinate alla chiusura numerose aziende, oggi in forte perdita, con effetti gravissimi iri termini occupazionali.

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22.10.2013, Il Mattino

Malerba: «Ho perso il 90 per cento del prodotto, i boschi sono infestati»

Salvatore Malerba è uno dei più noti imprenditori castanicoli, titolare di un’azienda pluripremiata per i suoi prodotti, esporta le castagne del prete ed altre prelibatezze in Italia, in vari paesi del Nord Europa, negli Stati Uniti ed in Giappone. Malerba è anche il presidente della Cia zonale.

Che ripercussioni sta avendo un’azienda importante come la sua?

«Per quanto riguarda la produzione una perdita del 90%. Se la situazione si dovesse ripetere ancora per qualche anno finiremo per perdere tutti i mercati conquistati nel corso degli anni con grossi sacrifici, lavoro e ricerca».

Ha perso già importanti forniture?

«Purtroppo si, quest’anno ho dovuto rinunciare a catene della grande distribuzione come Gs e Despar, ho dovuto annullare anche degli ordini per gli Stati Uniti ed il Giappone. Io non posso acquistare il prodotto all’estero, per la nostra trasformazione ho bisogno di un prodotto di qualità».

Come sta facendo fronte alla situazione?

«Avendo avuto una perdita del 90% della produzione, per cercare di soddisfare, più del 50% delle commesse sto acquistando delle castagne da altri produttori locali. E’ davvero un’impresa ardua, dal momento che c’è pochissimo prodotto».

Si sapeva dell’arrivo del devastante Cinipide, perché non vi siete attivati?

«In effetti sapevamo che prima o poi ci avrebbe colpito, in Piemonte il cinipide e arrivato nel 2002. In questo lasso di tempo molto si è fatto sul discorso della lotta biologica, ma è ancora poco, altrimenti non si spiega perché a distanza di quasi 12 anni di lotta con gli insetti “Torymus” i piemontesi continuano a rìchiedere castagne campane per le loro famose sagre. Significa che ancora non hanno recuperato la produzione».

In Campania però la situazione è più drammatica?

«Intanto in Campania ha più del 55% della produzione nazionale di castagne, la nostra economia legata alla castagna è considerata un’attività primaria. La Campania da prima esportatrice d’Italia sta diventando la prima importatrice dall’estero».

La politica, le istituzioni hanno sottovalutato il problema?

«L’assessore regionale Nugnes e il dirigente regionale per la provincia di Avellino Tartaglia ci hanno messo tutta la buona volontà, purtroppo, sono bloccati perché le direttive nazionali dicono che bisogna attenersi alla strategia dei “Torymus” sperimentata in Piemonte».

Una strategia che secondo i castanicoltori non è sufficiente?

«La lotta biologica è doverosa, ma ci vogliono tempi biblici con i Torymus per sconfiggere il Cinipide, intanto la castanicoltura muore. Sarebbe opportuno sperimentare soluzioni che risolvono in tempi brevi».

Quali potrebbero essere le altre strategie di attacco?

«Intanto lanciare i Torymus nelle zone più impervie e intervenire sui castagneti che erano più fruttuosi con trattamenti che si utilizzano in agricoltura biologica e integrata. Gli ambientalisti non devono storcere il naso perché se non si interviene al dramma occupazionale ed economico si aggiungerà anche quello ambientale. Venendo meno nei boschi il presidio dei castanicoltori si apre la strada al dissesto idrogeologico. Si verificheranno gli incendi, seguiranno smottamenti, frane. Ricordiamoci di Sarno e Quindici».

                                                                                                       

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