«Cavaniglia, il conte delle meraviglie»
09.10.2013, L’intervista alla restauratrice Lucia Portoghesi (di Vincenzo Castaldo da “Il Mattino”)
«La sua giornèa unica al mondo». In mostra a Montella.
Le vesti del conte Cavaniglia potranno finalmente essere ammirate e apprezzate in tutta la loro bellezza». L’archeologa Lucia Portoghesi, esperta di tessuti e costumi antichi e autrice del complesso progetto di restauro del corredo funebre (farsetto e giornèa) di don Diego Cavaniglia, è piena d’ entusiasmo. I risultati del suo lavoro attualmente custodito al Museo dell’Opera annesso al complesso francescano al Convento San Francesco a Folloni di Montella sono stati presentato nell’ambito della sedicesima edizione della manifestazione «Francesco d’Incanto», organizzata in onore del Santo di Assisi. Tema di quest’anno è «Tue so le laude la gloria etl’honore », versetto del «Cantico delle creature».
«Il tempo mi ha dato ragione – afferma Lucia Portoghesi – I vari interventi a cui sono stati sottoposti i preziosi indumenti del nobile condottiero hanno portato a un risultato estetico ottimale, con una tonalità e una lucentezza dei tessuti eccellenti».
Signora Portoghesi, facciamo un passo indietro. Ci racconti di questa straordinaria scoperta.
«Il corredo funebre di Cavaniglia è stato riportato alla luce nel febbraio 2003 durante una indagine ricognitiva eseguita al basamento del suo mausoleo fatto realizzare nel 1482 dalla moglie, Margherita Orsini, all’interno del Convento di Montella. Dell’abbigliamento sono stati rinvenuti la giornèa e il farsetto, che avevano al tempo la consistenza della carta per effetto della disidratazione e diversi tipi di alterazioni presenti su ogni singola parte. Purtroppo, non sono stati ritrovati monili né quanto ricopriva la parte inferiore del corpo, né la camicia e il possibile mantello».
Dieci anni sono stati impiegati per il restauro di questi preziosi indumenti.
«Noi restauratori non diamo conto agli anni, ma al risultato finale. Grazie al progetto di restauro, che si è rivelato una delle operazioni più importanti, elaborate e audaci del nostro tempo, siamo riusciti a recuperarli con efficienza, riportando al loro splendore non solo i tessuti serici ma anche le fogge di questi indumenti, che rappresentano i capi caratteristici maschili del Quattrocento».
Le vesti del cavaliere prediletto di Alfonso D’Aragona sono uniche al mondo, vero?
«È la giornèa a essere unica, in quanto non sono stati reperiti fino a oggi altri esemplari né in frammenti né integri. Questo capo elegante e giovanile, che veniva indossato sul farsetto e trattenuto in vita dalla cintura, è stato studiato attraverso le rappresentazioni pittoriche e scultoree di età umanistica e rinascimentale. Quella di Cavaniglia è, dunque, l’unica al mondo pervenutaci».
Quali sono i suoi elementi caratterizzanti?
«La giornèa è di tessuto in raso cremisi. È molto probabile che in origine avesse decorazioni in oro e un ricamo sulla spalla destra. La sua tipologia richiama le tipiche rappresentazioni iconografiche del Centro Nord e dimostra che Napoli era partecipe di una koiné culturale al centro dell’ attenzione di tutta Europa e intelligentemente accettata dalla monarchia aragonese».
Quali sono, invece, le caratteristiche del farsetto di don Diego?
«Il farsetto è in damasco di seta e presenta la classica decorazione “a pigna fiorita”, con maniche guarnite da asole per la fuoriuscita di nastrini decorativi tipici dell’iconografia ferrarese e milanese. È modellato ed elegante. A renderlo originale sono i suoi bottoncini, realizzati con acini di uva ovviamente rivestiti con tessuto».
I due cimeli saranno custoditi e visibili al Museo dell’Opera di Montella. Secondo lei, in che modo possono essere efficacemente valorizzati?
«Sarebbe interessante realizzare incontri e seminari sulla storia del costume in sinergia con la Soprintendenza e l’Università, in modo da portare all’attenzione del dibattito socio-culturale la moda del Quattrocento. È importante che il corredo funebre sia custodito al Museo dell’Opera sia per rendere omaggio al conte Cavaniglia, che ha scelto di essere sepolto a Montella, sia per onorare la comunità montellese che ha il diritto di custodire la propria storia».
Il Mattino