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A proposito di petrolio

24.08.2013, Intervista al “bagnolese” Pino Preziuso (da “Fuori dalla Rete” – Agosto 2013, Anno VII, n.4)

Hai saputo della novità di una possibile presenza di petrolio qui in Irpinia, nel comune di Gesualdo? Cosa ne pensi come consigliere di una organizzazione così importante del settore dell’energia come WEC- ITALIA (WORLD ENERGY COUNCIL)?

Prima di tutto vorrei dire che il WEC, come confermato nell’ultima assemblea statutaria, intende mantenere un ruolo di terzietà senza interessi né aziendali né politici e continuare ad essere un super consulente molto attento anche alle possibili nuove frontiere tecnologiche.

Tornando al “petrolio in Irpinia” vi racconto questo episodio molto significativo: dopo il caldo infernale di Roma qualche giorno fa mentre, seduto sulla panchina della bella piazza di Bagnoli Irpino, mi godevo l’aria fresca e leggera mi si è avvicinato un signore, cittadino nel gergo Cinque Stelle ma più precisamente un paesano, che, memore della mia esperienza lavorativa pregressa nella S.N.A.M. PROGETTI e nell’ENI, mi ha detto compà è vero che o petrolio porta le malattie e il terremoto? Io gli ho risposto che non era vero.

Purtroppo questo è il contesto di disinformazione e pregiudizi che deve affrontare, in questo caso per il progetto petrolifero ma in generale per tutti gli investimenti, l’industria al momento della realizzazione dell’opera.

Alcune informazioni: l’industria petrolifera fa capo ad una associazione industriale di settore che si chiama ASSO MINERARIA e che fa riferimento alla Confindustria. Si tratta di una filiera di imprese nazionali composta da 24 compagnie energetiche impegnate in esplorazione e produzione di olio e gas e nello stoccaggio sotterraneo di gas e 112 imprese fornitrici di beni e servizi ad elevato contenuto tecnologico e specialistico.

Si tratta di un “made in Italy” che contribuisce alla bilancia commerciale per 26 miliardi di euro esattamente come il settore “alimentare+ bevande+ tabacco”.

Pensate che sulla costa romagnola vicino a Ravenna ci sono più di 40 piattaforme gas in produzione in mezzo al mare e le spiagge vicine hanno avuto il riconoscimento di 96 bandiere blu e l’industria turistica balneare è in continua crescita.

Il settore ha un forte potenziale di sviluppo anche sotto il profilo occupazionale per la presenza di idrocarburi a mare e a terra e di numerosi progetti di investimento pronti per la realizzazione.

Si tratta di 80 progetti di diverse dimensioni con un costo di oltre 17 miliardi di euro la cui realizzazione significherebbe:

  • Occupazione: oltre 100.000 posti di lavoro-annuo
  • Entrate fiscali e Royalties: oltre 3 miliardi di euro all’anno a Stato, Enti locali e Comunità interessate, per la durata della produzione
  • Bolletta energetica: riduzione di ulteriori 5 miliardi di euro all’anno, superando i 10 milioni di euro Sicurezza energetica: portare la produzione de 10% al 20% della copertura dei fabbisogni complessivi.

E’ evidente che esiste il problema del consenso dei territori interessati ai progetti di investimento industriale.  Bisogna trovare delle regole chiare ed efficaci su cui è in corso un dibattito ampio.

Due momenti contraddistinguono la realizzazione di un opera:

quello del consenso riguarda la Pubblica Opinione in tutte le sue manifestazione e quello della c.d. valutazione tecnica con i permessi connessi anche di compatibilità ambientale che devono far capo ai Ministeri e agli enti locali.

Prima di tutto queste due sfere devono restare separate perché tutte le volte che l’una si è sovrapposta all’altra l’unico risultato è stato l’immobilismo.

Giusto che avvenga un dibattito tipo quello adottato in Francia col nome di Public Debatment a cui possano partecipare associazioni territoriali, associazioni ambientali, comitati, politici ecc … Così come la valutazione tecnica per l’ottenimento dei permessi deve rispettare tutte le leggi in materia, regionali, nazionali ecc …

La novità di cui si discute è che i due momenti devono avere un termine temporale preciso (6 mesi, l anno) per decidere se realizzare o meno l’opera così da dare una certezza agli investitori.

In questo contesto, su cui sono previste l’ Autoelettrica, le Smart Grid, l’uso del GNL per l’autotrazione, si devono impegnare le nostre aziende per agganciare finalmente la ripresa e creare posti di lavoro per le nuove generazioni.

E’ sorprendente che in una zona così ricca di boschi con una materia prima così a portata di mano, non si sia pensato di realizzare una centrale d produzione di energia elettrica a biomasse.

Tornado all’utilizzo delle fonti energetiche l’Italia deve proseguire il cosi detto mix produttivo ovvero vanno utilizzate tutte le possibili fonti fossili (petroli, gas, carbone) e quelle non fossili rinnovabili (solare, fotovoltaico, eolico, idroelettrico) più un nuova fonte da aggiungere che è l’efficienza energetica.

Tornando al petrolio in Irpinia sono sicuro che l’ENI svolgerà tutte le fasi del progetto nel massimo rispetto ambientale. D’altronde questa cultura è molto ben nota in questo territorio in occasione dei lavori del metanodotto algerino fatto dalla S.N.A.M. de gruppo ENI. Lo testimoniano i lavori di ripristino svolti nel massimo rispetto dell’ambiente naturale dove passano le tubazioni.

Nell’ultima assemblea annuale di asso mineraria il presidente Dr. Claudio De Scalzi, che è pure direttore generale dell’ENI direzione exploration and production, ha confermato che il rilancio dell’attività petrolifera in Italia avrà un presupposto fondamentale nel confronto con tutte le associazioni ambientali.

Cosa si prevede per il futuro?

A ottobre ci sarà in Corea il congresso mondiale dell’energia WEC. E’ prevista la partecipazione di tutte le persone più importanti del mondo politico e imprenditoriale. Io ci andrò e forse lì usciranno gli scenari energetici che governeranno il mondo nei prossimi anni.

Una curiosità, come trascorri le tue vacanze qui a Bagnoli Irpino?

Faccia molte passeggiate nei boschi con gli amici parlando di tutto, qualche buon primo piatto locale – i ravioli con la ricotta al sugo o al tartufo, la grigliata di ferragosto con le salsicce e le bistecche di maiale del mio amico macellaio Claudio. Sto con la mia famiglia, in particolare con la mia nipotina Marta di 5 anni. L’unica nota di malinconia è l’assenza, ormai da un anno, del mio amico d’infanzia Ludovico, farmacista del paese, a cui dedico “FOZA NAPOLI” squadra di cui era molto tifoso.

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14.08.2013, di Domenico Cambria (da “Il Corriere”)

“Superiamo i pregiudizi sull’industria petrolifera”

Intervista a A PINO PREZIUSO,  bagnolese di origine, Consigliere del WORLD ENERGY COUNCIL

La ricerca del petrolio in Irpinia in questi ultimi mesi ha suscitato mol- to clamore, vista addirittura in maniera negativa da alcuni amministratori, al punto da avere visto nascere un comitato per il “NO” che ci impone di sottoporre la questione a maggiori considerazioni. Turista a Bagnoli in quanto il padre è nativo di questa ridente cittadina dell’alta valle del Calore, ci siamo incontrati con il dott. Pino Preziuso, ex dirigente della Snam Progetti e Consigliere del W.E.C ( World Energy Council), l’organismo più importante al mondo che si interessa di energia a 360°.

Dott. Preziuso, non so se lei è al corrente della novità riguardante possibili giacimenti di petrolio in Irpinia, precisamente presso Gesualdo. Sembra però che tale scoperta non sia ben vista da molti amministratori. Cosa ne pensa lei, ex dirigente Snam e consigliere di una delle maggiori organizzazioni al mondo a riguardo?

« Prima di tutto vorrei dire che il WEC, come confermato nell’ultima assem- blea statutaria, intende mantenere un ruolo di terzietà senza interessi né aziendali né politici e continuare ad essere un superconsulente molto attento anche alle possibili nuove frontiere tecnologiche».

Quindi il WEC si interessa anche di energia alternativa?

« Certo, e lo diremo appresso. Per quanto riguarda il petrolio in Irpinia, vi racconto un episodio molto significativo che mi è accaduto alcuni giorni fa: dopo il caldo infernale di Roma, mentre ero seduto su di una panchina nella bella piazza di Bagnoli e mi godevo l’aria fresca e leggera, mi si è avvicinato un signore, un “cittadino”, nel gergo 5 stelle, un compaesano, via, che, memore della mia esperienza lavorativa presso la Snam Progetti e nell’ENI mi ha detto: <compà, è vero che o petrolio porta malattie e il terremoto?> Io gli ho risposto, naturalmente, che non era vero. Purtroppo questo è il contesto di disinformazione e pregiudizi che deve affrontare, in questo caso per il progetto petrolifero».

Questo perché parlare di petrolio vuole dire parlare anche di grandi capitalisti a livello mondiale.

«Anche in questo caso vi è molta disinformazione. L’industria petrolifera fa capo ad una associazione industriale di settore che si chiama “Assomineraria” e che fa riferimento alla Confindustria. Si tratta quindi di una filiera a livello nazionale composta da 24 compagnie energetiche impegnate in esplorazioni e produzione di olio e gas e nello stoccaggio sotterraneo di gas, e 112 imprese fornitrici di beni e servizi ad elevato contenuto tecnologico e specialistico».

Certamente un complesso dal rilevante valore economico. Dove in Italia i maggiori prelievi?

«Pensi che sulla costa romagnola, a Ravenna per l’esattezza, ci sono più di 40 piattaforme gas in produzione in mezzo al mare e le spiagge …» .

.. sono inquinate?

«… neanche per idea, hanno avuto il riconoscimento di 96 bandiere blu e l’industria turistica balneare del luogo, rinomata non solo a livello nazionale, non ha subito nessun decremento per questo».

Parliamo ora di occupazione. Quali sono gli interessi locali che potrebbero affacciarsi dietro una simile scoperta?

« Il settore ha un forte profilo di sviluppo per quanto riguarda l’occupazione, uno dei maggiori, in quanto vi sono numerosi progetti di investimenti sia a terra che a mare. Per l’esattezza, 80 progetti di diverse dimensioni con un costo di oltre 17 miliardi di euro la cui realizzazione significherebbe oltre 100.000 posti di lavoro annui, entrate fiscali e relative Royalites per oltre tre miliardi di euro da distribuire a Stato, agli Enti locali o alle Comunità interessate per tutta la durata della produzione, riduzione di ulteriori 5 miliardi di euro sulla bolletta energetica, superando i 10 miliardi di euro, sicurezza energetica nel portare la nostra produzione dal 10 al 20% dei bisogni complessivi».

Eppure, sembra che la questione sia vista in maniera negativa soprattutto dagli ambientalisti.

«E’ evidente che esiste il problema del consenso sui territori. Bisogna trovare delle regole chiare ed efficaci. Due sono i momenti: il consenso che riguarda la pubblica opinione in tutte le sue manifestazioni, e quello delle pubbliche amministrazioni. Una tra le maggiori valutazioni tecnica, e dei relativi permessi, è quella legata alla compatibilità ambientale, che fanno capo a vari Ministeri e agli Enti locali preposti. Queste due sfere debbono rimanere separate perché tutte le volte che l’una si è sovrapposta all’altra, l’unico risultato è stato l’immobilismo».

Vista la diversità dei pareri, sarebbe opportuno a questo punto aprire un dibattito in merito. Non crede?

« Certo, giusto, è opportuno che que- sto avvenga, sul modello della Francia, con il nome di Public Debatment, a cui possono partecipare le Associazioni locali, soprattutto quelle Ambientalistiche, i comitati, i politici, i cittadini tutti».

Dibattito anche sulle autorizzazioni rilasciate dagli Enti locali, spesso, si dice, di parte?

« Certo, ci mancherebbe altro. La novità su cui si discute, è che i due momenti debbono avere un termine preciso (6 mesi, 1 anno) per decidere se realizzare o meno l’opera, per dare una certezza agli investitori».

Ritornando alle fonti energetiche al ternative, lei prima ha detto che la Snam cura anche altri progetti oltre a quelli tipici dell’estrazione del greggio e del gas, quali per l’esattezza?

« L’Italia deve perseguire il cosiddetto Mix produttivo, ovvero vanno utilizzate tutte le fonti di energia fossili (petrolio, gas, carbone) e quelle non fossili rinnovabili (solare, fotovoltaico, eolico, idroelettrico ecc.). E’ sorprendente che una zona così ricca di boschi come Bagnoli, e l’intera Irpinia, ovvero con una materia prima così a portata di mano, non si sia pensato a realizzare una centrale di produzione di energia a “biomasse”» .

E’ vero, è grave, molto grave, come è molto grave che i boschi nella provincia di Avellino, soprattutto quelli di Bagnoli, tra i migliori in Italia in quanto composti da Faggio più bianco e tenero rispetto ad altri, non vengono utilizzati come l’economia selvicolturale vorrebbe. Anche in questo caso la nostra provincia si sta privando di una industria da considerarsi primaria.

« Capisco il suo disappunto, lei che è stato un funzionario del Corpo Forestale, ed ha ragione, se si considera che in questo contesto sono previste l’auto elettrica, le Smart Grid e l’uso del GNL nell’autotrazione. Le nostre aziende si debbono impegnare per agganciare finalmente la ripresa e creare posti di lavoro per le nuove generazioni».

Tornando a noi, quindi, in Irpinia?

« Sono certo che l’ENI svolgerà tutte le fasi del progetto nel massimo ri spetto ambientale. D’altronde questa cultura è ben nota in questo territorio in occasione dei lavori del metanodotto algerino fatto dalla Snam gruppo ENI, con il ripristino dello stato dei luoghi fatto nel massimo rispetto dell’ambiente naturale dove sono passatele tubazioni. Lo ha confermato lo stesso presidente di Assomineraria nell’ultima assemblea annuale, il dott. Claudio de Scalzi, che è anche direttore dell’ENI divisione Exploration and Production, nel confronto di tutte le Associazioni Ambientalistiche».

Però…però… in Val d’Agri, nel potentino, sembra che vi siano delle contestazioni legate proprio a questioni ambientali, in quanto sembra che le estrazioni abbiano inquinato alcuni pozzi. E’ vero?

« Conosco abbastanza bene questa realtà e posso assicurare innanzitutto che la produzione continua secondo i criteri previsti, con circa 90.000 barili al giorno. Tutti i controlli ambientali sono eseguiti in maniera puntuale, le contestazioni pertanto sono strumentali. Non c’è nessun tipo di inquinamento alle falde acquifere dovuto alla produzione petrolifera. C’era stato, sì, un problema, quando il prodotto giungeva in raffineria attraverso i camion; problema oggi eliminato in quanto è stato realizzato un oleodotto che parte da Viggiano e arriva direttamente alla raffineria ENI di Taranto. Quindi, alla base, possiamo dire che spesso vi è disinformazione.

Per concludere, e la ringraziamo per la disponibilità che ci ha dimostrato, una eventuale estrazione di petrolio in Irpinia è da considerarsi un fatto negativo o positivo?

« Positivo, estremamente positivo, perché potrebbe fare nascere, tra l’altro, un indotto come quello sorto in Basilicata. Questo vuole dire maggiore possibilità di occupazione. Vorrei segnalare infine l’iniziativa svolta nel contesto del progetto dalla ASSOIL, con il concorso di molte aziende private e anche dell’asse minerario, che si sta rivelando estremamente positivo, al punto da avere portato a termine un accordo con il Mozabico, dove l’ENI svilupperà uno dei suoi maggiori giacimenti di gas al mondo. In ogni caso resto disponibile attraverso questo giornale per chiunque volesse mettersi in contatto con me per avere maggiori delucidazioni in merito».

                                                                                                       

2 Commenti »

  • nigro.simone scrive:

    Esistono diverse ricerche che collegano l’attività di trivellazione all’aumento dell’attività sismica nella zona trivellata.

    Qui un interessante articolo a proposito del New York Times http://www.nytimes.com/2012/06/02/us/in-land-of-hydraulic-fracturing-a-battle-over-water-pollution.html che forse il compaesano Pino dovrebbe leggere prima di rassicurare la gente su un pericolo reale e scientificamente accertato.

  • antonic54 scrive:

    da Il Fatto Quotidiano di oggi 29/8/2013. Articolo del sen. M5S lucano Vito Petrocelli.

    ORO NERO DEL SUD
    La balla continua del petrolio lucano
    di Vito Petrocelli*
    Ebasta con questo potere salvifico assegnato al petrolio lucano. Non se ne può più di questa bugia colossale che, dopo 30 anni di priorità economica data alle estrazioni minerarie e alla grande industria, vede la Basilicata primeggiare nella disoccupazione, nell’emigrazione e, secondo l’Istat, nel primato di regione più povera d’Italia. Prima ci si è messo il direttore di “Nomisma Energia”, Davide Tabarelli, consulente delle società minerarie: ha affermato che il petrolio non inquina e ha accusato gli ambientalisti di bloccare investimenti per 5 miliardi di euro e di far perdere migliaia di posti di lavoro. Dimenticandosi che la filiera del petrolio è ufficialmente riconosciuta come cancerogena e che il più grande “Centro Oli” d’Europa, realizzato a Viggiano, in Basilicata, 18 mila mq di superficie, costato 16 anni fa l’equivalente di circa 1 miliardo di euro (e che costerà miliardi in bonifiche), ha finora dato occupazione ad appena 57 lucani. Calcoli alla mano, con i 5 miliardi di investimenti minerari di cui parla Tabarelli forse daremmo occupazione ad altre 200 persone. Non di più.
    Con una cifra del genere investita nelle piccole e medie imprese lucane, oltre a renderla energeticamente autonoma dal fossile, l’occupazione sarebbe esponenziale e forse ripopoleremmo questa regione, anziché desertificarla. Poi ci si è messo anche il presidente dell’Eni, Giuseppe Recchi. Al Meeting riminese di Comunione e Liberazione, coglie l’occasione per far sapere alla nazione (e alla Compagnia delle Opere) che il “petrolio lucano salverà l’Italia”. A dispetto del luogo comune che lo definisce artatamente il “più grande giacimento d’Europa in terraferma”, la miniera di idrocarburi lucani è poco più di una “pozzanghera” di petrolio di pessima qualità. Produce all’anno solo 30 milioni di barili e circa un miliardo di metri cubi di gas, coi quali copre il 6% del fabbisogno nazionale e annuale di petrolio e circa l’1,5% di quello del gas. Per cui non si capisce quale ritorno avrebbe la nazione, o meglio l’Eni, a fare della regione un colabrodo che, invece, è uno dei più importanti bacini idrici europei – le cui acque, che danno da bere e da “mangiare”, tra Puglia e Basilicata, a milioni di persone, di capi di bestiame e di ettari di terreno, sono messe a rischio da perforazioni che le società minerarie attuano in barba a ogni regola sociale. Un paio di idee l’avremmo. La prima è certa: in meno di 8 anni svuotano “la pozzanghera” per poi fare speculazione con lo stoccaggio di gas. Per la seconda, stiamo ancora aspettando una risposta, sia dall’Eni che dal ministero per lo Sviluppo economico, per via di una serie di pozzi che, in Basilicata, sono dichiarati per l’estrazione di gas, ma inquinano col petrolio. Fondi neri ed evasione fiscale?

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