Laceno – Campeggio Zauli, mezzo secolo all’aria aperta
11.08.2013, Il Mattino (di Adlo Balestra)
II cinquant’anni del campeggio che non invecchia. Ogni estate 150 studenti divisi in 3 turni. Un modello analogo solo a Trento.
Se Bruno Zauli fosse ancora vivo certo sarebbe venuto, fin quassù, a millecento metri, a respirare aria buona, tra i faggi che fanno filtrare il sole a quadratini. E lui, che aveva l’atletica nel sangue, si sarebbe inerpicato sul Rajamagra oppure, chissà, avrebbe trascorso la nottata sul Cervialto, ad aspettare l’alba, insieme agli istruttori e agli studenti, come si faceva fino a qualche anno fa.
Sarebbe orgqglioso, Zauli, il compianto segretario generale del Coni, morto nel’63, di quanto s’è poi fatto nel suo nome. Lui che divise i calciatori in professionisti e dilettanti per dare regole al calcio moderno, avrebbe trascorso volentieri del tempo con i ragazzini tra gli 11 e i 16 anni che ogni anno l’Ufficio Scolastico Provinciale di Avellino spedisce qui a Bagnoli, tra i boschi del Laceno, al «campeggiò Zauli». Vita sana, all’ aria aperta, contatto pieno con la natura, disciplina e svago, sport e regole, risotti alla veronese e salsicce alla brace sotto il cielo delle notti di mezza estate.
È un miracolo tutto italiano che sopravvive solo ad Avellino, il campeggio Zauli. Ad Avellino e a Belluno. I campi scuola sono andati via via scomparendo, nel Paese, ma qui no. In dieci lustri il campus è passato attraverso la direzione di Contino, Piazza, Saccone, oggi (e da 25 anni) di Geppino Giacobbe – coadiuvato dai prof. Michele Troncone, inflessibile istruttore, e Peppino Barzaghi, impareggiabile chef per passione – e continua a costituire un fermo riferimento educativo: resiste, funziona, piace. È apprezzato.
Per la formazione accanto alle ore di studio, per una straordinaria possibilità di socialità che ogni anno si rinnova per 150 studenti delle scuole irpine che vengono selezionati e, suddivisi in tre turni, qui trascorrono l’estate. A casa i genitori, via volentieri, distanti. Per quindici gioini la vita è altra, anche un po’ awenturosa, magari. L’altra sera il temporale costringeva tutti in refettorio, mai ragazzini si divertivano, altro che play station, ad attendere che spiovesse per tornare in dormitorio.
E se parli con qualcuno dei quasi ottomila ex studenti che in cinquant’anni sono passati di qui (per molti professionisti di oggi l’alzabandiera alle 7 è rimasto un incubo, quasi da vita militare), ti racconteranno di mille episodi: di quella volta che gli scout, sorpresi dall’alluvione, chiesero ospitalità nel cuore della notte, e fini tutto a latte caldo e brioche, o di quella volta che la comitiva si perse sui sentieri, ma fu uno spasso il ritorno al campeggio nella camionetta dei carabinieri. Oppure delle mucche che invadono ogni tanto il campeggio e lasciano abbondanti tracce del passaggio, o la gara di tiro con l’arco vinta, e la rivincita a basket che è rimasta «appesa », e le stelle viste cadere di notte ad agosto come solo in montagna sai apprezzare.
Vita vissuta, ricordi, sorrisi. Oggi il campeggio Zauli chiude il turno 2013, e festeggia 50 anni. Davvero, non li dimostra. Forma autorevolmente modema di modello educativo, laddove certe esperienze sono in disuso, tranne che venir invocate, spesso, con fare nostalgico. Vedere ragazzini emozionarsi ancora per un’alba o un tramonto, provare la fatica di un’ascesa alla vetta, o la sensazione liberatoria di bere acqua dalle mani unite alla «Fiumana», vederli mangiare e fare sport lontani dai ritmi scannati e dalle stupide nevrosi di ogni giorno, è qualcosa di bello, diverso. E qualcosa che merita, davvero, gli auguri.