Bagnoli, riapre al culto la Chiesa di San Domenico
08.08.2013, Articolo di Domenico Cambria (Il Corriere)
In occasione dei festeggiamenti di S.Domenico, a Bagnoli il 4 agosto, è stata riaperta al culto, anche se per il solo giorno della festività, l’imponente chiesa convento di S.Domenico, una delle opere d’arti più importanti in provincia, considerando la sua storia e le sue origini, che risalgono al 1490.
La storia dell’entroterra irpina è piena di storia, ad iniziare dal Fontigliano di Nusco, al Goleto, a S.Gerardo, Mirabella Eclano, Ariano ecc., per le tante vicende belliche subite, oggi in parte recuperate in parte ancora appese ad un filo, dimenticate o quasi, in una epopea più unica che rara. Come, appunto, la chiesa di S.Domenico.
La sua vicenda storica inizia nel 1460 quando il vescovo Pascanio di Nusco decretò la chiusura dell’abbazia di Fontigliano. I Bagnolesi, molto legati a questo luogo e all’Abbazia stessa, vollero realizzare qualcosa di simile, pregando le vedove di Garzia e Diego Cavaniglia, le nobil donne Giulia Caracciolo e Margherita Orsini, di realizzare qualcosa di simile. L’invito venne subito accolto e, pur se esse si erano ritirate a Napoli, si prodigarono immediatamente per raccogliere i fondi necessari. Ebbene, in soli cinque anni non solo raccolsero quanto necessario per la realizzazione di qualcosa di imponente, ma la realizzarono anche. I lavori, iniziati nel 1485, furono portati a termine nel 1490!
A che ordine assegnare l’imponente complesso? La scelta cadde sui domenicani. La chiesa, chiusa intorno al 1957 per restauro, è stata riaperta proprio in questi giorni in occasione dei festeggiamenti di S.Domenico, ma per un solo giorno, quello della festa, poi essere poi richiusa in quanto i lavori da completare, che vanno avanti da ben 55 anni, un pò come la tela di Penelope.
Considerato che tutto il complesso fu realizzato in soli cinque anni, dopo 55, ci saremmo aspettati qualcosa in più, sì, davvero qualcosa in più: vale a dire che il monumento fosse finalmente passato nelle mani dei legittimi proprietari, cioè dei bagnolesi. Invece, nulla di tutto questo, il suo interno è ancora tutto da restaurare, tutto, soffitto compreso, composto da cassettoni in legno dorato che rappresentano la vita del santo. Da restaurare tutti gli altari laterali, il coro, la sagrestia e tutte le opere d’arti che vi erano al suo interno, tra queste un’opera di Marco Pino da Siena che rappresenta l’ascesa al cielo dell’Immacolata. Le stesse campane sono rotte e non sostituite, anche se l’impalcatura ha fatto bella mostra di se per decenni.
Cosa è stato fatto, allora, in questi 55 anni?
Il tetto, solo il tetto e poco altro. Poco, davvero troppo poco, considerato il tempo trascorso e i finanziamenti avuti. Se i lavori andranno avanti di questo passo, e tutto ci fa pensare di sì, occorreranno almeno altri 55 anni perché Bagnoli si riappropri della sua storia. E sono troppi, davvero troppi, relegati alla solita burocrazia, agli sprechi e al menefreghismo, che troppo spesso condizionano questo tipo di lavori.