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Salviamo San Domenico!!!

04.08.2013, Approfondimento e reportage fotografico (di Federico Lenzi)

Era il simbolo dell’eccellenza bagnolese, ora è il simbolo della sua decadenza.

Un antico tempio si erge solitario nella sua maestosità, deturpato dall’abbandono, da restauri di cattivo gusto e da saccheggi vari. Nonostante ciò continua imperturbabile a sfidare il tempo, a non cedere, a non affondare nelle sue sabbie. Giorno dopo giorno le colonne del suo chiostro arrancano tra la vegetazione, resistono tenacemente ai vari terremoti, quasi a voler ribadire il loro desiderio di esistere e di perdurare contro tutto e tutti.

Quest’antico tempio poggia le sue fondamenta in un passato molto lontano, un passato glorioso fatto di nobili, feudatari, conti, cavalieri, virtuosi frati e devoti popolani. Quasi un altro mondo tant’è lontano nel tempo. Una volta in questo posto c’era sfarzo e lusso: argenti e ori, legni finemente lavorati, bellissime statue e raffinate pitture. Invece, ora troviamo solo il degrado più totale. Su questo sacrato si respirava aria d’incenso e di potenza. Qui si potevano incontrare artisti provenienti da tutt’Italia, cavalieri e colti studiosi; ora l’essere umano non si fa vivo molto spesso in queste sale.

Questo complesso una volta era il cuore pulsante di questo paese, il suo centro, che dominava dalla sua posizione sopraelevata. Dinanzi a questo portone ogni bagnolese s’inchinava per prender parte ad una celebrazione, per chiedere un prestito o per garantire un futuro migliore al suo figlio mediante lo studio. Se una di queste persone tornasse in vita e si aggirasse nel convento ora cosa penserebbe mai? E’ crollato l’Impero Romano d’Oriente e i turchi ci hanno invaso? Dov’è la Chiesa di Roma e dove sono i nostri eredi? Chi ha permesso che questo monastero cadesse così in basso? Stenterebbe a farsi capace che sono stati proprio i suoi discendenti a tradirlo, che i suoi discendenti hanno abbandonato e disprezzato quello che fu l’essenza del paese.

Quest’antico tempio anche se deturpato, oltre ad incutere un profondo senso di malinconia e di tristezza, guardato con attenzione mostra ancora una bellezza e un’armonia difficili da imitare. Al suo interno cela un vero e proprio mondo fatto di arte e storia che s’intrecciano tra loro. Cari lettori, pensiamoci bene, cosa sarebbe stato mai Bagnoli se questo monastero non fosse mai sorto? Forse sarebbe rimasto un rozzo villaggio di montanari senza arte e senza cultura. Se su queste due cose la storia mostra come abbiamo primeggiato lo dobbiamo esclusivamente al circolo virtuoso innescatosi con l’opera dei domenicani. Senza di loro non avremmo mai avuto personalità come Ambrogio Salvio (solo per citare il più celebre). Se non ci fosse stata una dura lotta tra i prelati e i monaci non avremmo mai avuto una chiesa madre così bella e non sarebbero mai sorte strutture come il convento di S.Caterina, il convento di S.Rocco e la cappella della congrega dei nobili!

Il monastero di San Domenico ha scritto pagine e pagine della nostra storia nell’arco di mezzo millennio. Non possiamo salire sul palco e dire che amiamo Bagnoli se non amiamo la sua storia, se non amiamo i suoi monumenti e quindi se non amiamo anche questo vecchio edificio che tante emozioni sa suscitare! Credo che sia una priorità curare e custodire quest’eccellenza di cui dovremmo essere fieri, ma allo stato attuale dobbiamo solo vergognarcene! Occorrono seri interventi di ricostruzione e di restauro del complesso, non bastano semplici tamponamenti tanto per far notizia e salvare l’apparenza.

STORIA

La storia di questo monastero inizia lì dove termina quella del convento benedettino di Fontigliano. Quest’altro convento era sorto nel X secolo e nell XI secolo ormai abbandonato fu ripristinato e posto sotto la sua tutela da S.Amato (primo vescovo di Nusco). Alcuni anni dopo la morte del santo i monaci smisero di versare i tributi che gli erano stati imposti al vescovo di Nusco che al contempo mirava a impossessarsi dei loro terreni per sfamare il suo numeroso clero. Il papa per porre fine alle controversie sottomise il convento di Fontigliano alla curia romana, ma le ostilità continuarono e i bagnolesi presero le parti dei monaci mentre i nuscani quelle del vescovo.

Con l’insediarsi del feudatario Gianvilla a Nusco, Bagnoli venne a trovarsi sotto un diverso dominio (quello dei Cavaniglia), quindi il nuovo padrone del paese con una lettera a Pio III e l’appoggio del re Ferdinando I d’Aragona fece sopprimere l’abbazia. Scacciati i monaci i nuscani tentarono di cacciare anche i bagnolesi e invasero il territorio risalendo il monte Piscacca fino a giungere al Laceno, ma non perdiamoci in un’altra storia… I nostri concittadini dispiaciuti manifestarono il desiderio di erigere un nuovo monastero in paese e le due vedove Giulia Carracciolo e Margherita Orsini che si dedicavano ad opere di carità colsero la palla al balzo. Le due nobil donne con vementi orazioni aiutarono i cittadini a raccogliere i fondi per costruire il monastero e comprare i suppellettili necessari. Oltre a contribuire con le offerte donarono un vasto terreno cinto da mura che partiva da dove oggi troviamo il convento giungendo fino al campo sportivo e che fu denominato “Vigna dei Monaci”. Costruirono una chiesa dedicata a S.Maria di Loreto e essendo spagnole un monastero al loro connazionale S.Domenico da Guzman.

L’autorizzazione dell’ordine domenicano giunse da Bologna nel 1485, il complesso fu terminato nel 1488 e inaugurato nel 1490. Venne istituita anche una congregazione della Madonna del Rosario che si è sciolta solo nel secolo scorso. Nel 1575 con un atto notarile il frate Ambrogio Salvio investì tutti i suoi risparmi per acquistare al convento libri e arredamenti, costruire il campanile come noi lo vediamo oggi, le sei colonne all’ingresso e la piazza dinanzi la chiesa. Col passare degli anni i monaci aprirono anche una banca che finanziò l’artigianato in paese. Lo stile cinquecentesco originario della struttura andò perduto con il terremoto del 1694, quindi si passò ad uno stile barocco: adattando colonne, capitelli e cornici. Nel 1796 per ordine dei Borbone tutti gli oggetti preziosi superflui nelle chiese dovevano essere fusi, pertanto le statue d’argento vennero interrate.

I francesi all’inizio dell’ottocento soppressero il monastero e misero i suoi beni all’asta. Nel 1809 il popolo supplicò il barone Ronca, che aveva i familiari sepolti nella chiesa, di far riaprire il convento. Venne riaperta solo la chiesa e i sacerdoti vi andarono ad officiare messa, mentre i frati non ritornarono mai più. Ovviamente non avendo mai avuto buoni rapporti con i monaci i prelati ebbero poca cura della loro chiesa. Un fulmine distrusse la cuspide sormontata da globo e croce che si trovava sul campanile negli anni trenta del diciannovesimo secolo. I carbonari della società dei “Figli del sole e dell’onore” si riunirono nel convento che fu anche usato come alloggio per truppe mercenarie! Per costruire la casa dell’Eca nel 1939 si demolì parte del monastero e venne rinvenuto il cippo in marmo scolpito che ora si trova sul marciapiede di fronte al cinema. La pietra scolpita che s’incontra risalendo via Michele Lenzi invece è sempre stata lì. Nel dopoguerra le famiglie meno abbienti del paese lo usarono come dormitorio.

Prima del 1980 la struttura era in comodato d’uso alla Chiesa che con la Sovraintendenza la stava restaurando (rifecero la copertura), ma il sisma distrusse metà del complesso danneggiando la torre campanaria. Dopo la scossa entrarono in chiesa con un mezzo cingolato danneggiando il pregiato pavimento in maioliche! In seguito, lavori durati anni hanno ristrutturato il campanile, il soffitto e la struttura interna della chiesa.

Nel 2009 con un intervento da 500.000 euro si è ritinteggiato e ripavimentato il sacrato ed in seguito è stato aperto per mostre varie negli ultimi anni. Dopo quarant’anni in occasione della festa in onore di S.Domenico del 2012 si è celebrata di nuovo una messa nell’edificio. Bisogna aggiungere che da quando il monastero fu soppresso fino alla prima parte della seconda metà del secolo scorso i bagnolesi hanno letteralmente trafugato di tutto da quell’edificio e i bambini ci giocavano scendendo finanche nelle cripte!

COM’ERA E COM’E’

Su questo tempio sono stati scritti fiumi di parole in articoli e libri, ma la descrizione più bella e suggestiva resta quella del Bucci redatta nel 1947 (non l’ho inserita per non dilungarmi troppo). Il maestoso porticato presenta sei grandi colonne e una grande trabeazione. Il campanile alto trenta metri si presenta quadrato ai primi due piani e ottogonale al terzo. L’interno è a croce latina con tre navate: la centrale è larga otto metri e venti e le laterali tre e mezzo ciascuna.

La chiesa è lunga trentacinque metri e il transetto ne è largo ben trentadue. In quel tempio c’erano tantissime opere d’arte, una meraviglia dietro l’altra: era addirittura più bella della cattedrale e non sfigurava nemmeno a paragone con S.Domenico Maggiore in Napoli. Il soffitto era formato da cornici in legno intagliate e dorate in cui erano stati rappresentati gli episodi della vita di S.Domenico con i santi dell’ordine (già all’epoca di Bucci erano in pessimo stato). I pilastri sono in travertino e ricoperti da intonaco.

Uscendo si accedeva al convento da una porta sulla destra che dava su uno stupendo chiostro in stile rinascimentale con archi e colonne in travertino a reggere il loggiato sovrastante. Nel mezzo alimentata da una sorgente c’era la fontana che ora è in piazza (invece del putto aveva una colonna e una vasca). Al primo piano c’erano le aule e al secondo le celle dei frati. In tutto il convento c’erano gli stemmi del paese e secondo un documento del 1816 c’erano in tutto ventidue vani soprani e otto sottani.

Venendo ad oggi troviamo le due entrate al convento di fronte al cinema murate e s’intravedono i resti dei portali. Saltando all’angolo con via M.Lenzi notiamo un corridoio colmo di vegetazione e rifiuti. Tutti i piani superiori sono collassati. Salendo sulle scale d’emergenza del cinema, dall’alto, possiamo notare come la parte del chiostro che ha retto è quella appoggiata ai muri che danno su via M.Lenzi essendo più spessi e quella ingabbiata in un’arrugginita impalcatura. Nel mezzo restano solo rovi e macerie. Dei piani superiori rimane solo un ingresso unito alla chiesa che sovrasta una montagna di macerie.

L’ingresso alla destra del portone della chiesa è chiuso da un pezzo di lamiera e dinanzi si trovano gettate le pietre del portale del convento di S.Rocco! Quella porta conduce in un’ambiente in cui il soffitto è retto dall’impalcatura e in cui a terra scorre l’acqua. Conduce a destra al chiostro e di fronte a due stanzoni colmi di rifiuti edili! Nella facciata del monastero c’è una vecchia fontana sfregiata come le sei colonne, sulla trabeazione si notano infiltrazioni e muschio. Entrando nella chiesa si osserva subito come il soffitto sia stato restaurato (in parte), ma dei quadri che vi si trovavano non ve n’è traccia. Gli interni sono stati tinteggiati di rosa e giallo. L’altare in marmo scuro appena entrati alla sinistra sembra quasi sventrato e alla sua destra c’è un’apertura che come la cappella nel transetto sinistro è stata riempita di spazzatura.

Dalla parte opposta le cappelle del transetto destro sono state completamente restaurate e vi si ammirano dei bellissimi affreschi. Quella che fu la sede della congrega è uno stanzone scuro non tinteggiato con un grande oggetto sotto un telone nel mezzo e un nuovo soffitto in mattoni retto da travi in ferro. Dinanzi a quella che fu la cappella dedicata a S.Domenico troviamo il quadro di Marco Pino, restaurato l’anno scorso, e s’intravede solo un lugubre drappo che penzola dal soffitto.

Del coro ligneo non c’è traccia, le scale dell’organo sono fradice e le sue canne a deposito. Nel pavimento si trovano ancora le lapidi incise che portano alle cripte (ancora inesplorate). Il campanile è stato restaurato ma la cuspide con croce e globo non è stata rifatta. Per ospitare il quadro del Marco Pino la chiesa è stata recentemente dotata di allarme e telecamere.

GLI ULTIMI TESORI

Oltre al quadro del Marco Pino ivi custodito, nel deposito della chiesa madre troviamo i dipinti: “Le nozze di Sara e Tobia”, “Madonna del Rosario” e “San Michele Arcangelo” (tutti anonimi). Nella cattedrale si trova anche il busto d’argento del santo a cui nel 1987 furono rubate la testa e le mani (ora rifatte) e il bambinello (che attualmente manca) e la statua della Madonna del Rosario in legno con vestito in fili d’oro. Anche le reliquie della Sacra Spina e del braccio di S.Domenico appartenute al convento sono al sicuro nella parrocchia. Inoltre, i candelabri del Cappellone sono quelli del monastero.

Alcuni libri dei tantissimi libri della biblioteca sono a Montevergine. Altri cimeli del monastero erano negli ex-laboratori dell’Itis. Al museo nazionale di Napoli si conserva la “Circoncisione” degli allievi del Marco Pino che vi è raffigurato con la moglie.

Questo è uno di quei gioielli su cui se non s’interviene in tempo andrà perduto per sempre. Quando l’avremmo perso potremmo solo piangerci addosso. Molto è andato perduto, ma tanto è ancora recuperabile! Lì dove passeggiavano i monaci ora passeggiano i topi! E’ così che Bagnoli è riconoscente ai domenicani che tanto fecero per il paese? Il patrimonio culturale che si è perso con la biblioteca del convento è immenso, anche se auspico che i miei paesani non siano stati così ignoranti da bruciare tutto e che conservino ancora nelle loro case quanto trafugato. A Montella il convento di S.Francesco versava in condizioni peggiori, eppure la popolazione l’ha ricostruito a sue spese e ha restituito quanto rubato anonimamente (spero che ci sia d’esempio e quindi che anche a Bagnoli si restituisca tutto in questo modo).

Abbiamo saccheggiato e deturpato un luogo sacro quasi fossimo una popolazione barbara! L’ex-assessore ai lavori pubblici disse in un’intervista che sono stati fatti i progetti per restaurare il chiostro con 4.605.000 euro e per restaurare la chiesa con 1.997.000 euro. L’attuale amministrazione ha promesso in campagna elettorale d’impegnarsi per riaprire il convento. Dobbiamo ammettere che la chiesa del convento è stata riaperta dopo decenni ed è stato restaurato il quadro della “Madonna del Rosario”. Anche essendoci i progetti in Italia non s’investe sull’arte: non arrivano i soldi per Pompei, arriveranno mai in tempi umani quelli per il convento? Quindi perché non dare a Cesare ciò che è di Cesare, perché non far ritornare i domenicani a Bagnoli? Sotto il loro controllo quel complesso ha conosciuto solo splendore, mentre in due secoli di gestione demaniale si è ridotto allo stato attuale.

Si potrebbe cedere una piccola quota del complesso all’ordine domenicano e quando avranno ristrutturato il tutto cedergli completamente il monastero precisando nel contratto che si accollino anche le spese di manutenzione aprendolo per le visite guidate, per convegni e manifestazioni. Se si continuerà di questo passo tra qualche decennio di quel monastero non rimarrà più nulla! Quel convento poteva divenire un polo turistico come quello di Montevergine se non fosse stato soppresso. A mio modesto parere è preferibile che il monastero di S.Domenico torni a rivivere come convento divenendo un centro vitale e culturale come quello di S.Francesco a Folloni e non che resti nelle mani di qualsivoglia giunta comunale per essere aperto saltuariamente.

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Il reporta fotografico


                                                                                                       

2 Commenti »

  • marzopascal scrive:

    DEVE TORNARE ALLA CHIESA POI LA CURIA POTRA’ INTERVENIRE SUI RESTAURI.
    CON I FONDI DELL’8 PER MILLE E CHISSA’ SARA’ LA VOLTA BUONA PER APRIRE UN MUSEO DI ARTE SACRA CON LE TANTISSIME OPERE D’ARTE CUSTODITE OGGI NEI DEPOSITI

  • Federico L scrive:

    Se non lo si vuol far tornare un convento (o se la curia non lo vuole) si potrebbe cederlo al Fai (Fondo Ambientale Italiano)che certamente lo aggiusterebbe facendone un museo. Nel cedere l’edificio ai monaci o al Fai il Municipio ha tutto da guadagnarci in quanto risparmierà i costi di manutenzione e di gestione della struttura.

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