Quattro giorni sul Laceno …
21.07.2013, Il diario di Angelo Mattia Rocco (da www.laceno.net)
Come vivere l’altopiano abbandonandosi alla natura e allo scorrere del tempo.
Il turismo dell’altopiano Laceno, tra mille difetti e continue difficoltà nel lanciare una linea univoca di marketing e di accoglienza, continua (a mio avviso) ad essere un incredibile punto di forza per l’intera regione, capace da se, con il suo immenso patrimonio naturalistico, di poter raccogliere flussi d’utenza da diverse regioni del meridione e dalle altre province della stessa Campania.
La mancanza di alcuni servizi, l’incapacità negli anni di lanciare ad alti livelli un tipo di eco-turismo di qualità, le continue beghe tra immaginarie “linee di confine” e la conseguente lotta alle “streghe” da scacciare, tuttavia , non sono le uniche colpe del mancato salto di qualità.
In questa settimana passata sull’altopiano (esattamente 4 giorni dal 16 al 19 Luglio) ho potuto toccare con mano un problema più grande, più profondo e di gran lunga più difficile da superare: la mentalità dei nostri giorni e il concetto attuale di relax e divertimento.
Un significato stravolto dalla vita frenetica e artificiale che stiamo vivendo e che ci ha portato (non a tutti fortunatamente) a cercare in una località come il Laceno, qualcosa che sarebbe solo un di più, qualcosa di non necessario, qualcosa che in alcuni casi stravolgerebbe anche l’essenza stessa della località.
Laceno può essere ancora la meta di chi vuole realmente assaporare la natura, di chi ha bisogno di poco per sentirsi vivo, di chi (come dicevamo con amici in questi giorni) sa gustarsi la libertà in pochi elementi: natura, amicizia, serenità, sapori, colori, silenzio.
A dimostrazione di ciò (che ovviamente è solo un punto di vista e non rappresenta certamente una soluzione) con piacere e con un pizzico di malinconia (perché ormai un ricordo) vi propongo il resoconto di questi 4 giorni e lo farò sotto forma di diario, cercando di lasciare a voi sensazioni e soprattutto lo “scorrere del tempo“.
“Nell’articolo saranno riportati volontariamente i nomi delle attività di ristorazione “visitate” in modo da far capire come anche delle giornate semplici possano generare indotto e creare una cultura eco-sostenibile e favorire un turismo di nicchia ma nello stesso tempo di sostanza. Questo resoconto tuttavia non vuole certamente nascondere le difficoltà del Laceno e la mancanza di servizi basilari, ma vuole essere un quadro di ciò che potrebbe essere questa località per veri appassionati di natura”
16 Luglio 2013 : l’arrivo a Laceno
Alle 15.00 del pomeriggio, l’afa salernitana comincia a soffocare i pensieri. La montagna è lontana, eppure tra impegni di lavoro e la voglia di allontanarsi dallo stress quotidiano e soprattutto dal caldo, comincia a maturare l’idea di allontanarsi. La Domenica lacenese era terminata con la proposta di un caro amico, di passare qualche giorno sull’altopiano, ospite nella sua abitazione di montagna a pochi passi dal Bar “La Lucciola”. Allora, la tentazione sale e nel giro di pochi minuti, dopo una piacevole telefonata parte l’organizzazione del “viaggio”.
Decido di vivere queste ore di montagna senza l’ausilio dell’auto e per questo, facendomi accompagnare presso la piazza di Montecorvino Rovella, alle ore 18.05 salgo sull’autobus in direzione di Acerno, dove poi un caro amico bagnolese mi accompagnerà sul Laceno per posare i bagagli e per cominciare l’avventura.
Già dai castagneti di Acerno l’aria frizzantina cominciava a dare i suoi frutti, i pensieri cominciavano ad alleggerirsi e il corpo a riposare.
Giunti al Laceno poi, come sempre, prima tappa all’ormai “mitico” Bar “La Lucciola” dove tra una chiacchiera e qualche risata, un caffè e gelato si da il via ufficiale al soggiorno.
Un soggiorno che si preannuncia già ricco di emozioni semplici e sane; così dopo aver incontrato gli amici, aver posato valige e aver indossato una felpa data la temperatura, si decide di passare le prime ore a fotografare il tramonto mentre tra un passo e l’altro ci si avvia presso il ristorante “Il Fauno” per ordinare 3 pizze d’asporto e gustarle a casa, accompagnati da una fresca coca-cola e un’atmosfera “natalizia” per addobbi e clima.
Subito dopo la rapida cena, verso le 22.30, un giro in notturna sull’altopiano fino al ristorante “Il Caliendo”, una passeggiata lenta, piacevole, assaporando il fresco (per me fuori stagione), salutando qualche amico di altri villini e fermandosi a prendere un bicchiere di birra in compagnia dell’amico Luca del nolo “Laceno quad”.
Ritorno a casa e via a letto per prepararsi alla mattinata di Mercoledi.
17 Luglio 2013: funghi, bosco e fantasia…
La sveglia del telefono non suona, non c’è bisogno di ricorrere a mezzi artificiali perché è lo stesso sole che da una finestrella bussa e ti da la carica per cominciare la giornata nel migliore dei modi. L’obiettivo è quello di raccogliere qualche galletto (cardoncelle in dialetto locale) per poter poi preparare con le proprie mani un’ottima tagliatella ai funghi per pranzo.
Gli scalini conducono rapidamente alla cucina, dalla cucina si sbuca nel giardino e dal giardino oltrepassando un cancello e camminando per 300 m si giunge all’ingresso del Bar “La Lucciola”, dove aspettiamo l’arrivo dell’amico Giuseppe Di Capua che puntuale come un orologio svizzero, alle 8.00 in punto, apre i cancelli e comincia ad infornare cornetti e ciambelle.
L’attesa della colazione non è affatto snervante, anzi; cominciano le nostra divertenti chiacchierate, i nostri aneddoti, le nostre “disquisizioni” e nel frattempo di assaggiare l’abituale “ciambella” mi consolo con un bel latte macchiato con tanto di decorazione con il cacao sulla schiuma. Nel frattempo arrivano i “dolci” richiesti e dopo aver mangiato ci sediamo sugli azzurri tavolini all’esterno del bar in attesa di due amici in arrivo dalla piana del Sele.
I cesti sono sotto i tavoli, i tesserini (autorizzazioni alla raccolta) nelle tasche, la voglia di cominciare ad andar per boschi alle stelle e nel frattempo termina l’attesa dato l’arrivo di Alessandro e Agostino. In quel preciso momento, con l’auto degli amici partiamo alla volta del bosco (i luoghi non si svelano!!) e dopo aver camminato per un primo versante completamente a vuoto, ripieghiamo su un’altra zona dove finalmente i funghi cominciano a spuntare, anche se sporadicamente.
Le ore avanzano, il tempo scorre, Agostino e Alessandro ci lasciano per scendere a Salerno e noi (io e Simone) continuiamo a camminare tra i faggi, facendoci lasciare ad oltre 5 km da casa e con la tranquillità di poter tornare senza problemi guardando di qua e di la per riempire il cesto; ed infatti, la mossa risulta azzeccata siccome nel giro del viaggio di ritorno raggiungiamo l’obiettivo, contornandolo anche dell’apparizione di un unico porcino.
In via dei Prati 2, veniamo controllati (a mio avviso più che giustamente) dai Carabinieri e risultando tutto in regola sia come quantitativo di raccolta che come autorizzazioni ci avviamo tranquilli verso casa per “depositare” il bottino.
Il tempo di lavarsi e riprendere fiato che la giornata continua in solitaria con una “visita” al Monte Raiamagra. Giuseppe si offre di accompagnarmi fino alla base delle Seggiovie e li obliterando il biglietto e prendendo al “volo” un seggiolino, mi dirigo a quota 1400 m dove, al ristorante “Rifugio Lacenò” mi attende un caro amico con il quale degusto un panino con salsiccia e scamorza, delle ottime polpette e un gelato-granita al limone. La digestione in seguito è aiutata sia dall’aria fresca che passa tra i tavolini all’ombra, sia da qualche minuto passato sulle sdraio, difronte al parco giochi di montagna e al tubing estivo, a prendere il sole e ad ammirare il verde paesaggio.
La giornata tuttavia è ancora lunga e usufruendo di un passaggio ritorno dai 1400 al “mio rifugio” (Il bar La Lucciola) dove incontro l’amico Vincent con il quale discutiamo di turismo e ne approfittiamo per prendere un caffè insieme.
Dopo il caffè, breve passeggiata con i fratelli Simone e Roberto fino al parco dei divertimenti di Lacenolandia per affittare una mountain bike che sarà il mio mezzo di locomozione fino al Venerdi pomeriggio (giorno del ritorno).
Il cielo azzurro, il bosco verde, i pascoli placidi e un leggero venticello ci accompagnano dall’andata al ritorno e ci permettono di non accorgerci dei chilometri e del sole che picchia duro sull’altopiano e soprattutto ci avvicinano alla base dove una birra fresca con un altro amico conclude una lunga fase all’aperto.
Intanto la sera si avvicina e a casa, dopo una lunga partita a ping pong, cominciamo a pulire e tagliare i galletti che saranno utilizzati a breve per una splendida tagliatella. Roberto, in veste di cuoco, con tanto di cronometro e alta precisione soffrigge i funghi e fa bollire la pasta e dopo aver apparecchiato la tavola ci “lanciamo” sull’ottima cena che sarà “prolungata” con una grande quantità di patatine fritte.
La notte arriva e ci prepariamo alla nuova giornata.
18 Luglio 2013: paesaggi, trekking e fragole
Nuova mattinata, nuova giornata di natura. Questa volta, dopo l’ovvia e abituale colazione si parte in mountain bike in giro per l’altopiano. Un giro lento, lentissimo, scattando qualche foto di tanto in tanto e fermandosi diverse volte per apprezzare al meglio il paesaggio. Passo davanti al lago, salgo per la base delle seggiovie, ritorno per il piano l’acernese, oltrepasso il Campeggio Zalui e dopo un paio d’ore di immersione nel verde fermo la bici e riposo davanti all’ “area di servizio Q8″ dove anche in questo caso due amici mi aspettano per un caffè e per un dieci minuti di relax, dinanzi ai tavolini del bar a parlare della stagione micologica in corso e di turismo.
Le chiacchiere a Laceno volano, il tempo passa e prima che arrivi mezzogiorno decido di risalire in seggiovia fino a quota 1400 m per poi passeggiare nei pressi della vetta.
E cosi, risalita dai 1100 ai 1400 con il servizio di trasporto a fune ed inizio del percorso trekking lungo la pista da sci settevalli superiore.
Scenario completamente diverso dall’inverno, una bianca mulattiera di ciottoli che sale come un serpente tra faggi alti dalle chiome lussureggianti e distese di prati e felci che ricoprono totalmente i sassi della ripida pista Amatucci. Intanto, dall’alto domina incontrastato quel faggio solitario che in inverno rappresenta un appoggio e un punto di riferimento, un albero che da se è un simbolo di quella pista, di quell’impianto e di tutti coloro che amano la natura e apprezzano questi spettacoli.
L’occhio però non si sofferma soltanto sulla strada e infatti osservando si notano pascoli, insetti particolari, funghi (non commestibili) dai cromatismi particolari che fuoriescono dai costoni più umidi e soprattutto (in alcuni punti nascosti), costoni di fragoline di bosco; fragoline mature, grandi, gustose e completamente differenti dai classici “frutti” che siamo abituati a vedere nelle nostre pianure.
I prodotti del sottobosco però stavolta non sono la priorità, l’obiettivo è la vetta che nel giro di qualche minuto verrà raggiunta. Il cielo è nitido, il Rifugio Amatucci è chiuso ma la stradina verso le panche è aperta e cosi mi rilasso a quota 1667 m in compagnia di Luigi, un appassionato di montagna conosciuto mesi fa sull’altopiano e che per caso incontro già in cima al Raiamagra.
Discutiamo per qualche minuto, beviamo un sorso d’acqua e cominciamo la discesa verso il costone delle fragole dove faccio compagnia ad un raccoglitore di Bagnoli che mi ricompensa con una bottiglietta piena di “bontà”.
La discesa è lenta non per difficoltà ma per i ritmi completamente diversi dalla vita di “città” e termina dritta al “Rifugio Lacenò” dove un altro panino con salsiccia e scamorza sancirà l’inizio del nuovo trekking dai 1400 ai 1100.
Dai 1100 al Bar “La Lucciola” questa volta c’è un sole cocente e assenza di vento, si suda leggermente ma è comunque una fatica piacevole che non inficia assolutamente la bellezza di questo posto e l’idea che frullava in testa arrivati al bar faceva in modo che il tutto passasse in fretta e senza problemi; cosi dopo aver chiesto il consenso dell’amico barista, prendo dallo zaino la bottiglietta di fragole, versiamo il contenuto in un recipiente, passiamo un goccio di liquore strega, zucchero, limone e gustiamo insieme un’ottima fragolata in compagnia. Il sapore dolce e naturale ripagava di tutti i chilometri fatti a piedi e di quel sole del ritorno.
Tuttavia la giornata non volgeva al termine e proseguiva con un giro in mountain bike fino all’area di servizio Q8 dove degusto un ottimo Hot dog e un nuovo giro dell’altopiano con annessa partitina pomeridiana a ping pong, una a pallavolo, la visione di una tappa del tour con gli amici e il ritorno serale dinanzi i tavolini del Bar, dove questa volta decidiamo un fuori programma e grazie alla disponibilità di Giuseppe (che gentilmente ci presta la sua auto) scendiamo con Simone e Roberto a Bagnoli Irpino per una pizza.
Da Bagnoli Irpino il passo è breve verso il ristorante “La Cascina del Tartufo”; superiamo la circumvallazione, scendiamo in direzione Montella e dopo il passaggio a livello in poche curve siamo nell’ampio piazzale antistante al locale. Scendiamo dall’auto e la temperature bagnolese concilia una cena all’aperto ed infatti decidiamo di sederci fuori dove la vista del Terminio e della valle del Calore continua a farci sentire immersi nella natura che ci accudisce da qualche giorno.
Tre pizze, una bottiglia di coca cola, un limoncello e una sosta per apprezzare ancora di più la serata, “coccolati” da un leggero venticello che ogni tanto lasciava che gli occhi si socchiudessero per godere di quell’atmosfera da “verde Irpinia”.
Prima di alzarci, ordiniamo una quattro stagioni da consegnare a Peppe del Bar “La Lucciola” con il quale verso le 21.00, in attesa dei ragazzi del Campeggio Zauli, concluderemo la serata con una nuova coca cola, una birra e una barretta di cioccolato per accompagnarlo nella degustazione della sua pizza.
La notte cala a Laceno, le 23.00 segnano l’arrivederci del Campeggio Zauli e noi, non contenti alle 00.30, ritornati a casa, prepariamo una braciata a suon di salsicce e panini. Una partita a scala quaranta poi segnerà il passaggio definitivo al nuovo giorno.
19 Luglio 2013: l’impresa
L’ultimo giorno di soggiorno sta per iniziare e con un po di malinconia si comincia di buon ora per non perdere nemmeno un secondo di vita.
Sveglio i ragazzi che la sera prima mi hanno chiesto di passare una giornata all’insegna del trekking e dopo averli svegliati mettiamo le scarpe da montagna e lasciando tutto alle spalle ci avviamo a piedi a fare colazione.
La colazione è breve ma intensa, il cammino lungo da effettuare e decidiamo di non perdere minuti preziosi cominciando ad avventurarci verso la base delle Seggiovie. In poco tempo siamo a quota 1100 m e rifiutando questa volta di salire in funivia, proseguiamo lentamente sulla settevalli inferiore. Qualche sosta, un bicchiere d’acqua, una fragolina di bosco presa lungo il sentiero e nel giro di un’ora e mezza siamo seduti su una roccia piatta a quota 1400 m. Riposiamo prima di proseguire il percorso eppur sarà un riposo breve perchè un vento forte comincerà a farsi sentire sulla pelle e cosi riprendiamo il passo lungo la settevalli superiore.
La salita è piacevole e la copertura nuvolosa e minacciosa non fa altro che alleviare la fatica dei chilometri. Le coste delle fragole sempre più rosse e la tentazione di fermarsi per uno di noi diventa irrefrenabile.
Alla vetta manca poco e continuiamo il percorso in due e finalmente il cartello “quota 1700 m” segna uno degli obiettivi della giornata. Il nuovo riposo in cima si impreziosisce dello studio di alcuni nuovi itinerari osservati durante il sentiero e la voglia di proseguire questa giornata di trekking è forte, talmente forte che la sosta dura il tempo di riprendere fiato e ridiscendiamo a 1400 m (con ovvio panino scamorza, salsiccia e patatine) in men che non si dica e non accorgendoci di una pioggia di 5 minuti che più che infastidirci ci rigenera e ci rinfresca.
I chilometri macinati aumentano, la fatica anche e il ritorno a casa tocca quota 14 km, una distanza tra mulattiere e asfalto che in determinate condizioni avrebbe determinato l’avvio verso un meritato riposo. Eppure, la situazione d’improvviso cambia, la fatica sembra scomparire e armati di una voglia incredibile e di una passione infinita riprendiamo il nostro cammino tentando un giro completo del circuito dell’altopiano.
Un giro che sarà completato tra sole e caldo del versante Sud e vento forte, pioggia e fulmini del versante Nord con uno spettacolo “pirotecnico” degno del miglior fuochista che ci ha lasciati impressionati e nelle stesso tempo letteralmente e piacevolmente colpiti dalla bellezza dei disegni realizzati nel cielo nero alle spalle della valle dei Re.
L’acqua intanto si impossessa di ogni angolo del Laceno, penetra nei terreno, bagna il bestiame, inumidisce le strade e raffredda l’atmosfera. I turisti (pochi) decidono di ritirarsi nelle proprie abitazioni, mentre noi siamo ancora soddisfatti della natura e anche questo tempo non può che appassionarci. Osserviamo fino alla fine lo spettacolo dei fenomeni atmosferici e ci trasferiamo alla “Lucciola” fino a chiusura per concludere nel migliore dei modi, tra un cappuccino e “due parole” questa quattro giorni di pieno rilassamento.
La luce si spegne, il cancello si chiude, il buio sommerge l’altopiano. Due fari nell’ombra si avvicinano…è l’auto che mi aspetta per scendere e ritornare a casa.