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Michele Lenzi e la rovina dei nostri giorni!!!

20.07.2013, Articolo di Giulio Tammaro (da “Fuori dalla Rete” – Giugno 2013, Anno VII, n.3)

Da una semplice curiosità a volte possono scaturire innumerevoli interrogativi.

È quello che mi è capitato leggendo in anteprima, in qualità di “Direttore”, l’articolo di Federico Lenzi, in merito alle ricerche effettuate sulla presunta sepoltura del suo illustre antenato Michele Lenzi. L’ esito delle ricerche non ha prodotto l’effetto di localizzare il punto dove sia stato sepolto (successivamente rinvenuto ed indicato dall’autore, ndr), ma in compenso hanno risvegliato in chi scrive alcune considerazioni già illustrate in passato.

Eravamo nel 2011 e l’Italia celebrava il 150° anniversario della sua unità. Era l’anno dell’Unità, delle celebrazioni, del sentimento nazionale, del sentirsi Italiani, dell’ essere fieri del proprio Paese. Quante celebrazioni, quante bandiere tricolori appese ai balconi, quante coccarde appuntate al petto, quanti libri pubblicati per l’occasione e quante conferenze “sprecate” sul tema.

A due anni di distanza tutto è caduto in dimenticanza, le celebrazioni sono terminate e gli spiriti secessionistici  provenienti da nord e quelli neo borbonici approdati da sud, sono ricomparsi più agguerriti che mai.

Anche Bagnoli nel suo piccolo ha contribuito degnamente a ricordare quell’epopea risorgimentale che portò, finalmente, dopo secoli di oppressione a riunire il popolo Italiano sotto un’unica bandiera.

L’evento articolato in tre giorni vide coinvolta e interessata  tutta la cittadinanza. All’interno della manifestazione fu dato, come era giusto che sia, ampio risalto alla figura di Michele Lenzi, illustre figlio di Bagnoli, esimio artista, eccellente amministratore nonché valente garibaldino, dedicandogli una conferenza e un’esposizione dei suoi dipinti.

Anche Bagnoli oggi a distanza di due anni ha riposto tutto nel “dimenticatoio”, tanto a chi interessa più dell’unità d’Italia e di Michele Lenzi fino alla prossima celebrazione!

Eppure di questo illustre nostro concittadino ci sarebbe ancora tanto da scrivere e da sapere, sarebbe opportuno promuovere la sua figura di artista, tanto adeguatamente considerata in vita, richiamarne alla memoria le gesta in camicia rossa, o il talento con la tavolozza e i pennelli fra le mani, ricordarne la sua intensa attività politica svolta nell’interesse del suo paese e la lungimiranza delle sue idee, questo servirebbe a dare il giusto rilievo a Michele Lenzi, illustre figlio di Bagnoli e a dare lustro al suo paese natale.

La figura del Lenzi è stata da sempre associata innanzitutto ai suoi dipinti, al suo amore per l’arte e per il bello e alla sua estenuante battaglia per la tratta Avellino- Rocchetta Sant’Antonio nel suo andamento attuale e che probabilmente fu una delle cause della sua precoce dipartita.

Eppure nell’ accostare Michele Lenzi alle sue opere e facile scorgere che la rovina in cui versano oggi parte di esse, coincide con il tardivo riconoscimento del lavoro svolto per il suo amato paese e il mancato rilievo dato alla sua figura quando invece lo meritava. Quelle che emergono saranno solo coincidenze? A me il compito di illustrarvele come si manifestano nella mia mente, a voi l’ardua sentenza!!!

Iniziamo da quella che era un tempo la pinacoteca comunale, sede di alcune delle sue opere e del suo fraterno amico Achille Martelli, allestita nell’ex Palazzo Municipale (o Palazzo della Tenta). Alcuni anni fa, qualche politico “locale”lungimirante, decise che era arrivata l’ora di smantellata per far posto a degli uffici dell’Ente Parco dei Monti Picentini, il famoso “COL”, di cui oggi misteriosamente si sono perse le tracce, lasciando almeno in chi scrive un dubbio: ma a che cosa serviva e soprattutto occorreva proprio quella sede?

Oggi quelle opere d’arte non hanno una sede, non sono visibili ai visitatori, stanno in qualche alloggio e attendono una degna sistemazione. Secondo un progetto redatto dall’amministrazione Chieffo occorrono all’incirca 50000.00 € per riallestire la pinacoteca e restaurare i quadri. In un primo momento si è auspicato che S. Margherita facesse il “miracolo” di riportare alla luce quelle opere, furono fatti anche dei lavori a tal proposito, ma problemi logistici e barriere architettoniche hanno impedito che il miracolo si realizzasse e la scelta è ricaduta sull’ex palazzo municipale, guarda caso lo stesso edificio dove anni addietro si decise di destinarlo ad altro uso. Miracoli della politica bagnolese!!!

La cappella del S. Salvatore sul Laceno, riedificata intorno al 1880, in gran parte a sue spese, (finanziò l’opera con il ricavato della vendita del quadro “Un ospizio sul Laceno”, venduto alla promotrice di Napoli per £ 1.000), oggi è ridotta ad un rudere, e quel albergo costruito, in nome del progresso su di essa, ormai in uno stato fatiscente non è che l’emblema del Laceno.

In merito l’amministrazione Chieffo ha redatto un progetto riguardante il recupero di questo edificio, un tempo luogo sacro e rifugio montano. Un intervento che ha come obiettivo la valorizzazione degli aspetti culturali ed ambientali in chiave turistico ricettiva del piano Laceno attraverso il recupero dell’immobile ed il ripristino del sentiero che porta alla Grotta di San Guglielmo, posizionato a mezza costa del promontorio roccioso.

In pratica la struttura, costituita oggi da piano terra, primo e secondo piano, sarà perimetralmente ripulita delle costruzioni pericolanti, per poi essere recuperata secondo il disegno originale precedente all’ampliamento previsto negli anni ’50 da Decio Gatti e quindi con la rimozione della copertura a solaio attualmente esistente. Il primo piano, composto da due sale maggiori con soffitto a volta a crociera, sarà destinato ad esposizione sul cinema del neorealismo.

E dulcis in fundo la tratta Avellino- Rocchetta S. Antonio, da circa un trentennio definita binario morto. In principio si pensò di tramutarla in tratta commerciale, per consentire alle industrie presenti in alta Irpinia di poter trasportare  le materie prime e le merci su ferro invece che su gomma,  dimenticando che per far ciò occorreva costruire gli insediamenti industriali in prossimità della linea ferroviaria e non a chilometri di distanza. Successivamente dopo circa un quindicennio di oblio, per scongiurare la sua chiusura, si è ipotizzato una linea turistica, ma anche in questo caso nulla si è realizzato, perché probabilmente i costi di gestione che quelli per la riqualificazione della linea erano eccessivi e l’impresa non valeva la spesa e quindi si è deciso che la soluzione migliore era la sua chiusura definitiva, tanto il popolo Irpino, dopo aver dovuto subire, anzi smaltire, la spazzatura di Napoli e provincia,  dopo aver visto chiudere alcune sue aziende ospedaliere, in nome dei tagli alla sanità, non credo si sia accorto di un treno in più o un treno in meno che attraversa le sue valli e i suoi monti.

Qualcosa si è provato a recuperare, ma è ancora poco, la nostra speranza è che non resti tutto sulla carta o in cantiere permanente sullo “stile” attuato per il convento di San Domenico, eterno cantiere, o addirittura che venga tutto abbandonato, distratti da altri progetti.

Nel frattempo cosa ci rimane oggi, a distanza di127 anni dalla morte di Michele Lenzi, della sua figura, della sua arte, del suo ingegno? Praticamente quasi niente, anzi no… non resta che il segno della rovina dei nostri giorni.

                                                                                                       

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