Il silenzio degli innocenti
di Aniello Memoli
(Articolo tratto da “Fuori dalla rete”, agosto 2010 – Pubblicato sul sito di “Palazzo Tenta 39″ di Bagnoli Irpino il 24.08.2010)
In merito ai severi controlli che le forze dell’ordine hanno posto in essere per la limitazione del taglio indiscriminato di alberi e più in generale al controllo e la gestione degli usi civici nel nostro comune, necessita fare chiarezza. Di recente su una rivista giuridica ho travato una definizione di uso civico interessante. <<Gli usi civici sono propri di una collettività rispetto alla quale il singolo trova titolo di partecipazione all’esercizio nel solo vincolo giuridico di appartenenza alla stessa , in posizione sostanzialmente paritaria rispetto a tutti gli altri incardinati in ragione della identità di status nella medesima comunità>>.
In sostanza il godimento di un bene gravato dall’uso civico prefigura, di fatto, una conflittualità tra l’interesse del singolo e quella della comunità. Il diritto all’uso civico scaturisce dall’appartenenza alla comunità ma questo è anche la sua grande limitazione. Il patrimonio comune di una collettività è come quello di una cooperativa: ogni socio ha il diritto-dovere di portare avanti, in maniera preliminare, gli interessi collettivi solo così può sperare di poter avere, nella distribuzione, la sua parte di utile.
Il fragore della protesta di molti nostri concittadini incappati in fermi, sequestri e/o multe deriva dall’assopimento collettivo ad una situazione di irregolarità a cui ci eravamo assuefatti. Ci siamo resi conto, nostro malgrado, che il tutto non deriva dalla applicazione di nuove norme restrittive ma dalla lettura di vecchie ma significative regole che i nostri antenati si erano dati per far convivere i diversi interessi dei singoli all’interno di una comunità civile ed evoluta. Tutti noi ci eravamo abituati, in tutti i settori, ad una quotidiana irregolarità che ci rendeva, nello stesso tempo, tutti colpevoli e complici. In sostanza che il nostro vicino concittadino approfittasse della cosa pubblica passando dall’utilizzo personale del bene al suo indiscriminato commercio ci è sembrato un danno accettabile potendone godere anche noi una piccola parte. Così quelle semplici antiche norme si erano quasi perse nel tempo dandoci la sensazione della loro sopraggiunta inutilità. Di colpo ci hanno fatta osservare che non si può e non si deve confondere una applicazione elastica dei regolamenti con la possibilità di reiterare reati più o meni gravi contro la cosa pubblica.
Gran parte della nostra popolazione non ha partecipato allo scempio dei tagli di legname indiscriminati ha solo lasciato fare, senza ribellarsi, senza indignarsi, in silenzio. Non si poteva continuare così. Adesso ci sentiamo controllati ed impauriti e ci domandiamo se questo o quello si può fare , in quale modo ed in quale periodo. Lo chiediamo a chi ha l’onere del controllo e della vigilanza con la vana speranza di essere rassicurati. Molti sono infuriati, altri pur condividendo il riaffermarsi della legalità chiedono un‘applicazione più blanda delle regole ed un ritorno a regime più graduale. Tutti gli altri, la gran parte, stanno in silenzio.
E’ innegabile che il periodo di crisi economica che stiamo attraversando rende gli animi più esasperati e meno propensi al dialogo ma qualcosa bisogna fare. Cosa fare? Le regole ci sono vanno solo ripristinate e dove possibile vanno rielaborate con le esigenze attuali. Se è possibile ben venga una ragionevole revisione degli usi civici aggiornando le richieste dei singoli adattandole agli interessi collettivi.
Si dovrà cercare di incanalare quella economia sommersa legata al commercio del legnatico e dei prodotti del sottobosco riportando il tutto all’interno di una filiera che consenta un maggiore coinvolgimento dei giovani disoccupati e, contemporaneamente, restituendo al nostro territorio un minimo di rispetto e di legalità.
Quando un bagnolese compra la c.d. canna di legna a nero la paga due volte. Infatti, cede un diritto che gli è stato concesso dagli usi civici al venditore abusivo di legname, senza avere un corrispettivo, e poi paga a metro, una materia che di per sè già gli appartiene, in quanto è un bene collettivo, ma sottratta illegittimamente. In un periodo di crisi, quando i soldi vengono a mancare si stringe un pò di più la cinghia. Ma non è assolutamente giustificabile il furto del legname per fare un pò di soldi. A questo punto suggerirei a chi ruba la legna di darsi allo spaccio di sostanze stupefacenti. Eh dite voi, la droga uccide. Ecco allora due conti: Messina 1 ottobre 2009, 39 morti a causa di una frana generata dal taglio intensivo di alcuni alberi a monte; Piemonte anno 2000, a causa di un taglio indiscriminato su un alcune pendici limitrofe al fiume Pò, le gocce d’acqua cadendo direttamente sul suolo, senza urtare prima sul fogliame degli alberi (abbattuti) hanno causato la rottura degli argini provocando 23 morti e circa 40.000 sfollati. L’uso civico non vuole impedire lo sfruttamento del bosco ma vuole evitare l’utilizzo intensivo e sproporzionato del territorio. Poi ancora, gran parte del territorio bagnolese è zona rossa, l’amministrazione sta cercando di riqualificare le zone al fine di dare la possibilità a chi ne avesse bisogno di costruire una casa. Per riqualificare la zona è necessaria l’ispezione dell’ autorità di bacino (lo dice un decreto del 2009!!!). sapete qual’è la prima cosa che vedono i signori dell’autorità di bacino?Manco a dirlo… lo stato dei boschi.
Insomma se credete chi il furto del legname sia un problema che non vi appartiene, continuate a restare in silenzio…
Davide Passannanti