Bagnoli-Laceno, quell’orda di cinghiali ungheresi …
09.07.2013, IL VIAGGIO (Speciale Ottopagine, a cura di Bruno Guerriero)
La crisi investe il settore della castanicoltura e del tartufo. E da anni il Laceno attende risorse e interventi. Il caso della monorotaia.
Tutto sa di castagna e di… tartufo. Sono la ricchezza dei luoghi. L’economia di Bagnoli, Montella, di tutta l’area irpina. Ma le cose, da tempo, non vanno per il verso giusto. La crisi colpisce anche il settore più avanzato sul territorio. «Non è più come prima, racconta Francesco Pennetti, il presidente della Pro Loco di Bagnoli. Posti di lavoro che saltano. Insicurezza ed incertezza per il futuro. E sopratutto le latitanze ingiustificate dei politici».
Responsabilità degli uomini. Tante. Ma anche della natura. Alla fine sono sempre gli uomini a provocare i disastri più gravi. Il territorio è meraviglioso. Ci troviamo, praticamente, immersi nel verde, nel Parco dei Picentini. In uno dei luoghi più noti ed amati del territorio irpino: Bagnoli Irpino. Quindi, Lago Laceno, sinonimo ormai da anni, di sport invernali. Ma questa è un’altra storia. La storia di una famiglia e di una visione fantastica.
Ma torniamo alle castagne, ai funghi porcini e ai tartufi. Qual è la situazione? Perché la crisi rischia di travolgere anche le uniche attività locali redditizie? Parlavamo di guasti sul territorio ed anche di responsabilità. E riprende il racconto di Pennetti, da otto anni alla guida della Pro Loco.
La storia delle castagne e il Cinipide. E’ l’insetto che sta devastando ettari ed ettari di bosco. Fino a poco tempo fa, l’imenottero era proprio lontano da questi territori. «Oggi non è più così. Il Cinipide, nonostante tutti gli sforzi ha aggredito anche i castagni di Bagnoli. Allarme esagerato? Vi consegno un dato per comprendere la problematica. La media del danno è terribile, in alcuni posti si è passati da un raccolto di cento quintali ad un solo quintale di castagne. Pensate che nell’ultima sagra siamo stati costretti a ricorrere alle castagne spagnole. Non ne avevamo in quantità sufficiente per soddisfare le richieste». E il settore paga a caro prezzo il disastro naturale. Sono tre le aziende di trasformazione nella zona. Almeno un paio storiche. Complessivamente sono coinvolte un centinaio di persone. Diversi stagionali e tante famiglie della zona.
Il tartufo e il cinghiale ungherese. Raccontata così, la storia del cinghiale ungherese, ricorda una delle tante storielle che girano nei paesi per prendere in giro il solito credulone. Ma dovunque ti trovi a Bagnoli, si parla con dovizia di particolari di questa insolita se non strana invasione. Altro che leggende o storielle. Il prodotto più ricco e rinomato della zona è sicuramente rappresentato dal tartufo nero di Bagnoli. Tanto per esser precisi è il nono tartufo registrato a livello nazionale. Da diverso in tempo è in fase calante nell’area la raccolta del prezioso tubero. Tante le spiegazioni. Anche un maggiore inquinamento e forse un sfruttamento eccessivo delle tartufaie. Ipotesi. Solo ipotesi. Come i controlli. Per certi versi rigidi da quando hanno imposto dei precisi patentini per la raccolta e sopratutto fissato dei quantitativi massimi. In tutta Bagnoli sono 360 i ricercatori di tartufi autorizzati ed organizzati nell’associazione tartufai dei monti Picentini. Ed allora? Perchè improvvisamente cala tanto la raccolta nella terra dei magici tuberi? Una delle interpretazioni viene offerta proprio dal presidente della Pro Loco, Pennetti. Confermata, come vi dicevamo anche da diversi cercatori.
«La presenza di cinghiali selvatici ha superato tutti i limiti, Il territorio è densamente popolato da questo animali che si muovono in branchi e provocano danni incredibili. Ghiotti proprio dei tartufi e di qualsiasi cosa trovano sul loro cammino». Ma non c’era una regolamentazione anche per la presenza dei cinghiali? Ecco il mistero. I cinghiali ci sono, ma non sono registrati. Nel senso che non rientrano nei censimenti operati dall’Ente Parco. Praticamente accade che la presenza del cinghiale autoctono, cioè di queste zone, non supera il livello di guardia. Oltre qule limite è previsto l’intervento, anche con la caccia e l’abbattimento degli esemplari. Ma quello ungherese, non censito, avrebbe superato di gran lunga, la presenza “accettabile”. «Per essere più chiari, continua Pennetti, e per comprendere le dinamiche di questa storia, la cucciolata ordinaria di un cinghiale delle nostre zone è di massimo uno o due esemplari, quella di un cinghiale ungherese arriva anche ad otto-nove cinghialini. Così, in breve tempo, il nostro territorio è stato invaso dai cinghiali ungheresi. E non si conosce, con precisione, neanche l’entità del fenomeno. Quindi, per le autorità preposte al controllo semplicemente non esistono». Ma come sono arrivati i cinghiali ungheresi nelle nostre zone? Mistero. Anche se Pennetti ricorda alcuni ripopolamenti del passato affrettati e forse, fuori controllo. «E pochi possono scappare di fronte a queste responsabilità». Oggi camminare tra i boschi di Montella e Bagnoli significa correre anche qualche rischio. Sono animali, come dicevano che si muovono insieme. In gran numero e distruggono tutto quello che possono trovare al loro passaggio, nidi d’uccello, piante, insetti ed anche piccoli mammiferi. Sopratutto l’oro nero di Bagnoli: il tartufo.
I numeri del tartufo? Presto detto: Pema, la Tartufaia, I cercatori di Tartufo e Lenzi. Quattro aziende. Con caratteristiche più di aziende familiari. Sono coinvolti direttamente circa trenta/trentacinque persone ed una ventina di stagionali. Ed il tartufo di Bagnoli viene esportato sulle tavole in tutto il mondo.
La stazione del Laceno. Da Bagnoli si sale per pochi chilometri e si raggiunge lo splendido Altopiano del Laceno. Tutto è fermo come una decina di anni fa. Tante chiacchiere e promesse per la stazione sciistica e per lo sviluppo di attività anche per l’estate. Per un turismo di montagna di qualità. Ma al Laceno restano solo i coraggiosi. Sopratutto una famiglia che lega il proprio nome a questi luoghi: Giannoni. Si deve all’ingegnere Franco Giannoni, scomparso qualche anno fa, la progettazione e la realizzazione degli impianti delle seggiovie e delle sciovie. Una grande intuizione e una visione imprenditoriale unica. Così, è nata la stazione del Laceno. Con posti di lavoro creati dal niente e un bel po’ di turismo invernale. Alla famiglia Giannoni devono tanto amministratori passati e presenti ed anche i residenti. Grazie a questa intuizione si è creata un vero gioiello nel sud. Ma tutto questo non basta. Come dicevamo tutto sembra improvvisamente fermo. Ad una immagine datata del Lacene. Quasi come una cartolina ingiallita. Eppure, nonostante le apparenze, qualcosa lentamente sembra rimettersi in movimento. Ci sono diversi milioni di fondi europei pronti, ma non ancora disponibili, per tante ed inutili lungaggini di natura burocratica, per la ristrutturazione degli impianti e delle piste. Oggi, il figlio di Franco, l’ingegnere Maurizio Giannoni, il direttore dell’Impianto, segue da vicino le possibili realizzazioni e sviluppi. La moglie, Rosaria Mosca, è l’amministratice dell’impianto, mentre un toscano doc, ma irpino d’azione (da 23 anni vive in irpinia), Pietro Pagnini, è il direttore di stazione. Curano tutti i particolari e preparano meticolosamente ogni dettaglio per garantire al massimo l’efficenza e l’ospitalità nei luoghi in gestione.
Ma non è facile. «Si cozza con la burocrazia e non solo». Ci sono aspetti più o meno noti che lasciano davvero senza fiato. Il tentativo di rendere più accogliente la zona viene spesso offuscato da contenziosi incredibili. Ne ha fatto le spese, tanto per fare un esempio, anche un piccolo villaggio in legno per bambini allestito per attirare anche i più piccoli. Ma sono stati costretti a rimuoverlo per una serie di liti e contenziosi sull’uso, a valle di alcuni terreni. Tutto diventa problematico in quel di Laceno. Anche i progetti più creativi per creare sempre nuove occasioni di richiamo turistico. Come per esempio, il progetto per realizzare una sorta di giardino delle meraviglie. Un luogo ideale per gli amanti della natura. Un percorso di profumi e colori. Niente da fare. Se ne riparlerà quando si creeranno le condizioni. Sull’altopiano del Laceno c’è quasi una sorta maledizione: tutto rimane fermo. Come vent’anni fa. O forse più.
Ora ci sono i fondi e si aspetta il via libera per ristrutturare una parte degli impianti. Entro pochi mesi o li renderanno disponibili per gli interventi o si rischierà di perdere tutto. E forse sarà l’ultima occasione per il Laceno. Le piste per gli sciatori sono state da poco ritoccate. Mentre si spera di ampliare il percorso, alla stazione intermedia, per i principianti. Per chi intende non solo trascorrere una bella giornata, ma anche migliorare o perfezionare le proprie sciate. Gli altri interventi sul Laceno? Sono iniziati i lavori al famoso Hostel, ma in pochi se ne sono accorti. Procedono un po’ a rilento, ma garantiranno il ripristino completo della famosa struttura sul lago. Probabilmente anche della grotta di San Guglielmo che si trova proprio al di sotto e da diversi anni è chiusa al pubblico. E il lago? Anche qui si attende un intervento radicale. E’ in gioco la stessa sopravvivenza dello specchio d’acqua, una volta meta di amanti del picnic e della pesca. Si prevede anche l’allargamento ed un nuovo look dell’area destinata ai picnic.
Tra i progetti annunciati e già contestati anche quello della realizzazione delle monorotaia. Partirà all’altezza dello stadio di Bagnoli per raggiungere (con il secondo lotto dei lavori) a circa novecento metri, la località Chianizzi, dove si trova la fontana, distante dall’ingresso della conca del Laceno. Lontana da tutto. Anche dai sogni di chi immagina una vera località turistica nella magica verde valle irpina. C’è ancora tempo per studiare soluzioni diverse? Speriamo di sì. Ma fate presto. Salvate il Laceno.
Fin quando si continuerà a guardare il “forestiero” (come si suol dire) che lavora qui come un nemico e non come un soggetto con cui collaborare non si andrà mai da nessuna parte. Tanti bagnolesi lavorano fuori paese o sono emigrati, quindi in un mondo globalizzato è normale che nel territorio lavorino anche persone non originarie del posto. Fin quando si litiga sul cm in più o in meno di una struttura e fin quando non si vivrà sul serio e con passione il Laceno saranno solo chiacchiere! Personalmente preferisco gli impianti da scii in mano ai privati tenendo conto di tutte le strutture demaniali che sono inutilizzate in paese… Quest’articolo mi dà la soddisfazione di non essere il solo a vedere il Laceno in questo stato e a ripetere sempre le stesse cose come un disco rotto. Comunque alla fine anche quest’articolo, uscito su un quotidiano provinciale, scivolerà via come l’acqua in questo paese senza indurre riflessioni o altro…
A me la cosa che fa piu ridere e che e salito un partito “amici del laceno” che in pratica dopo le elezioni sono scomparsi…e l amministrazione che li ha appoggiati non ha fatto nemmeno un comunicato su cosa intende fare. Tutto tace, come se mai fosse successo nulla.
Ovviamente la cosa piu ridicola e l appellativo “forestiero” ma manco fossimo nel medioevo…quindi tutta la gente andata in un altro paese per lavorare…tutta gente che deve essere vista in malo modo? Insomma la medicina non sarebbe mai andata avanti perche i forestieri non devono lavorare…a quest ora stavate ancora a mori di febbre.
Io davvero non capisco….c e la disoccupazione, zero futuro e avete una miniera d oro che non sfruttate…..perche? Boooh. Evidentemente non e vero nulla, state bene cosi…e restate cosi tanto a breve l albero della cuccagna finira e tutti con le pezze al culo finiranno…non c e nemmeno piu il santone De Mita in giunta…voglio sape come fate…mha