“Vergin bella, Vergin santa, degna Madre di Gesù!”
14,06.2013, Articolo di Maria Luisa Pignataro
“Odi per lo sereno un suon di squilla, / odi spesso sonar di ferrea canna, / che rimbomba lontan di villa in villa…”.
Il suono delle campane, i mortaretti che rompono l’immobilità dell’aria non possono mancare in ogni festa paesana che si rispetti, così nella Recanati ottocentesca di Giacomo Leopardi come nella Bagnoli Irpino degli anni duemila. E’ una tradizione che si ripete come il rito sacro dentro le chiese e per le vie in processione.
Non sono nata a Bagnoli ma non sono neppure una turista e forse per questo mi è stato chiesto di scrivere qualche nota sulla locale festa dell’Immacolata, così sentita dalla popolazione bagnolese, non solo di quella residente ma anche di quella che ha lasciato, per motivi diversi, il paese e che torna in questa occasione, se può, o la pensa da lontano con nostalgia.
Per anni mi sono chiesta il perché di tanta attrazione, perché il canto delle verginelle, che si ripete uguale ogni anno, susciti ancora attesa ed emozione, perché in un periodo di crisi economica come quello che stiamo vivendo, con tanti giovani del paese disoccupati o emigrati, venga utilizzato molto denaro per qualcosa di fatuo come una festa. Poi passa la banda lungo le strade del paese e sento che, dentro, mi torna l’allegria-bambina e mi affaccio per vederla sfilare e vorrei che quel suono festoso di marcette coprisse più a lungo i rumori quotidiani. E quando scende la sera e cammino sotto le luminarie multicolori sento che è un giorno diverso, in cui i colori e le luci tentano di superare il grigiore di una quotidianità che si ripete monotonamente sempre uguale: è la sera di un dì di festa. Nella chiesa dell’Assunta, intanto, le visite e le preghiere accompagnano i riti sacri, le messe, le prediche, mentre fuori i banchi degli ambulanti espongono mercanzie impossibili da acquistare e cibi di strada dagli insani odori. Le vie del paese hanno i colori della Vergine, il bianco e il celeste, nei drappi appesi ai balconi e alle finestre, nei palloncini che vibrano all’aria, accompagnati, ahimè, talvolta, da nastri degli stessi colori arricciati come si fa sulle scatole dei cioccolatini. E poi ci sono i fiori.
La sera che offre più emozioni è quella del lunedì, quando la statua della Madonna, graziosa nel suo visetto rotondo di bambina – concluso il giro di processioni per le vie del paese, intronizzata su un carro, ove è in compagnia degli angioletti, quelli finti e quelli veri rappresentati dai bambini, e di un giovanissimo arcangelo Michele in carne ed ossa, armato di uno spadino minaccioso contro il serpente del Male – si avvia, preceduta dalle bambine più grandicelle in abito bianco, verso la piazza. Qui avviene l’incontro con le Verginelle, mediato dall’arcivescovo. La banda intona e le fanciulle gridano il loro canto, le parole si perdono nei toni troppo alti, ma che importa, l’attenzione e il silenzio dei presenti è totale. Poi tutti in chiesa per la conclusione del rito.
Il giorno dopo la piccola Vergine sacra tornerà nella sua teca, coperta da una tenda ricamata con la sua immagine, nascosta agli occhi dei fedeli che l’attenderanno per un anno, stanca forse di tanto girare ma sicuramente felice di aver rasserenato quanti credono in Lei.
Partecipando, e poi scrivendo, ho trovato le risposte alle domande che mi sono posta all’inizio; non pretendo che siano valide per gli altri come lo sono per me. Esse non partono da riflessioni relative alle origini storiche o sociologiche o devozionali di questa festa ma da ciò che è rimasto dell’infanzia, che dorme ma è ancora vivo dentro di noi e che le belle luminarie orientaleggianti riescono ad evocare, così come la teatralità dei riti e delle processioni rispondono al bisogno di una dimensione “altra” in cui calarsi, fuori dalle pene quotidiane, e fanno emergere i ricordi di altre feste, altre emozioni, in altri tempi, in altri luoghi, ove la purezza di anima e corpo erano una realtà nostra e vissuta, che le Verginelle oggi simbolicamente rappresentano. E’ il sacro e profano che si mescolano a fare il fascino di queste feste di antica tradizione ma è, soprattutto, nella Madonna bonaria intorno a cui si raccoglie la folla, al di là della fede e della devozione personale, che ritroviamo la Madre, che, a qualsiasi età, desideriamo avere accanto o evocare nel momento del bisogno, perché senza una madre siamo tutti inevitabilmente più soli. Un pezzo di cielo s’illumina: i fuochi d’artificio, belli e rumorosi, rompono il silenzio della notte, dopo che anche le note della banda pugliese si sono spente in un consesso di ascoltatori poco numeroso ed un po’ infreddolito. La festa è finita.
….“Ecco è fuggito / il dì festivo, ed al festivo il giorno /volgar succede, e se ne porta il tempo / ogni umano accidente”…
______________________________________________________
Le immagini della festa
(tratte dal reportage fotografico del Gruppo Giovani “Vincenzo Nigro”)