Revisione filosofico-dottrinale della supplica alla Vergine nel XXXIII Canto del Paradiso della “Comoedia”
di Giovanni Corso
«Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d’etterno consiglio,
tu se’ colei che l’umana natura
nobilitasti sì, che ‘l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.
Nel ventre tuo si raccese l’amore,
per lo cui caldo ne l’etterna pace
così è germinato questo fiore.
Qui se’ a noi meridiana face
di caritate, e giuso, intra ‘ mortali,
se’ di speranza fontana vivace.
Donna, se’ tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia e a te non ricorre
sua disianza vuol volar sanz’ali.
La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fiate
liberamente al dimandar precorre.
In te misericordia, in te pietate,
in te magnificenza, in te s’aduna
quantunque in creatura è di bontate.
Or questi, che da l’infima lacuna
de l’universo infin qui ha vedute
le vite spiritali ad una ad una,
supplica a te, per grazia di virtute
tanto, che possa con li occhi levarsi
più alto verso l’ultima salute.
E io, che mai per mio veder non arsi
più ch’i’ fo per lo suo, tutti miei prieghi
ti porgo, e priego che non sieno scarsi,
perché tu ogne nube li disleghi
di sua mortalità co’ prieghi tuoi,
sì che ‘l sommo piacer li si dispieghi.
Ancor ti priego, regina, che puoi
ciò che tu vuoli, che conservi sani,
dopo tanto veder, li affetti suoi.
Vinca tua guardia i movimenti umani:
vedi Beatrice con quanti beati
per li miei prieghi ti chiudon le mani!».
1. de Maria numquam satis!
Ci troviamo nel XXXIII Canto del Paradiso della Divina Commedia di Dante Alighieri; il Poeta si avvicina alla visione contemplativa dell’Eterna Trinità che avviene per intercessione di Maria.
Questo testo è straordinario negli aspetti filologico, letterario, filosofico; ma ritengo che la teologia racchiusa in questa Supplica è perfetta nella sua descrizione in termini di Unità Indivisibile, secondo il suo concetto tomistico. Il tutto è unitario perché è Dio che lo contiene e in quanto tale rimane indivisibile.
E’ evidente che in questo tratto della Divina Commedia il ruolo centrale è occupato dalla Beatissima, da Maria. Sempre ci si chiede, ma chi è Maria? La Dei Genitrix, Mater Dei (Theotókos-Madre di Dio). La risposta più reale è questa: “de Maria numquam satis!”; ovvero di Maria non si saprà (dirà) mai abbastanza!
Nel “Rapporto sulla fede” Vittorio Messori intervistava il Cardinal Ratzinger (attualmente Papa Bendetto XVI) che diceva così:
<Quando ero un giovane teologo, prima del Concilio, avevo qualche riserva su certe antiche formule, come ad esempio quella famosa “de Maria numquam satis”, “su Maria non si dirà mai abbastanza”. Mi sembrava esagerata. Mi riusciva poi difficile capire il senso vero di un’altra famosa espressione (ripetuta nella Chiesa sin dai primi secoli quando – dopo una disputa memorabile – il Concilio di Efeso del 431 aveva proclamato Maria Theotókos, Madre di Dio), l’espressione, cioè, che vuole la Vergine “nemica di tutte le eresie”. Ora – in questo confuso periodo dove davvero ogni tipo di deviazione ereticale sembra premere alle porte della fede autentica – ora comprendo che non si trattava di esagerazioni di devoti ma di verità oggi più che mai valide.>
La Maria storica, sembra quasi assente. Non esiste se non nelle vesti della Mater Dei, nel silenzio così voluto dall’Eternità. Non si può trovare una definizione di questa Donna che ha affascinato i non credenti e ha fatto piangere di fede l’orbe cattolico. Lutero ci accusava di eccessiva venerazione per Maria Madre di Gesù (che bello!).
Il suo nome è già di difficile interpretazione nelle sue varie lingue: Miryam, Myriam; Maryām; Μαρίαμ, Mariam, Μαρία, Maria; e non significa “mare” come molti credono. Uno studio approfondito si potrebbe fare leggendo “Ipotesi su Maria” di Vittorio Messori. Nome diffusissimo nel mondo ebraico. Adorazione (latria), iperdulia e dulia: solo a Dio adorazione, a Maria iperdulia e ai Santi dulia. Il culto per Maria è unico, occupa un posto di rilievo e superiore rispetto ai Santi (chiamata infatti anche come la Santissima), inferiore solo a Dio.
Magnificat anima mea Dominum: L’anima mia magnifica il Signore. Analizzando queste parole del Magnificat ci si rende subito conto di quanto sia grave il suo significato; un’anima di un essere mortale che magnifica, ovvero glorifica, rende gloria a Dio, esalta. E quale essere mortale poteva rendere gloria a Dio nel mondo dell’Antico Testamento? Nessuno; neanchè Mosè. Dio non si poteva neanche nominare, veniva citato con il tetragramma indecifrabile di YHWH (Colui che è). Eppure Maria al “Quem, Virgo, visitándo Elísabeth portásti” lo nomina, lo rende parte di se stessa con il suo “fiat mihi secundum verbum tuum”.
Ecce enim ex hoc beatam me dicent omnes generationes: Tutte le generazioni, a partire dal suo concepimento per opera dello Spirito Santo, la chiameranno Beata. Nell’omelia dei vespri dell’Assunzione, il nostro Parroco don Stefano dell’Angelo definì Maria come la Nuova Arca dell’Alleanza, perché contiene Cristo. L’Arca dell’Alleanza che tutta d’oro rivestita nell’Antico Mondo conteneva le Tavole della Legge ed era depositata che nel Tempio di Gerusalemme nel luogo eletto ed esclusivo del Sancta Sanctorum.
2. San Bernardo di Chiaravalle
San Bernardo di Chairavalle non è stato scelto a caso da Dante nella Supplica come intercessore. Abate cistercense, fondatore di alcuni monasteri, teologo di Maria. Scrisse la celeberrima preghiera “Memorare”:
Memorare, piissima Virgo Maria,
non esse auditum a saeculo quemquam
ad tua currentem praesidia,
tua implorantem auxilia,
tua petentem suffragia
esse derelictum.
Ego, tali animatus confidentia,
ad te, Virgo virginum Mater, curro;
ad te venio, coram te gemens, peccator, assisto.
Noli, Mater Verbi, verba mea despicere,
sed audi propitia et exaudi.
Preghiera a quanto pare di singolare efficacia e potenza ; basta leggere questa preghiera e già è sufficiente capire perché Dante abbia scelto S. Bernardo come intercessore.
3. Figlia del tuo Figlio
Sembra una follia, essere figlia del proprio figlio; ma il significato è duplice. Maria è figlia di Dio nella sua spiritualità, ma anche Madre vera del Dio-Gesù. Eppure questo titolo solo a Lei può essere riservato. La sua natura umana così nobile si è fatta deposito del Dio vivente.
Nel ventre tuo si raccese l’amore: Il mistero dell’incarnazione viene spiegato secondo un concetto del tutto naturale: il ventre, il caldo, la pace e il fiore; non c’è niente di trascendente in questa terzina. E’ la via causalitatis di San Tommaso d’Aquino, ovvero si dimostra l’esistenza di Dio dallo splendore mariano terreno. Partendo dalla perfezione di Maria come essere umano si può dimostrare l’esistenza di Dio stesso.
4. Meridiana face di caritate
Punto di riferimento della Carità.
La Caritas è l’agape greco, ovvero quell’amore senza condizione che solo a Dio tende e si rivolge; e si distingue nettamente dall’eros e dalla philia (amicitia). C’è qualcosa nel significato di questo amore che non è comunemente inteso da tutti noi, eppure esiste in virtù di un disinteresse completo, per un’attrazione fatale verso Dio. Risolutiva in questi termini è la lettera enciclica di Benedetto XVI “Deus Caritas est”.
5. Qual vuol grazia e a te non ricorre
Il domenicano Giuseppe Barzaghi, teologo di fama internazionale, nel suo libro “Geografia dell’anima” spiega che Grazia significa rimanere affascinati da qualcosa. Deriva dal latino Gratia e dal greco Chàris che in francese diventa Charme, ovvero incanto. Essere in stato di grazia è rimanere incantati da Dio, fissati con gli occhi verso Dio. Per la salvezza dell’uomo se si vuol rimanere affascinati da Dio (agape) bisogna ricorrere alla Tutta Pura, perché a Lei, che spesso pre-chiede senza nostro diretto consenso, Dio non saprà dire di no.
Quindi chàris-agape sono connessi e si ottengono attraverso il Confiteor Deo omnipotenti, ovvero il confessare a Dio le proprie colpe, rendersi conto della propria condizione transitoria e vittima del peccato. La morte che l’uomo non può e non sa sconfiggere è il pesante fardello che Cristo attraverso il “Surrexit de Sepulcro” ha distrutto, dimostrando la sua potenza contro il peccato. Ecco perché abbiamo bisogno di intercessori, perché da soli non riusciamo a raggiungere la salvezza (che qual vuol grazia e a te non ricorre sua disianza vuol volar sanz’ali).
6. Misericordia, Pietà e Magnificenza
In te s’aduna quantunque in creatura è di bontate.
E’ chiarissima l’influenza tomistica nel pieno della Scolastica in questa terzina. Il Doctor Angelicus riporta in Dio tutto ciò che c’è di buono nel Creato; come dimostrato nella via excellentiae. Tutto ciò che noi conosciamo nella sua espressione superlativa è depositato presso Dio.
7. Supplica a te!
Nel leggere questa terzina sembra di vivere un effetto speciale, l’acclamazione “Supplica a te” da l’impressione di trovarsi al di sotto della Vergine, con gli occhi rivolti verso l’alto. E’ una perfetta acclamazione simbiotica di stupore.
Lo stesso effetto, ma negativo, si ottiene nell’inferno quando Dante entra nel II cerchio descritto nel quinto Canto: Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia. essamina le colpe ne l’intrata; giudica e manda secondo ch’avvinghia.
Lo Stavvi Minòs si può giustapporre al Supplica a te e l’orribilmente, e ringhia al per grazia di virtute. Minosse precursore di Lucifero giace come un colosso fermo quasi inerme e pieno di dannazione sopra i dannati, Maria precede la visione eterna della Trinità muovendosi nell’etere nella sua beatitudine eterna. La grazia si oppone quindi alla disperazione del male codificato nei termini di orribilmente e di ringhiare.
Essamina le colpe ne l’intrata: Minosse guarda le anime dannate, esamina, scruta, ma il suo sguardo è spento. Tanto, che possa con li occhi levarsi: San Bernardo chiede alla Vergine di sollevare gli occhi contemplativi del Poeta verso Dio.
Giudica e manda secondo ch’avvinghia: il mostro infernale spinge con violenza a seconda della gravità dei peccati i dannati verso il basso. Più alto verso l’ultima salute: la direzione dello sguardo è al contrario, è verso l’alto, verso qualcosa di più grande (l’ultima salute è Dio).
8. Mai per mio veder non arsi
Qui siamo difronte alla teologia negativa, quello che San Tommaso chiama via negationis, ovvero tutto quello che noi immaginiamo di Dio, non è realmente Dio. San Bernardo con le sue sole capacità, potrebbe avere un concetto sbagliato di Dio.
Questo concetto meglio si esprime al momento della visione di Dio da parte di Dante quando esclama: Oh quanto è corto il dire e come fioco al mio concetto! e questo, a quel ch’i’ vidi, è tanto, che non basta a dicer `poco’. Ovvero quello che Dante vede non si può esprimere e ogni tentativo di spiegazione comporterebbe una descrizione sbagliata di Dio.
9. Ogne nube li disleghi di sua mortalità
Per la visione di Dio (il sommo piacere) è richiesta la rarefazione della materia, ovvero del suo essere umano, e questo più volte viene chiesto alla Vergine da parte di San Bernardo. Infatti nell’ultima terzina chiede “Vinca tua guardia i movimenti umani”.
Questo è un aspetto del cattolicesimo tipicamente medievale, siamo di fronte al contempus saeculi, fuga mundi, ovvero disprezzo e fuga del mondo. Solo l’ascetismo e i grandi mistici potevano raggiungere la strada della santità; oggi si apre una nuova teologia, la cosiddetta teologia del lavoro e la santificazione del lavoro, l’uomo può raggiungere la santità anche attraverso il mondo. Questo è il grande capitolo apertosi il 2 Ottobre 1928 da San Josemaria Escrivà; tutti siamo chiamati a santificarci, già dal mondo.