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La “Novella di Ciccillo” ovvero l’uccellino di Don Vincenzo da Bagnoli Irpino

31.05.2013, Il racconto (di Pasquale Sturchio)

La “Novella” che sto per raccontare non è frutto di sola fantasia, narra di un episodio realmente accaduto anche se risalente a tanti e tanti anni fa …

Durante la ricostruzione del post- terremoto del 23/11/1980 alcuni operai, nel demolire il sottotetto di una casa del “nobilitato bagnolese” (Pescatori, Cione, Basile, Bucci, Moscariello … famiglie di notai, avvocati, maestri, farmacisti, medici, ecclesiastici, amministratori, usurai …), concentrato in via Domenico Cione, ex via Amedeo D’Aosta, svuotarono delle cassapanche ricche di “tesori” ovvero libri antichi (scritti in latino o volgare italiano) quaderni, riviste, scritture private dalla calligrafia poco intelligibile … il tutto ovviamente, dato anche … l’approssimarsi del cattivo tempo, finì mescolato ai calcinacci e quindi in discarica!!!

Tra le poche cose che riuscii a “leggere” in un quaderno andato poi, purtroppo, smarrito, c’è appunto la “novella di Ciccillo!”

In illo tempore… la messa serale era la più frequentata! Ancora non c’era la televisione né discoteche, né pizzerie né sale-giochi né tanto meno telefonini o palmare … il riscaldamento era il fuoco del focolare, il centro della casa, il cuore della famiglia.

La messa era celebrata in latino (quasi nessuno masticava la lingua degli antichi romani) tanti ripetevano “meccanicamente” le litanie del “Don” dal collare immacolato e la “chierica” ben evidenziata…

Ebbene, durante una di queste celebrazioni liturgiche serali, prima del fatidico “Ite, missa finita est” Don Vincenzo disse con voce pacata “Fratelli e sorelle, devo chiedervi una cosa, chi ha Ciccillo?” Silenzio tombale!

Prima di continuare la storiella dovete sapere che Don Vincenzo da Bagnoli Irpino aveva un … uccellino(!) un bel pettirosso che tutti(!) ben conoscevano, a cui tutti (!) erano affezionati, il cui cinguettio rallegrava (come un orologio svizzero da ferroviere qualche secondo prima del “Ite, missa finita est”) e riscaldava il cu…cuore di tutti i parrocchiani.

Don Vincenzo (per evitare equivoci!!!) “Cari figlioli, riformulo la domanda: “chi ha l’uccello?” tutti gli uomini alzarono la mano!

Cari fratelli, mi sono espresso male: “Chi ha preso l’uccellino?” tutte le donne alzarono la mano.

Care sorelle, mi sono espresso male: “Chi ha hic et munc l’uccello in mano?

Una giovincella, piagnucolante, alzò la mano e disse: “Don Vincè, glielo avevo detto a Tonino che Dio ci vede anche dietro la colonna e anche se c’è scuro!!!”

Carissimi fedeli riformulo la domanda “Chi ha preso il mio uccello in chiesa?” tutte le bizzoche alzarono la mano.

Carissimi fedeli, forse, chi ha in questo momento il mio uccello non può parlare(!) o non vuole parlare (!) … allora propongo di spegnere le candele per un minuto di raccoglimento.

Miracolo! Prima della riaccensione del candelabro principale si sentì i cinguettio di Ciccillo “cip-ciop-ciop-cip-cip-cip-cip!” e la voce di una novella sposa (memore dello ius primae noctis) che, emozionata, rossa di fuoco, confessò: “l’ho trovato sotto la vostra tonaca, dove si era addormentato, intirizzito l’ho preso tra le mie manine, l’ho riscaldato adesso sta benissimo ed ha ripreso a volare!!!”

Amen.

                                                                                                       

2 Commenti »

  • redazione scrive:

    Segnalazione di Vincenzo Patrone (Cenzino)

    Ci sono moltissime analogie con …
    … L’uccelletto di Trilussa

    “Era d’Agosto e il povero uccelletto
    Ferito dallo sparo di un moschetto
    Andò per riparare l’ala offesa,
    a finire all’interno di una chiesa.
    Dalla tendina del confessionale
    Il parroco intravvide l’animale
    Mentre i fedeli stavano a sedere
    Recitando sommessi le preghiere.
    Una donna che vide l’uccelletto
    Lo prese e se lo mise dentro il petto.
    Ad un tratto si sentì un pigolio
    Pio pio, pio pio, pio pio.
    Qualcuno rise a sto cantar d’uccelli
    E il parroco, seccato urlò: “Fratelli!
    Chi ha l’uccello mi faccia il favore
    Di lasciare la casa del Signore!”
    I maschi un po’ sorpresi a tal parole
    Lenti e perplessi alzarono le suole,
    ma il parroco lasciò il confessionale
    e: “Fermi – disse – mi sono espresso male!
    Tornate indietro e statemi a sentire,
    solo chi ha preso l’uccello deve uscire!”
    a testa bassa e la corona in mano,
    le donne tutte usciron pian piano.
    Ma mentre andava n fuori gridò il prete:
    “Ma dove andate, stolte che voi siete!
    Restate qui, che ognuno ascolti e sieda,
    io mi rivolgo a chi l’ha preso in chiesa!”
    Ubbidienti in quello stesso istante
    le monache si alzarono tutte quante
    e con il volto invaso dal rossore
    lasciarono la casa del Signore.
    “Per tutti i santi – gridò il prete –
    sorelle rientrate e state quiete.
    Convien finire, fratelli peccatori,
    l’equivoco e la serie degli errori:
    esca solo chi è così villano
    da stare in chiesa con l’uccello in mano.
    Ben celata in un angolo appartato
    Una ragazza col suo fidanzato,
    in una cappelletta laterale,
    ci mancò poco si sentisse male
    e con il volto di un pallore smorto
    disse: “Che ti dicevo? Se n’è accorto!”

  • redazione scrive:

    Vorrei mandare a commento all’UCCELLINO di Sturchio qualche piccola considerazione. Grazie e saluti Giuseppe Marano:

    “…Miracolo! Prima della riaccensione del candelabro principale si sentì i cinguettio di Ciccillo “cip-ciop-ciop-cip-cip-cip-cip!” e la voce di una novella sposa (memore dello ius primae noctis) che, emozionata, rossa di fuoco, confessò: “l’ho trovato sotto la vostra tonaca, dove si era addormentato, intirizzito l’ho preso tra le mie manine, l’ho riscaldato adesso sta benissimo ed ha ripreso a volare!!!”

    Insomma bricconcello d’uno Sturchio impenitente scanzonato ragazzo, mi ricordi sempre Sbarbaro “l’estroso fanciullo” . Con una piccola differenza: che Sbarbaro si divertiva un mondo a fare barchette di carta ed affidarle alla lieve corrente d’un ruscelletto…tu ti diverti con l’uccelletto! Nel finale, che riporto sopra in grassetto, sei innovativamente geniale rispetto all’ode trilussiana opportunamente citata in commento! Hai una bellissima variazione sul tema della pantomima: vuoi dire che la novella sposa….obbedendo a quel famoso jus antico, ha fatto il doppio miracolo col suo calore, resuscitando dall’intirizzimento, se non vero e proprio “rigor mortis”, non uno ma …due uccellini! Ciao Bepy

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