Il coraggio delle scelte …
12.04.2013, Articolo di Domenico Nigro ’82 (da “Fuori dalla Rete” – Marzo/Aprile 2013, Anno VII, n.2)
Scrivere un articolo non è mai facile, ci sono tante cose da valutare, bisogna riuscire ad essere esaurienti ma al tempo stesso concisi, chi legge deve essere attratto dal testo ma non stancarsi del contenuto. Quando poi si toccano argomenti di natura politico-sociale bisogna mettere in conto che le idee espresse incontreranno le critiche, aspre e spesso sprezzanti, di molti che saranno in disaccordo con quanto esposto.
Scrivere un articolo è di per sé un piccolo atto di coraggio, soprattutto se si dicono cose che in tanti pensano, ma che nessuno pubblicamente ha il coraggio di dichiarare. Quando, nell’ultimo giornalino, ho criticato la decisione di adottare delibere di consiglio inerenti la scelta di adottare registri pubblici per le coppie di fatto e il testamento biologico ritenendole inutili per Bagnoli, sapevo bene a cosa mi sarei esposto. Le attese non sono state deluse: qualcuno mi ha definito un “talebano cristiano”, altri invece hanno voluto vedere in quell’articolo una sorta di manifesto politico-programmatico. Qualcuno mi ha rimproverato di non aver ricordato le tante cose fatta dall’amministrazione. Naturalmente, l’articolo non era un giudizio complessivo sull’amministrazione (che arriverà con le elezioni), ma una valutazione su singoli provvedimenti che, tra l’altro, hanno avuto enorme risalto su quotidiani e siti di informazione locale (a discapito di tanti altri provvedimenti). Molti, anche persone che sostengono la minoranza consiliare, hanno anche condiviso le mie idee, il che mi spinge a interrogarmi sul motivo per cui chi siede nei banchi dell’opposizione consiliare non abbia sentito il dovere di esternare le sue criticità.
La cosa che però mi ha colpito è stata la critica dell’Assessore Arciuolo, e quel suo provocatorio invito a tirare fuori gli attributi. Da chi fa politica da anni, mi sarei aspettato un atteggiamento meno “isterico”, e una risposta meno arrogante. Chi fa politica, così come chiunque ricopra incarichi che siano pubblicamente visivi, deve saper accettare le critiche, rispondendo nei contenuti a cose che si reputano non vere. L’invito a cacciare gli attributi candidandomi, anche per far fruttare la mia laurea, è un po’ come dire: facci vedere di che sei capace.
Innanzitutto, di certo non mi sono laureato per candidarmi, né tantomeno i miei genitori hanno pagato i miei studi come futuro investimento politico; questa idea prospettata nell’articolo apparso sul sito dell’Associazione Palazzo Tenta 39 è tanto ridicola da commentarsi da solo. La questione che si è sollevata, al di là dei toni isterici usati, della selezione dei candidati alla competizione amministrativa è seria e va affrontata con responsabilità. Capisco che il boom dei grillini spinga molti a ritenere necessario aprire le porte ai giovani, un ottimo spot è come sempre: largo a volti nuove e facce diverse.
A mio avviso, questo affannarsi alla ricerca di nuovi volti può andare bene per qualche talent show, non certo per la scelta della classe politica. Nella mia esperienza (se pur breve) in politica ho capito che a Bagnoli i partiti sono caste chiuse, non hanno neanche l’intenzione di aprire le porte ai giovani o a nuovi volti, anzi ne sono spesso terrorizzati perché chi entra può mettere in pericolo posizioni e cariche, occupate senza consenso, che quindi vanno difese da tutto e da tutti. Concetti come dibattiti, confronti, analisi di delibere e provvedimenti, studio delle realtà territoriali, sono concetti che nei partiti non si conoscono né si vogliono conoscere.
Tuttavia, ogni cinque anni ci sono le elezioni e va da sé, qualche volto nuovo bisogna metterlo in campo; sul come sceglierlo si consulta lo stato di famiglia per capire la dote di voti che si porta: potrai anche essere un genio ma se hai una famiglia poco numerosa e pochi amici non potrai candidarti, il tuo consenso non è di aiuto per la vittoria. Insomma, l’unica cosa che conta non è come si andrà a governare il paese, ma vincere la partita.
Avere coraggio non vuol certo dire partecipare a questo gioco che si ripete ogni cinque anni, ma pensare a cosa si possa dare al Paese. Candidarsi non è complicato, i problemi sorgono dopo quando bisogna amministrare senza limitarsi all’ordinaria gestione o a singoli provvedimenti spot; questo richiede preparazione, conoscenza dell’apparato amministrativo degli enti locali, competenze in tanti specifici settori. E poi ci vuole pazienza, capacità di ascolto, “inventiva”, sacrificare tutto per gestire al meglio la res pubblica. Chi si candida deve chiedersi quale contributo può dare a Bagnoli perché vi sia un’effettiva crescita del paese. Il vero coraggio non sta nel candidarsi, ma nel riuscire a mettere da parte il personalismo, pensando a cosa sia più giusto e utile per Bagnoli. Di gente che usa la politica per fini privatistici ce ne sta tanta, non vedo la necessità che se aggiungano altri. Soprattutto, a chi giova una candidatura fatta solo per apparire e non per governare?
SONO D’ACCORDO CI VOGLIONO PERSONE PREPARATE CON FANTASIA E CHE PENSINO AL BENE DEL PAESE . LA POLITICA NON ESISTE PIU DEVE VIVERE LO SPIRITO DI COMUNITA CHE GIORNO PER GIORNO CI SI AIUTI A VICENDA E CHE FACCIA IL BENE COMUNE.
D’accordo con il commento quissù. La passione per i luoghi dovrebbe unire, non la politica.
Complimenti avvocà, bell’articolo.