La “Poesia-Hard” nel romanzo di Antonio Cella
02.03.2013, Articolo di Pasquale Sturchio (da “Fuori dalla Rete” – Febbraio 2013, Anno VII, n.1)
“Serenata a Monna Lisa” ultimogenito dello scrittore bagnolese Antonio Cella si apre con la tesi della “giustificabilissima disobbedienza di Adamo” ovvero che la biblica storia del “frutto proibito” del Paradiso terrestre, causa del famigerato peccato originale, altro non era che la proiezione popolare dell’atto carnale consumato tra Adamo ed Eva.
Rocco, il personaggio principale del romanzo, così argomenta: “Non si capisce come avrebbe potuto Adamo al cospetto della primigenia femminilità di Eva, in piena esaltazione erotica, sottrarsi all’invito che gli proveniva da quell’essere misterioso, bello, invitante che nessun perizoma di fico avrebbe mai potuto occultare? Come avrebbe potuto non sentirsi Dio egli medesimo, padrone assoluto di quel corpo sensuale, attraente che istigava i suoi istinti primordiali, non disubbidire alla voce suprema che minacciava nei suoi confronti la comminazione di sanzioni tremende?
Come avrebbe potuto non approfittare di quell’occasione unica, irripetibile di portarsi a letto il capolavoro di fresco conio che lo invitava ad ingnorare il Paradiso terrestre per occuparsi della conduzione di un paradiso vero, diverso fatto di calore umano, di sospiri d’amore?
“Per lei, la donna-femmina, per questo essere vellutato, per questa icona vivente, morbida, fascinosa, avvenente che racchiude in sé la grazia, la delicatezza e passionalità, lo sguardo malizioso ed il piacere che fa palpitare le carni e precipitare i sensi nel deliquio pacificatore della libido e dell’anima…”
Si può non essere d’accordo nel sostenere questa tesi non peccaminosa, non blasfema dell’autore!?!
Adamo è assolto (per il fatto compiuto!!!) con formula piena!
“Rocco era un fanatico del deretano. La parte del corpo che accendeva in lui la lampada del desiderio, l’energia della libido, la bramosia sessuale estrema, era rappresentata da quel coacervo di molezze moleste che animavano l’anatomia posteriore della donna-femmina. Era talmente preso da quella forma che, alla domanda “Come vorresti morire?” rispondeva mimando un abbraccio e socchiudendo gli occhi “Avvinghiato ad un culo di donna!”
A tal proposito mi sovviene una minuscola, indelebile scritta all’ I.O.U di Napoli, Facoltà di Scienze Politiche, Corso di Filosofia del Diritto: “Nessuno dalla testa mi leva / che il pomo d’Adamo era il culo di Eva!”
L’apice della liricità, secondo la modestissima opinione di noi adultescenti (eterni adolescenti) l’autore raggiunge con questo brano: “A quel tempo, era ospite di questa casa una parente di mia madre, una donna stupenda sotto ogni profilo: bella come una dea, calda, esuberante, provocante; aveva sopracciglia folte, nere, e ciglia lunghe e superbe da cui tralucevano pelurie immaginifiche, presenze occulte di quelle zone del corpo femminile perenne riferimento del desiderio maschile, da accarezzare, da scapigliare, da baciare e, al tempo stesso, da cristallizzare nelle pieghe dell’anima con rispetto pudico, quasi sacrale … Di solito, sedeva sul divano basso del salotto e poiché anche per casa indossava scarpe con tacchi alti, da seduta era costretta a tenere alte le ginocchia e quindi le cosce che non stavano mai accostate, per cui potete immaginarvi lo spettacolo fortissimamente erotico cui ero costretto (!!!) ad assistere. Non parliamo poi di cosa non vedessi tra un accavallamento e l’altro delle gambe, che si susseguiva con frequenza costante e rallentata, che metteva in mostra le giarrettiere ovattate che serpeggiavano lungo le cosce e la trasparenza delle mutandine rigorosamente bianche…” miracolo dell’amore: ti sprofonda all’inferno e ti solleva in Paradiso!
Il romanzo si conclude … non è corretto, nei confronti soprattutto dei lettori, anticipare il finale!
Pertanto ci piace concludere con un interrogativo tratto da “Le Braci” di Sandor Marai “Non credi anche tu che il significato della vita sia semplicemente la passione che un giorno invade il nostro cuore, la nostra anima ed il nostro corpo e che, qualunque cosa accada, continua a bruciare fino alla morte?”
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“Serenata a Monna Lisa” è l’ultimo lavoro di Antonio Cella.
“ Il sorriso beffardo, sornione di “donna fatale” non indulge alle emozioni neppure quando sotto le finestre piange il violino e l’innamorato mostra le ferite del cuore.
È una storia d’amore, controversa, gravida d’inquietanti sorprese, vissuta nella cupezza degli anni ’50 tra due giovani impegnati nelle lotte contadine riconducibili all’occupazione delle terre incolte.
È un mix di saggistica e narrativa, storia e fiction, amore e disperazione.
Antonio Cella (Bagnoli Irpino – Avellino) alterna le sue molteplici attività di pensionato (nonno-sitter, politica, briscola e insistenti litigate con gli amici) alla lettura di antichi e recenti opere letterarie di prosatori e saggisti di buona cultura.
Ha pubblicato: Il Cortile dei pazzi, Napoli1989 (segnalazione speciale V edizione internazionale premio letterario “Procida-l’isola di Arturo- Elsa Morante); Cronache di poveri cristi, Napoli 2000; Giulio Acciano. Poeta satirico dialettale, Bagnoli Irpino 2008.