“Fuga dalla morte”, la lirica di Paul Celan
27.01.2013, Il Giorno della Memoria
FUGA DALLA MORTE
(di Paul Celan)
Nero latte dell’alba lo beviamo la sera
lo beviamo a mezzogiorno e al mattino lo beviamo la notte
beviamo e beviamo
scaviamo una tomba nell’aria là non si giace stretti
Nella casa abita un uomo che gioca con i serpenti che scrive
che scrive all’imbrunire in Germania i tuoi capelli d’oro Margarete
lo scrive ed esce dinanzi a casa e brillano le stelle e fischia ai suoi mastini
fischia ai suoi ebrei fa scavare una tomba nella terra
ci comanda ora suonate alla danza.
Nero latte dell’alba ti beviamo la notte
ti beviamo al mattino e a mezzogiorno ti beviamo la sera
beviamo e beviamo
Nella casa abita un uomo che gioca con i serpenti che scrive
che scrive all’imbrunire in Germania i tuoi capelli d’oro Margarete
i tuoi capelli di cenere Sulamith scaviamo una tomba nell’aria là non si giace stretti
Lui grida vangate più a fondo il terreno voi e voi cantate e suonate
impugna il ferro alla cintura e lo brandisce i suoi occhi sono azzurri
spingete più a fondo le vanghe voi e voi continuate a suonare alla danza
Nero latte dell’alba ti beviamo la notte
ti beviamo a mezzogiorno e al mattino ti beviamo la sera
beviamo e beviamo
nella casa abita un uomo i tuoi capelli d’oro Margarete
i tuoi capelli di cenere Sulamith lui gioca con i serpenti
Lui grida suonate più dolce la morte la morte è un maestro tedesco
lui grida suonate più cupo i violini e salirete come fumo nell’aria
e avrete una tomba nelle nubi là non si giace stretti
Nero latte dell’alba ti beviamo la notte
ti beviamo a mezzogiorno la morte è un maestro tedesco
ti beviamo la sera e la mattina beviamo e beviamo
la morte è un maestro tedesco il suo occhio è azzurro
ti colpisce con palla di piombo ti colpisce preciso
nella casa abita un uomo i tuoi capelli d’oro Margarete
aizza i suoi mastini contro di noi ci regala una tomba nell’aria
gioca con i serpenti e sogna la morte è un maestro tedesco
I tuoi capelli d’oro Margarete
I tuoi capelli di cenere Sulamith.
__________________________________________________
Da Wikipedia …
Paul Celan (Cernăuţi, 23 novembre 1920 – Parigi, 20 aprile 1970) è stato un poeta rumeno ebreo, di madrelingua tedesca, nato nel capoluogo della Bucovina settentrionale, oggi parte dell’Ucraina.
Todesfuge, ovvero “Fuga di morte” rappresenta forse la più trasparente e conosciuta poesia dell’autore: è un potente grido di dolore che descrive la realtà del campo di concentramento, denuncia la condizione dei prigionieri, e mette a nudo la crudeltà dei carcerieri nazisti nella sua elementare banalità quotidiana. Il titolo, originariamente TodesTango, coniuga la morte con il ritmo musicale proprio della Fuga, che Celan si propone di riprodurre nell’andamento dei suoi versi; in esso è da vedersi anche un richiamo diretto all’imposizione umiliante, inflitta dai nazisti agli ebrei prigionieri dei campi, di suonare e cantare durante le marce e le torture.
Celan scrisse questa poesia pochissimi anni dopo la fine della guerra, tratteggiando quindi una descrizione a caldo dell’evento; Todesfuge divenne quindi l’emblema poetico della riflessione critica intorno all’Olocausto, soprattutto essendo stata scritta da un ebreo, che aveva conosciuto la realtà dei lager, e tuttavia in lingua tedesca – la lingua materna di Celan. Celan stesso non mancò di dare lettura pubblica della sua poesia, in Germania, e di concederne l’inserimento in alcune antologie; successivamente però si rammaricò dell’eccessiva notorietà di questo testo, la cui diffusione poteva costituire anche un modo troppo facile da parte dei tedeschi, a suo avviso, di liberarsi del senso di colpa per i crimini nazisti. In questo quadro va ricordato anche il celebre verdetto di Adorno, secondo il quale scrivere poesie, dopo Auschwitz, sarebbe barbarico: in questo senso Todesfuge, ma anche tutta l’opera poetica di Celan, costituisce una vera e propria resistenza a questa condanna, un tentativo disperato e tuttavia lucidissimo di trasformare l’orrore assoluto in immagini e linguaggio.
La lirica si apre con un ossimoro[3] dal significato tanto innaturale quanto sconvolgente: schwarze Milch, “latte nero” simboleggia l’esperienza atroce della privazione del cibo e di tutto ciò che è necessario per vivere; inoltre l’ossimoro ritorna spesso all’interno del testo, così come gli avverbi di tempo ed alcuni verbi, mettendo in questo modo l’accento sulla monotonia che tristemente accompagnava i lavoratori dei campi di concentramento. Ed è ancora un vortice di parole che si ripetono ad inquadrare l’attenzione del lettore sulle fosse che vengono scavate, in terra e nelle nuvole, pronte ad ospitare i resti degli ebrei, controllati a vista dagli occhi blu degli uomini che “giocano con i serpenti” e che “scrivono ai capelli d’oro”, palese riferimento alla razza ariana predicata da Hitler.
Nel corso del testo vi sono alcuni riferimenti biblici, di cui Celan era un esperto, ma soprattutto ritorna una frase che verrà in futuro ripresa e riutilizzata in altri contesti, fino a diventare un vero e proprio slogan dell’antifascismo in Germania: der Tod ist ein Meister aus Deutschland, cioè “la morte è un maestro (che viene) dalla Germania”.
La lirica si chiude, infine, con un ultimo ritorno, e poi si interrompe, quasi a simboleggiare la mancanza di parole per descrivere ulteriore dolore, solo un ultimo richiamo a Margarete dalla chioma dorata, e a Sulamith dalla chioma… in cenere.