‘Dal treno alla bici’. Addio alla linea ferroviaria Avellino-Rocchetta
04.01.2013, da Ottopagine
In queste ore, in una Alta Irpinia distratta dalla imminente campagna elettorale, cresce la protesta per le scelte regionali e provinciali in materia di trasporti, infrastrutture e politica industriale. Mentre l’amministrazione di Palazzo Caracciolo, prendendo atto del taglio netto operato dalla giunta Caldoro (tra il 2010 e 11) sui fondi già assegnati dal Cipe per il ‘treno del vino e dei castelli’, ipotizza una riconversione della linea ferroviaria ‘Avellino-Rocchetta’ in un sistema di percorsi pedonali e ciclabili, di questa tratta resterà traccia solo nei riflessi filmati custoditi nell’archivio storico dell’Istituto Luce.
Sull’altare di un rigore applicato a Napoli ragionieristicamente per tagli lineari, la ferrovia dell’Ofanto, del Calore e del Sabato è stata frettolosamente lasciata al proprio destino non tanto per mancanza di fondi o opportunità geografica, ma soprattutto per disinteresse e assenza di idee. Non c’è una domanda potenziale in termini di passeggeri, sostengono a Palazzo Santa Lucia, quindi tenerla in esercizio rappresenterebbe un costo inutile, uno spreco. Nessun contraddittorio è scaturito da una premessa, che impone agli enti locali sul piano dei numeri la fine della ferrovia irpina.
Il dibattito si è così arenato sulla pretesa disfunzione della linea, prescindendo dalla funzione del binario, cioé di una infrastruttura che è costata risorse economie, battaglie civili, il protagonismo di diverse generazioni. Si è perso di vista però il danno che questa decisione provoca al tessuto produttivo della provincia. In una fase storica in cui anche molti intellettuali ed esponenti politici danno per ‘spacciata’ la vocazione industriale nell’area del Cratere, in gran parte attraversata da questa ferrovia, non stupisce lo scetticismo, in molti casi la resa, della classe dirigente irpina su un possibile recupero e rilancio della tratta storica.
La vocazione economica. Eppure questo binario ultrasecolare, che dal Capoluogo arriva a Lacedonia e al Calaggio, lambisce quell’Ufita che di qui a dieci anni sarà attraversata dal treno europeo, l’Alta Capacità Bari-Grottaminarda-Napoli, al quale potrebbe ‘ricongiungersi’ con investimenti relativamente modesti. In Puglia il governatore Nichi Vendola ha trattato a Roma un obiettivo analogo, per connettere funzionalmente le province contigue al tracciato della Bari-Napoli, ottenendo centinaia e centinaia di milini di euro dal governo Monti dei Barca e dei Passera, negli stessi mesi in cui si lasciava chiudere la stazione di Avellino città.
Non solo. Nel Piano strategico disegnato dal sindaco di Salerno Vicenzo De Luca, peraltro condiviso dal Comune di Avellino nel disegno elaborato sotto la guida di Donato Pennetta nel dicembre del 2009, si ipotizza un collegamento alle aree industriali di Pianodardine, oltre che dell’Irno, della Valle Caudina e dello stesso Cratere, al servizio logistico e produttivo di una espansione legata all’attività degli scali marittimo e ferroviario (dell’Alta velocità), prefigurando corridoi ferrati preferenziali per le merci (si parla di una stazione a Pellezzano). Questa ferrovia, che segue l’andamento dei fiumi e delle sorgenti, attraversando le valli e i rilievi ricchi di castelli, vigneti, accarezzando un paesaggio affascinante, in realtà tocca anche le aree produttive comunali, i Pip, oltre che i nuclei industriali sorti negli ultimi quarant’anni, conferendo un valore aggiunto alle piattaforme produttive.
Il suo rilancio appare indissolubilmente legato a quello dell’industria locale, che necessita, come si constata leggendo le relazioni confidustriali o ascoltando gli imprenditori piccoli e grandi dell’Ofanto, di corridoi ferrati per le merci, osteggiati soprattutto da chi con il trasporto su gomma gestisce oggi l’intero traffico.
Rivista in questa chiave, la ferrovia irpina non solo può riguadagnarsi il diritto di un possibile futuro, ma può offrirsi ad una privatizzazione che l’esperienza del trasporto pubblico su ferro in Italia ormai sembra imporre a tutti i livelli, dopo la rivoluzione realizzata dalla Ntv nel segmento alto del mercato interno.